R.& P.
Come molti ricorderanno, la notte del 10 luglio 2020 a Roccella sbarcarono, assieme ad altri migranti, 15 minori non accompagnati che furono affidati al sindaco nelle more della individuazione di una struttura di accoglienza per il loro ricovero.
Il mattino seguente arrivò la notizia della positività di alcuni di questi minori al Covid-19.
La comunicazione suscitò grandissima preoccupazione perché era la prima volta che ci si trovava a dover gestire una situazione di tale criticità e, peraltro, si era chiamati a farlo nella totale assenza di procedure certe da seguire.
Nella stessa mattinata gli uffici comunali si misero subito alla ricerca di una struttura in grado di ospitarli per il periodo di quarantena prescritto.
Riuscimmo ad avere la disponibilità di una struttura ricettiva che, proprio in ragione della emergenza pandemica, non avrebbe aperto al pubblico per la stagione estiva e si decise, quindi, di trasferire i minori all’interno della stessa.
Ma se si era riusciti a risolvere il problema della sistemazione, fortissima era la preoccupazione su come si sarebbe potuto garantire ai minori, già duramente provati nel fisico e, soprattutto, nell’animo dal dramma che stavano vivendo, le cure e l’assistenza necessarie a rendere dignitosa e sicura la loro permanenza in quarantena.
A questo si aggiunse la preoccupazione sulla possibile reazione negativa che i cittadini e i turisti presenti a Roccella avrebbero potuto avere circa la presenza, in pieno centro, di una struttura che ospitava soggetti positivi al Covid-19.
Oggi ci sembra normale avere all’interno della comunità persone che risultano positive al virus e che perciò sono poste in isolamento.
Ma andando con la mente a quei giorni non possiamo dimenticare l’ansia che si avvertiva nella cittadina per quell’evento inatteso e per l’assoluta difficoltà delle autorità competenti a gestire in sicurezza casi del genere.
Ci stavamo preoccupando. E questo rischiava di non farci occupare della questione.
In quelle ore concitatissime Mohammed Hussin Hari, conosciuto in paese come “Momo”, si presentò da noi dicendo: “Tranquillo sindaco”. E al Tenente Fragomeli della Polizia Municipale: “Tranquillo Comandante. Ci sto io con i ragazzi. Mi prendo cura io di loro per questa settimana”.
Doveva essere una settimana.
Ma le difficoltà organizzative complicarono drammaticamente la questione.
E mentre noi ogni giorno, con il prezioso supporto della Prefettura e delle Forze dell’Ordine, combattevamo alla ricerca di una soluzione che potesse garantire piena sicurezza e tutti i diritti di accoglienza ai minori, Mohammed parlava con i ragazzi ormai sconfortati, ci diceva di cosa avevano bisogno, cucinava anche per loro, curava le ferite e le piaghe sulla loro pelle, verificava che prendessero i medicinali che gli straordinari giovani medici dell’USCA avevano prescritto e sorvegliava sulle loro condizioni igieniche.
Lo faceva dormendo 4 o 5 ore a notte e senza risparmiarsi mai.
Con impegno, professionalità e, soprattutto, grande umanità.
Lo ha fatto non per una settimana, ma per più di un mese.
Fino al 18 agosto, la notte in cui l’ultimo ospite partì per Roma.
Lo ha fatto continuando a dire a noi, che chiamavamo 2 o 3 volte al giorno per sapere come stava andando, la sua consueta frase: “Tranquilli”.
Senza Mohammed quei ragazzi non avrebbero retto a quella esperienza.
Senza Mohammed non saremmo riusciti a garantire una ospitalità dignitosa a chi aveva già troppo sofferto e si preparava ad un futuro incerto.
Senza Mohammed Roccella non avrebbe vissuto serenamente e con straordinario senso civico e grande umanità quella esperienza che rischiava, con la paura del Covid, di trascinare rovinosamente la disponibilità all’accoglienza che abbiamo sempre dimostrato.
In quei giorni abbiamo conosciuto meglio Mohammed e la sua storia.
Anche lui è arrivato a Roccella con un barcone proveniente dalla Turchia.
Una fredda sera del 6 novembre del 2015.
E qui ha deciso di restare, accolto dai volontari dell’Associazione “Aniello Ursino”, da Mimmo e dalla signora Rosella.
E qui ha iniziato a lavorare, a conoscere altre persone che hanno imparato a stimarlo per la sua serietà e la sua disponibilità.
Ogni volta che si registra uno sbarco la prima cosa che tutti chiediamo è: “Ma Momo c’è?”.
Perché Mohammed parla 5 lingue e in ogni sbarco è lui la prima persona che i migranti incontrano.
E’ lui che fa da tramite tra le forze dell’ordine, i medici, i volontari e i migranti.
E’ lui che tranquillizza chi arriva e chi deve accoglierli.
Per quanto egli ha fatto la scorsa estate per i minori e per tutti noi, la comunità di Roccella vuole manifestare la sua profonda gratitudine nel miglior modo possibile.
Per tali ragioni il Consiglio Comunale di Roccella ha deciso di conferire a Mohammed Hussin Hari la Cittadinanza Onoraria in segno della profonda riconoscenza e concreta gratitudine per il suo operato e come manifestazione dei sentimenti di solidale accoglienza che caratterizzano la nostra comunità.
La cerimonia di consegna, nel pieno rispetto della normativa in materia di contenimento della diffusione della pandemia da Covid-19, si terrà nel corso del Consiglio Comunale convocato per il giorno 8 marzo alle ore 17.00 nella sala consiliare del Palazzo Municipale.
Roccella Jonica, 4 marzo 2021