di Antonella Scabellone
SIDERNO- Tre giovani su dieci in Italia dichiarano di non aver fiducia in niente. Il 90% di quelli che vivono in Calabria dice di volere andare via. C’è qualcosa che non va, una specie di malattia strisciante, subdola, se è vero, come è vero, che ancora oggi si fa la valigia e si parte lasciando un posto così bello come la nostra regione, che ha caratteristiche paesaggistiche, culturali e climatiche difficili da trovare altrove.
La verità è che si arriva ad odiare la propria terra perché ostacola la realizzazione personale e professionale. Manca il lavoro. La gente non investe perché c’è la ‘ndrangheta. Nei giovani si registra sempre maggiore rassegnazione. L’idea dell’ invincibilità del mal’affare sta prendendo sempre piu’ piede. E allora, in questo quadro sconfortante, cosa fare? Non c’è altra via che reagire. L’alternativa è essere già morti.
Questo, in estrema sintesi, il coraggioso messaggio che il giornalista Michele Albanese ha lanciato agli studenti dell’Ipsia di Siderno nel corso dell’incontro dibattito sul tema “Il contributo dei giornalisti italiani nella lotta alle mafie”, che si è tenuto lo scorso 16 febbraio nell’aula magna dell’istituto.
Il convegno si inserisce nel progetto didattico “Educare all’Informazione – A mano disarmata – La fabbrica fantasma – I media, la contraffazione e le mafie”, in attuazione del Protocollo d’intesa che la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) e il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca (MIUR) hanno stipulato e che vede la partecipazione di alcuni Istituti scolastici italiani, tra cui l’IPSIA di Siderno, quest’ultimo in rappresentanza degli Istituti scolastici calabresi.
L’incontro, moderato dal nostro Direttore, Gianluca Albanese, ha visto come protagonista proprio Michele Albanese, che è responsabile del settore “Legalità” della FNSI e collaboratore dell’agenzia ANSA, e che nel 2015 è stato insignito dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, dell’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica “Per aver affermato il valore della legalità e della libera informazione in un contesto con forte presenza criminale”.
Michele Albanese, introdotto dal dirigente scolastico Gaetano Pedullà, ha parlato in modo diretto agli studenti, spiegando la sua vicenda personale che lo vede costretto a vivere sotto scorta dal 2014 per aver indagato e raccontato le realtà criminali più pericolose della Provincia reggina, specie quelle operanti nella Piana di Gioia Tauro. La sua è la storia di un uomo che ha deciso di fare il proprio lavoro nella propria terra, pur pagando un prezzo altissimo, ma non per questo scoraggiandosi “perché- come ha ribadito piu volte-la vita va vissuta e rischiata, non messa in un cantuccio per non avere problemi. Ndranghetisti, moralisti, sofisti, collusi e corrotti hanno rovinato la nostra regione-ha detto a gran voce- ma è nostro dovere rimanere dove siamo nati e cresciuti per non tradire i sacrifici fatti dai nostri nonni che sono partiti tanti anni fa per costruirci un futuro migliore”.
“Ognuno, nel suo piccolo, deve fare il proprio dovere –ha rimarcato il dirigente Gaetano Pedullà– per fare progredire questa terra, che non ha bisogno di eroi, ma di gente normale che lavora onestamente giorno per giorno”.
Dello stesso tenore l’intervento di Gianluca Albanese che ha incitato i giovani a non piangersi addosso ma a investire nell’imprenditoria “perché la ‘ndrangheta, anche se dicono che dia lavoro, toglie i diritti ai dipendenti fino a chiedere favori e prestazioni extra professionali, togliendo anche la libertà dal diritto di voto, e per combatterla basta avere il coraggio di tentare qualcosa, e in questo senso i finanziamenti statali possono essere d’aiuto. C’è chi ha avuto il coraggio di rischiare e oggi è tra le eccellenze calabresi, come l’imprenditore Cesare Firrao titolare della famosa fabbrica di calzature artigianali”.
