di Gianluca Albanese
SIDERNO – I Cinque Martiri di Gerace avranno presto il posto che meritano nella Storia del Risorgimento Italiano. Lo apprendiamo dal dirigente scolastico dell’istituto comprensivo intitolato proprio a uno di loro (il sidernese Michele Bello), professor Vito Pirruccio, che lo scorso 8 novembre aveva scritto ai musei del Risorgimento di Roma e di Torino per rivendicare “l’esigenza di riservare un posto di rilievo al Risorgimento del Sud. In particolare, ad esigere lo spazio che meritano le avanguardie calabresi che si batterono in Calabria per l’unificazione dell’Italia. Il riferimento è ai “5 Martiri di Gerace”, fucilati il 2 ottobre del 1847 dal plotone del generale Nunziante nella splendida cittadina affacciata sullo Jonio e in segno di disprezzo gettati nella “lupa”, una fossa comune. Nel mentre la migliore gioventù versava il sangue per l’ideale di un’Italia unita, libera e indipendente, il vescovo di Gerace dell’epoca Luigi Maria Perrone informava le autorità borboniche che “l’orda di scellerati” era stata annientata e dava sfoggio di collusione con il Borbone tuonando dal pulpito della cattedrale normanna: “Moestitia nostra conversa est in gaudium”.
Un’esigenza condivisa col museo della scuola “I Care” affinché si potesse dare “una meritata collocazione nei loro palinsesti museali ai “5 Martiri di Gerace”: Rocco Verduci, Pietro Mazzone, Gaetano Ruffo, Domenico Salvadori e Michele Bello. Un modo questo, non solo per restituire ai protagonisti la loro giusta collocazione nella Storia nazionale, ma per rimuovere un luogo comune, alimentato, anche, da antistorici filoni neoborbonici, di un Sud e di una Calabria solo terra di contadini ignoranti che accolsero con forconi i giovani italiani infiammati dallo spirito mazziniano. La Calabria e il Sud, così come altre parti del Paese, faticarono molto a comprendere quella generazione illuminata della borghesia italiana che riuscì ad imporre una visione moderna e, soprattutto, nazionale al nostro Paese. Ma mettere nell’angolo, peggio occultare, quelle pagine scritte con il sacrificio e col sangue dalla migliore intellettualità giovanile dell’epoca formatasi nella Napoli liberale dei primi anni dell’800, non aiuta a rendere giustizia alla memoria e alla ricostruzione storica dell’Italia come Nazione”.
Fin qui la lettera di Vito Pirruccio.
Dopo qualche mese arriva l’atteso riscontro, da parte del direttore del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino, Ferruccio Martinotti, che in una lettera, oltre a esprimere parole di elogio per l’iniziativa, ha chiarito che la vicenda dei Cinque Martiri viene già trattata dalle guide del museo durante le spiegazioni fornite ai visitatori, anche sulla scorta di alcune recenti pubblicazioni. Tuttavia, per venire incontro a un numero sempre maggiore di potenziali fruitori, il direttore Martinotti ha lanciato un’idea per il prossimo 2 ottobre, anniversario della fucilazione dei Martiri di Gerace, dei quali, al momento, il museo non possiede alcuna testimonianza, è fra i pezzi delle proprie collezioni, né negli archivi storici: “la pagina facebook del Museo – ha scritto – potrebbe ospitare un post sulle loro figure e su questa gloriosa pagina del nostro Risorgimento”.
Un buon punto di partenza.