R. & P.
Nel nostro dialetto quando si vuole indicare una grande disgrazia si grida: focu randi; cioè un grande fuoco. In Aspromonte il fuoco è stato attivo per più giorni e come un grande falò per arrostire alberi e animali è stato alimentato dal gran caldo e dal vento di maestrale che ad ogni rifiato dava vigore alle fiamme. Descrivere lo scenario che si presenta agli occhi di chi si affaccia sui valloni riarsi o sui crinali già verdi dalle tante sfumature ed ora grigi uniformi di cenere fresca non è cosa facile e comunque non renderebbe ciò che è.
In questi giorni sui giornali e sui social si è sviluppato un grande dibattito alimentato dalle facili polemiche e dai rancori sopiti, la ricerca dei responsabili e ciascuno ne ha individuato almeno un paio: le lobbies dei Canadair, gli operai forestali, i boss del legname, etc. Noi vorremmo che non succeda come all’indomani dello scoppio della pandemia da Covid19 quando chiunque si è sentito di interpretare e dare soluzioni nonostante la scarsa conoscenza del problema.
In quel caso come in questo è necessario l’approfondimento e la riflessione per evitare di dar voce ad equivoci che facilmente si diffondono sul filo del web. E’ vero brucia l’Aspromonte ma non solo, brucia la Sila, il Marchesato, le Serre ma anche le altre regioni non stanno meglio; il parco del Cilento e Vallo Diano, la Sardegna, la Sicilia, fiamme anche in Emilia Romagna, Torre del Greco in Campania, Campomarino Lido in Molise, non ultima la residenza presidenziale di Catelporziano, tanto per restare in Italia. La mappa diffusa dalla NASA qualche giorno fa mette in risalto tutte le zone del mondo dove divampano gli incendi ed è impressionante vedere quanto siano estesi i roghi in Africa, in America del sud e in Siberia. Focu randi! Brucia il mondo intero!
A meno che non si voglia dar credito a chi sostiene che dietro gli incendi vi sia la ‘ndrangheta, che a sentire i mafiologi è la più potente organizzazione malavitosa del mondo e quindi avrebbe i mezzi per appiccare il fuoco a tutto il globo, restiamo con i piedi per terra e guardiamo a quel che è successo e a mettere in atto propositi perché possibilmente non si ripeta. In questi giorni di caldi festivo la maggior parte dell’umanità vacanziera della Locride si è concentrata nelle località di mare ed ha guardato agli incendi in montagna con una certa noncuranza, salvo lamentarsi del sostanzioso velo di cenere che ha ricoperto il pelo dell’acqua, ma è bene ricordare che il mare resterà blu finché il bosco sarà verde in quanto l’ambiente è un unicum interdipendente. Chi non ha mai avuto la sfortuna di misurarsi col fuoco non può capire cosa prova una persona, e penso alle nostre 5 vittime arse nel tentativo di salvare qualcosa Carmelo Genovese di Montebello, Nicola Fortugno di Cardeto, Margherita Cilione ed il nipote Antonio di Bagaladi, Mario Zavaglia di Grotteria.
Ecco la mia esperienza.
Sono caduto da un pendio mentre con la pala cercavo di spegnere un incendio che minacciava un mio uliveto, il terreno ha ceduto e sono rotolato in mezzo alle fiamme, in una frazione di secondo ho capito che se si fossero incendiati i capelli non ce l’avrei fatta e me li sono protetti con le mani spiccando un salto per uscire dal cerchio di fuoco, qualche ustione alle mani e tanta, tantissima paura. Immagino quelli che non ce l’hanno fatta guardando la morte negli occhi e non riuscire neppure a gridare.
Immagino anche il vile piacere del fuochista, per ora, anonimo che ha appiccato il fuoco per una ripicca personale o per il malinteso uso del debbio per pulire col fuoco migliorando la resa dei terreni agricoli. Adesso avanza l’ipotesi che gli incendi siano partiti da un rogo di rifiuti nei pressi di Reggio e se fosse provata significa che non solo non ha funzionato un piano di prevenzione, se esiste ed è stato attivato, ma che il piano regionale dei rifiuti è un malinteso così come è una bufala lo slogan regionale Discariche Zero. Tornando agli incendi, sicuramente ci ha creato molta apprensione il pericolo che ha visto la Valle Infernale, alto corso della fiumara Butramo, che a questo punto il nome se l’è meritato tutto, che ha messo a rischio le querce primigenie e le faggete vetuste.
La conoscenza del fenomeno nella sua intima matrice è possibile attraverso diverse tecniche di indagine investigative come il Metodo delle Evidenze Fisiche (processo che permette di ricostruire l’evoluzione dell’incendio fino al punto di origine e al possibile autore attraverso prove materiali oggettive). Mi chiedo cosa impedisce l’utilizzo di questo metodo? Nella mia ingenuità credo che anche la ‘esame delle celle telefoniche dei luoghi dove sono partiti gli inneschi possa essere una buona pratica.
Se io vado al cesso col telefono cellulare mi si può facilmente individuare e credo che la stessa cosa si possa fare per chi appicca gli incendi, almeno si può imbastire una traccia investigativa. Solo una cosa chiedo non chiamateli piromani, sono delinquenti che devono essere perseguiti dalla legge e perseguitati dalla coscienza che non li faccia più prendere sonno. E’ accertato che gli incendi provocati da persone con turbe psicologiche comportamentali è all’ultimo posto tra le cause e comunque dopo la pratica dell’ampliamento ed il rinnovo del pascolo.
Ma se queste ipotesi possono adattarsi all’Aspromonte si potranno attribuire anche alla Siberia, alla Turchia, all’Africa ed all’America del Sud? Riflettiamo! In questi giorni chiamano in tanti proponendosi per le più svariate attività per sanare le ferite della montagna, chi vuole piantare alberi, chi vuole fare concerti ed al posto del costo del biglietto chiede di portare un alberello. Ciascuno faccia il proprio mestiere e lo faccia bene, piantare alberi in montagna richiede competenze che i leoni della tastiera non hanno ma le avrebbero tutti gli operai di Calabria Verde che spesso sono lasciati ad oziare nelle pinete marittime e non per loro responsabilità.
Purtroppo ci sarà un doloroso seguito all’arrivo delle piogge e non vediamo all’orizzonte nulla che faccia presagire un ben definita linea d’azione, a parte le grida dei futuri candidati alle elezioni regionali che si spegneranno inevitabilmente a metà ottobre quando sarà già tardi.
Arturo Rocca