di Antonio Baldari
“Voi sapete che il dovere del Conclave è di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo…”.
Furono queste le prime parole pronunciate dal cardinale argentino Jorge Mario Bergoglio, il 13 marzo di dieci anni fa, nel momento in cui si affacciava dal balcone centrale della basilica di San Pietro, su una piazza oltremodo gremita, vestendo l’abito bianco da papa, il nuovo papa della Chiesa cristiano-cattolica che venne annunciato urbi et orbi semplicemente come “Francesco”.
Un nome nel suo destino di servo della Chiesa di Dio, dal grado più basso di diacono e passando poi per sacerdote, vescovo, cardinale e, infine, Sommo Pontefice.
Che, con la sopraccitata, prima, dichiarazione, preceduta da un cordiale “Fratelli e sorelle, buonasera”, ce l’hanno fatto subito amare, come colui che vedevi alla portata di tutti, di grandi e piccini, di belli e brutti, di bianchi e neri, di ricchi e poveri, soprattutto quest’ultimi come poi dirà, in tutti questi anni, predicando di “una Chiesa in uscita”, ossia un’Istituzione che lascia le sacre stanze per andare a raggiungere giustappunto i poveri non solo nelle tasche ma anche nello spirito, nella mente, nel cuore, a cui dare una parola di conforto, una spalla su cui piangere, un pane spezzato, come l’Eucaristia, a favore di chi ha fame.
Sotto ogni profilo considerato.
Le cronache fuoriuscite dal Conclave del 2005, all’indomani del transito da questo mondo alla Casa del Padre dell’amatissimo San Giovanni Paolo II, raccontano che fosse toccato proprio al cardinale Bergoglio succederGli al soglio pontificio, salire sullo scranno che fu del cardinale Wojtyla che gli aveva a sua volta dato la berretta rossa quattro anni prima ma, una volta raggiunto il quorum dei voti, pare che abbia declinato: un appuntamento soltanto rimandato di otto anni subito dopo la storica rinuncia – o dimissioni, per alcuni – del papa, divenuto “emerito” Benedetto XVI, defunto da poco più di due mesi, il decorso 5 gennaio.
Dieci anni di pontificato per papa Francesco, che hanno profondamente segnato la storia della Chiesa cristiano-cattolica, di rito romano, nei modi come si diceva affabili ma al contempo severi soprattutto verso i suoi rappresentanti più alti, a cominciare da coloro che occupavano posti di privilegio nella Curia romana, sollevando dall’incarico diversi intoccabili o, comunque, facendo capire loro che bisognava darsi da fare in maniera più incisiva; a tale proposito Sua Santità è stato molto diretto per il provvedimento preso nei riguardi dello Ior, l’Istituto Opere Religiose – comunemente riconosciuto come la “banca vaticana” – all’interno della quale delle corpose inchieste portate a termine da una Commissione, appositamente nominata da papa Francesco, ha messo in luce qualcosa come 600 milioni in euro di conti cosiddetti “dormienti”, giacenti lì senza che nessuno avesse mai chiesto conto.
Anche sul piano sociale l’ex cardinale argentino ha fatto sentire la propria voce come nel caso dei divorziati, ai quali ha dedicato molta attenzione con delle “aperture”, chiamiamole così, da valutare caso per caso; e poi ancora nei confronti delle coppie “omosessuali”, a cui, anche in tal caso, ha dato la propria considerazione affermando che “l’atto sessuale è un peccato ma non è un crimine” – così il Sommo Pontefice; infine, il celibato dei preti che “non è eterno – secondo il Capo di Stato del Vaticano – ma non sono ancora pronto a riconoscerlo”.
Di questo decennio, come non ricordare i due anni di pandemia e quella solitudine del 28 marzo del 2020?
In quella piazza San Pietro fredda, piovosa e deserta in cui c’era lui, papa Francesco, e pochissimi altri ad implorare Dio di salvare l’umanità da quell’immane tragedia del Covid 19; e, da un anno a questa parte, la guerra in Ucraina, per la quale il papa ha più volte pronunciato la frase “Tacciano le armi sulla martoriata popolazione dell’Ucraina”, con quella quasi irrefrenabile emozione lo scorso 8 dicembre in piazza di Spagna, a Roma, davanti alla statua dell’Immacolata Concezione per l’omaggio floreale alla Vergine Madre dopo due anni dall’anzidetta strage del Coronavirus.
Proprio nelle ultime ore si è fatta sempre più insistente la voce di un possibile viaggio a Kiev da parte di papa Francesco che, però, secondo alcune fonti, pare abbia posto quale condizione quella di andare anche a Mosca: il Cremlino attende un comunicato ufficiale dalla Santa Sede che, nel frattempo, ha ricevuto gli auguri da parte del patriarca della Chiesa cristiano-ortodossa russa, Kyrill, per i dieci anni di pontificato di papa Francesco che, considerando le ostilità dei mesi scorsi, suonano come una dolce melodia.
Potrà papa Francesco regalarsi…la guerra, per così dire, per questo Suo, storico, anniversario?