di Adelina B. Scorda
‹‹Se l’ampliamento della discarica ci sarà oppure no, solo un team di tecnici potrà stabilirlo››. Con queste dichiarazioni l’assessore regionale Pugliano liquidava, nel mese di febbraio la questione discarica dalle continue richieste di chiarimento da parte di sindaci e comitati cittadini. La posizione assunta dal dipartimento ambiente della regione Calabria venne successivamente chiarita e specificata anche dal direttore generale del dipartimento Bruno Gualtieri, che in occasione dell’incontro avvenuto in regione il 20 febbraio con una delegazione di sindaci della Locride chiarì le dinamiche tecniche che vertevano e vertono sulla sul sito di contrada Petrosi.
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Annullato, infatti, il vecchio progetto che prevedeva la realizzazione di una terra armata altra trenta metri e di un invaso per la capienza di 500 mila metri cubi di rifiuti: ‹‹Il nuovo progettista – ha spiegato Gualtieri – sulla scorta delle varie indagini di natura morfologica e idrogeologica, ha il compito di verificare la realizzabilità tecnica di un ampliamento di dimensioni più ridotte, per una discarica di servizio. In ogni caso gli amministratori locali saranno informati e coinvolti sull’andamento delle procedure››.
Ulteriori studi e rilievi hanno condotto, successivamente, alla realizzazione di una relazione preliminare che in primo luogo sembrerebbe dimostrare come il sito di contrada Petrosi non sia idoneo a ospitare una discarica. ‹‹La costituzione geomorfologica del sito – si legge nella relazione – vede un terreno principalmente argilloso, particolarmente sensibile all’erosione indotta dalle acque ruscellanti, tali fenomeni erosivi […] che determinano superfici […] di distacco che sotto l’azione della forza di gravità tendono a dar luogo a fenomeni franosi››. Inoltre, da precedenti indagini geognostiche ‹‹si è riscontrato un accumulo idrico del tipo acquitardo a partire da una profondità di circa 2,00 m dal piano di campagna. Tutto ciò è stato causa degli “avvenuti e documentati smottamenti dei versanti. Inoltre, il terreno di sedime della conca è costituito anche da marne che non hanno le caratteristiche tipiche dell’argilla e pertanto non presentano una totale impermeabilità››.
Essendo la discarica situata all’interno di una conca, e in virtù del fatto che le acque di ruscellamento non risultano regimentate vi è il grave rischio che possa verificarsi una condizione di d’inquinamento al di fuori del bacino di appartenenza, tale da raggiungere la foce del Mare Jonio e tale da coinvolgere tutto l’ecosistema della zona. Si aggiungerebbe a questo punto un rischio d’inquinamento sia sul piano quantitativo che spaziale ‹‹indotto dal percolato che potrebbe uscire dalle vasche di raccolta›› come peraltro già è accaduto in passato. Dalla relazione preliminare fornita dal dipartimento ambientale della regione ad opera della società “Pro Gen” con sede a Siderno, vincitrice della gara a procedura aperta per l’affidamento dell’appalto, del servizio di direzione dei lavori e, in futuro, quasi certamente incaricata a elaborare il progetto delle opere indicate nella Relazione, risulterebbe come il sito in questione non fosse, e non sia, del tutto idoneo per una discarica.
La soluzione proposta nella relazione, per ora solo in via ipotetica, consisterebbe nel prospettare in sintesi due, si fa per dire, alternative. La prima prevede una sorta di immobilismo che lascerebbe il sito nelle condizioni in cui si trova ad oggi e a quanto risulta non considererebbe neppure l’ipotesi dei una semplice bonifica. Opzione, questa, che stando alle affermazioni della ditta appaltante ‹‹comporterebbe un progressivo degrado del sito con gravi conseguenze ambientali››.
La seconda ipotesi consisterebbe nel risanamento ambientale, da qui la prima opera andrebbe a realizzare la regimentazione delle acque al fine di arrestare il fenomeno del degrado geomorfologico dell’area, il secondo step, abbandonata l’idea di realizzazione di una terra armata 30 metri, in quanto studi in merito avrebbero rilevato la non idoneità delle caratteristiche geologico-tecniche dei terreni a sopportare un carico di tale genere, consisterebbe nel consolidamento delle proprietà dei terreni attraverso delle ‹‹iniezioni di fluidi stabilizzanti (miscele cementizie ad altissima pressione che miscelandosi con il terreno formerebbero una colonna di materiale aventi caratteristiche meccaniche migliori rispetto a quelle del terreno originario) – si legge – e nella realizzazione di una paratia profonda circa 20 metri a valle che blocchi il terreno impedendo qualsiasi spostamento››.
Secondo quando riportato nella relazione preliminare sul terreno così stabilizzato sarebbe previsto un “recupero volumetrico”, ossia un riempimento della parte a valle della discarica attraverso l’abbancamento di ulteriori volumi di rifiuti non pericolosi ‹‹che creerebbero un adeguato supporto per future opere di recupero ambientale. Tali interventi – conclude la relazione – oltre a stabilire la naturalità dei luoghi senza intaccare l’ecosistema e l’equilibrio idrogeologico, consentirebbe anche l’ulteriore sfruttamento della discarica per l’interramento di ulteriori volumi di rifiuti non pericolosi››. La soluzione, perché a conti fatti la regione attraverso la relazione preliminare non produce un’alternativa al recupero volumetrico, consisterebbe più in un aut-aut che guarda solo verso una direzione, un’alternativa che porti al dialogo e al confronto di fatto non esiste.
La regione, infatti, pone come seconda possibilità l’eventualità del non intervento che a lungo termine causerebbe un più che probabile danno ambientale e in alternativa un nuovo ampliamento della discarica mascherato da risanamento ambientale. Le alternative proposte dalla regione avrebbero inoltrato anche il diniego del sindaco di Bianco e dei comuni interessati che dal canto loro hanno ribadito la volontà, già espressa più volte in passato, che il sito venga messo in sicurezza e successivamente bonificato. Ad essere esclusa anche la possibilità che il sito di Casignana potesse fungere anche solo comune discarica di servizio.
La controproposta che giunge dall’area politica territoriale chiamata in causa consiste, dichiara Scordino, ‹‹nel rintracciare soluzioni più rapide e urgenti, e del tutto prive di ulteriori rischi e di più tragiche “sorprese”, ad esempio nel materiale di riempimento. Come si fa a dimenticare che la discarica di Casignana, realizzata per essere al servizio dei Comuni del territorio, ha visto arrivare quotidianamente, e per lungo tempo, decine di autocompattatori, provenienti da altri territori della Provincia e non solo. La discarica di Casignana ha abbondantemente concluso il suo ciclo ed è per giunto il momento che ci si diriga verso la sua bonifica e l’avvio di forme alternative di smaltimento››.