di Maria Antonella Gozzi
«Le barriere non sono fatte solo di gradini troppo alti: un gradino, una porta stretta sono difficoltà evidenti. Ci sono scelte di esclusione più sottili, invisibili, che però applicano una netta selezione sociale».
Questa e’ la frase madre, il filo di Arianna, di cui prendere il capo e attraversare in punta di piedi tutte le storie raccolte nel libro-intervista di Katia Colica, giornalista e scrittrice, dal titolo “Ancora una scusa per restare. Storie di ordinaria invisibilità in una notte metropolitana” (Città del Sole, 2012).
Con una scrittura intensa, mai banale e piacevolmente scorrevole, l’autrice parla di storie autentiche, così come reali sono tutti i personaggi coinvolti. Lei stessa definisce la sua opera come un vero e proprio viaggio compiuto nel più breve lasso di tempo possibile – una notte metropolitana – nella sua città di origine, Reggio Calabria.
Sebbene per ciascuna delle storie la scelta sia quella dello stile narrativo, la mano decisa e il vocabolario diretto e discreto della giornalista si colgono e appagano il lettore. La Colica si avvicina in punta di piedi a ciascuna delle persone con l’intento di capire, di immedesimarsi in un “gioco” di empatia reciproca. Ed è grazie alla sensibilità umana e artistica che la contraddistingue che riesce ad arrivare alle persone, alle loro storie senza essere invadente. Ci riesce e arriva in fondo, proprio in fondo al cuore di ciascuno di loro.
Da ogni racconto traspare una forma di denuncia contro la scarsa sensibilità e, probabilmente, verso l’insufficiente opera di sensibilizzazione riguardo ai temi sociali evinti e al dramma umano che mal si cela dietro figure di dignità e coraggio.
Ed ecco che si narra della difficoltà dovuta alla presenza di barriere architettoniche che rendono quasi inaccessibile la città ad un ragazzo diversamente abile e la rassegnazione di una giovane laureata che, pur di non rinunciare all’unica opportunità di lavoro che le viene offerta nella sua splendida ma dannata città di mare, è costretta a mentire non solo sul suo stato civile, ma anche a sé stessa fino a negare del tutto la propria identità.
E’ nel racconto “Uomini come valanghe. Un treno che prima o poi saprò prendere e fuggire da voi” che si intensifica lo slancio emotivo e determinato della scrittrice. Per scrivere una storia forte come quella della ragazza bambina con il nome della Madonna, Katia Colica si è spinta oltre la barriera del pregiudizio e dell’indifferenza per affacciarsi nel baratro della realtà crudele che cinge le vite di giovanissime ragazze costrette allo sfruttamento sessuale nei vicoli ciechi di Reggio Calabria.
La vita è dura per chi ha scelto di lasciarsi andare lentamente, in una specie di lento suicidio della memoria; lo è per i senza tetto, che non solo hanno perso il lavoro, ma la dignità stessa di uomini. Uomini la cui casa è “un cuore che traballa”, che scelgono di vivere rubando i profumi e le emozioni delle persone che passano accanto. Gente normale, che ha una casa, un lavoro e una famiglia.
Nel racconto dal titolo “Abitanti di sogni. La cosa che non so spiegare è questa mia felicità”, il lettore si stupirà della forza d’animo e della serenità degli umili ma dignitosi abitanti delle baraccopoli, disseminate ai confini della realtà cittadina. Le interviste, da cui la scrittrice trae lo spunto per i racconti, sono tante e con una tematica comune: il disagio della invisibilità, della mancata percezione delle diversità multiformi e tentacolari che si annidano in una città apparentemente sana, ma in verità sorda ai richiami del disagio sociale.
“Ancora una scusa per restare. Storie di ordinaria invisibilità in una notte metropolitana” è un libro che si consuma in fretta lasciando il sapore lento e acre dell’impotenza e dell’incredulità. E una domanda: «Cosa è cambiato a Reggio Calabria dal 2012 ad oggi?».
Numerosi sono i richiami alle normative allora vigenti in tema di sfruttamento della prostituzione, ad esempio. Il più significativo è quello all’Ordinanza sindacale n. 94 del 9 ottobre 2008 che regolava “il contrasto alla prostituzione su strada”. Secondo l’Ordinanza «in tutto il territorio comunale è vietato a chiunque contrattare ovvero concordare prestazioni sessuali a pagamento, oppure intrattenersi, anche dichiaratamente solo per chiedere informazioni, con soggetti che esercitano l’attività di meretricio su strada (…)».
La normativa è durata poco: la bocciatura dei poteri di ordinanza dei sindaci arriva dalla Consulta che la dichiara incostituzionale per violazione degli articoli 3, 23 e 97 della Costituzione riguardanti il principio di uguaglianza dei cittadini, la riserva di legge, il principio di legalità sostanziale in materia di sanzioni amministrative.
Apprezzabile l’accostamento delle strofe di alcuni dei più celebri brani musicali a margine di ogni singolo racconto. Il tentativo, ben riuscito, di cantare i Pink Floyd, Ivano Fossati e Pierangelo Bertoli, dà sicuramente una marcia in più all’eccellente lavoro di Katia Colica.
CENNI BIOGRAFICI SULL’AUTRICE
Già autrice de “Il tacco di Dio. Arghillà e la politica dei ghetti” (Città del Sole, 2009) – in cui prendono forma con un filo di voce trame di migranti, abusivi, spacciatori e prostitute, mescolandosi in un palcoscenico di esistenze, e il sobborgo stesso si muove assieme ai personaggi come in un tumulto emozionale e di “Un altro metro ancora. Monologo sul bordo della vita” (Città del Sole, 2015), monologo teatrale, dove racconta la storia vera di un eroe inconsapevole, un giovane ribelle sfuggito dall’esercito fascista che sceglie di essere il primo della fila di fronte un campo minato – Katia Colica è nata a Reggio Calabria, dove vive. Architetto urbanista, esperta in pianificazione territoriale, è giornalista e scrittrice. Collabora a varie testale locali e nazionali. Ha pubblicato un racconto per gli Oscar Mondadori, “Col mare dentro”. Ha preso parte ad alcune antologie poetiche ed è stata finalista per la sezione poesia nell’ambito del premio istituito dalla “Fondazione De Andrè” con “La giostra sul marciapiede”. Ha collaborato per la stesura di sceneggiature teatrali, cortometraggi e reportage. Impegnata nella politica attiva, dal 2003 conduce ricerche sulle dinamiche urbane per il centro studi “Club Ausonia”.