Presenti alla manifestazione anche esponenti del Corpo della Guardia Costiera di Roccella Jonica (Antonio Lazzaro e Michele Esposito Pepe), i quali hanno illustrato le svariate sfere d’intervento di questo speciale Corpo di Polizia, in particolare le attività finalizzate a reprimere anche il fenomeno della contraffazione e delle frodi in commercio.
Presenti in sala pure i rappresentanti dell’Associazione Onlus “I valori della Vita” di Siderno e dell’Osservatorio Ambientale “Diritto per la Vita” di Marina di Gioiosa Jonica, nelle persone dei rispettivi Presidenti Decio Tortora e Arturo Rocca.
Nel corso del dibattito che ne è scaturito con gli studenti è stato approfondito il tema del crescente ricorso, da parte della criminalità organizzata, alle attività di commercio illegale e di contraffazione. Abbigliamento, audiovisivi, agroalimentare: questi i settori merceologici maggiormente presi di mira dalla pirateria. Un flusso di denaro che arricchisce la criminalità organizzata a danno dell’economia legale e della salute dei consumatori.
Ed è avvenuto così – come rimarcato dai relatori durante il seminario – che nel giro di pochi anni il fenomeno della contraffazione da attività di livello artigianale sia diventato business di carattere globale. Le indagini condotte dalla direzione nazionale antimafia hanno messo in evidenza come in alcune aree del Paese i clan malavitosi abbiano imposto “la vendita di merce contraffatta ad esercizi commerciali regolari, in sostituzione del pagamento del “pizzo”, ovvero siano state organizzate attività che vedono le organizzazioni criminali nel ruolo di grossisti in grado di offrire prodotti contraffatti insieme agli originali”.
I numerosi vantaggi della contraffazione sono stati illustrati, prima della manifestazione, anche per mezzo della proiezione del docufilm: “La fabbrica fantasma” (con la regia di Mimmo Calopresti). Tra questi l’interesse a riciclare denaro in grandi quantità, nonché la disponibilità dell’accesso alle grandi reti di movimentazione delle merci, già utilizzate per il traffico di armi e di stupefacenti. Il controllo del territorio e la disponibilità di manovalanza, poi, rappresentano un indubbio vantaggio per la produzione e lo smercio dei prodotti falsi. In sostanza, come spiegato agli alunni, le attività di contraffazione rappresentano un affare redditizio e poco rischioso. Inutile dire che la falsificazione dei marchi danneggia, in primo luogo, proprio i prodotti di qualità, ossia quelli che costituiscono l’essenza del “Made in Italy”. Ma i rischi più gravi interessano soprattutto i consumatori, come evidenziato dalla relazione finale della Commissione di inchiesta del Parlamento italiano, appositamente incaricata di studiare il fenomeno: «Dai capi di maglieria realizzati con “pelo di coniglio” in luogo del cachemire, ai cosmetici e profumi contenenti alte percentuali di toluene e benzene, ai termocaloriferi assemblati con fibre di amianto; dai rubinetti che rilasciano il piombo ai giocattoli contraffatti contenenti ftalati; dai gioielli contraffatti con un’alta concentrazione di nichel, alle scarpe e alla pelletteria con anomale percentuali di cromo esavalente». Senza dimenticare le sigarette false, «con valori di catrame, piombo e arsenico centinaia di volte superiori alla norma». E senza perdere di vista il danno non indifferente arrecato alle casse dello Stato: è stato calcolato, infatti, che in Italia, solo nel 2015, il flusso di merce illegale ha causato una perdita di gettito fiscale pari a 5,7 miliardi di euro.
Al termine dell’incontro, i ringraziamenti sentiti di Studenti e Docenti, nonchè del Dirigente scolastico dell’IPSIA Gaetano Pedullà, rivolti ai relatori per aver essi accolto convintamente l’invito ad approfondire tematiche così importanti e di scottante attualità.