di Gianluca Albanese
RIACE – Alla faccia della freddezza burocratica degli ispettori prefettizi, che nell’immaginario collettivo vengono dipinti come una riedizione degli antichi junker prussiani…
Le relazioni degli ispettori inviati dalla Prefettura di Reggio Calabria il 26 gennaio di 2017 e quelle del periodo maggio-giugno della scorso anno (rese necessarie dopo alcune manifestazioni di protesta da parte degli immigrati a inizio 2017 che, insieme agli operatori delle cooperative e associazioni attive nell’accoglienza dei migranti, rivendicavano la mancata corresponsione di sostentamento economico da parte della stessa Prefettura) sono state redatte con un tratto per nulla burocratico e che, anzi, in alcuni frangenti diventa perfino profondo e poetico, tanto da ricordare le opere di alcuni grandi autori del ‘900 come Piovene e Pavese.
Le abbiamo lette dopo che sono state spedite al Comune di Riace e protocollate lo scorso 20 febbraio, a seguito di apposita richiesta di accesso agli atti amministrativi.
Gli ispettori ministeriali hanno realizzato un ritratto dettagliato e fedele della realtà di Riace, partendo dall’aspetto paesaggistico – comune a molti piccoli centri interni della Calabria – a quello “intimo” delle case che ospitano gli immigrati, descrivendo con dovizia di particolari le stanze, gli odori e l’aspetto dei cibi preparati in cucina, l’ordine e la pulizia dei vani, definiti “umili ma dignitosi”.
Ecco, proprio nel connubio tra umiltà e dignità delle condizioni di vita degli immigrati, e la loro totale, compiuta integrazione nel tessuto sociale riacese, sta la ricetta del modello di accoglienza ideato e condotto dal sindaco Lucano, del quale – giova ricordarlo – chi scrive non è mai stato un “fan” acritico, tanto da non tacere sulla imminente dichiarazione di dissesto dell’Ente, sorte ahinoi comune a molti altri centri della zona, anche più importanti dal punto di vista demografico.
Ma quella che sembrava propaganda, anzi, apologia del modello Riace, dopo aver letto le relazioni degli ispettori prefettizi appare come una certezza, tanto che gli stessi riconoscono la collaborazione offerta dal sindaco e da tutta l’amministrazione comunale alla Prefettura, nel momento in cui c’è stato bisogno di allocare i rifugiati sbarcati da situazioni di guerre, carestie e povertà diffusa.
Insomma, Riace non sarà l’Eden, ma in quel piccolo paese della Locride, quasi cento ospiti dei centri di accoglienza hanno trovato la dignità del vivere quotidiano.
Poi, certo, si poteva fare meglio, con maggiore ordine amministrativo e guardando con più attenzione le carte e i conti. Ma sono le considerazioni finali di una delle tre relazioni a dire come «L’esperienza di Riace sia importante per la Calabria e segno distintivo di quelle buone pratiche che possono far parlare bene di questa Regione».
Nero su bianco. Firmato da otto funzionari della Prefettura.