di Gianluca Albanese
LOCRI – Giovane ma già con alle spalle una significativa esperienza professionale, la direttrice Elena Trunfio ha aperto le porte del Museo e Parco archeologico di Locri dopo i lavori di rifacimento strutturale dell’immobile. Un’apertura non solo in senso stretto ma che riveste un significato più profondo, visto che l’incontro successivo all’inaugurazione è stato quello con le associazioni del territorio impegnate nella promozione delle risorse archeologiche e culturali del territorio, da lei fortemente voluto.
L’abbiamo raggiunta per rivolgerle alcune domande.
Direttrice, mai come in questo caso, l’inaugurazione del nuovo Museo rappresenta non un punto di arrivo ma di (ri)partenza…
La realtà archeologica di Locri è molto complessa, è l’unico luogo della cultura calabrese che contiene nel suo circuito un parco archeologico di svariati ettari e tre sedi espositive che documentano un periodo che va dalla protostoria fino all’età tardoantica. Questa eccezionale ricchezza pone anche una serie di criticità, prima tra tutte la frammentarietà del sito. Il primo obiettivo che ci siamo posti dal mio insediamento, insieme al Dirigente Demma, è proprio quello di riconnettere le diverse “anime” del Parco archeologico per ricondurle a un’unica narrazione organica. L’apertura del Museo archeologico, dopo la pandemia, è dunque un inizio perché rappresenta il primo atto di un processo di recupero e miglioramento della fruizione e dell’accessibilità che stiamo progettando per l’intero Parco: nei prossimi mesi saranno avviati una serie di cantieri che riguarderanno la rielaborazione dei percorsi di visita, adeguati alle diverse categorie di pubblici, l’efficientamento energetico del sito, che ci permetterà di essere autosufficienti e di alimentarci esclusivamente con l’energia solare, e l’avvio di una serie di attività di digitalizzazione del patrimonio e di accessibilità cognitiva. In ultimo, come annunciato dal Direttore Demma, abbiamo avviato il procedimento per far rientrare a Locri alcuni reperti oggi custoditi nei depositi del Museo di Reggio Calabria. Questo processo lungo e complesso sarà chiaramente supportato da un’intensa attività di valorizzazione e, a questo proposito, nelle prossime settimane, presenteremo il programma degli eventi estivi che punterà, come avvenuto già l’anno scorso, sulla multidisciplinarietà dell’offerta.
L’impressione è che i numeri dei visitatori del Museo e del Parco archeologico di Locri siano sempre sottodimensionati rispetto alle sue reali potenzialità. Quali sono le criticità che determinano questo suo mancato “decollo” definitivo?
In realtà, in raffronto agli altri luoghi della cultura calabrese, il Parco Archeologico di Locri si attesta ogni anno in una buona posizione con una media di visitatori, pre-pandemia naturalmente, che si aggira tra le 20.000 e le 25.000 presenze, un dato non scontato in una regione come la Calabria. È innegabile che, in relazione all’importanza scientifica e alla varietà del patrimonio locrese, questi numeri potrebbero essere incrementati ma la sola ricchezza culturale del sito non è sufficiente. Serve una visione, da costruire con tutti gli attori locali, per creare condizioni maggiormente favorevoli per l’accessibilità in senso ampio. In relazione ai siti culturali poi, c’è da sottolineare che nella maggior parte dei casi ci si concentra sulle strategie di incremento delle presenze turistiche ma, nonostante l’importanza di questo aspetto, ritengo che sia fondamentale il coinvolgimento del territorio, al quale mi sto dedicando in via prioritaria. I musei sono luoghi in cui fare comunità, dove promuovere non solo la cultura ma anche la legalità, la formazione, la giustizia collettiva. Immagino il futuro Parco archeologico come un luogo in cui passare del tempo libero di qualità in mezzo alla natura e alla bellezza, allacciare rapporti di amicizia, ricucire le discontinuità sociali; pertanto, mi auguro che si possa ben presto incrementare e “fidelizzare” anche la presenza degli abitanti del circuito dei comuni della Locride.
Quali azioni intende intraprendere per far conoscere soprattutto ai giovani e ai giovanissimi i tesori archeologici della Locride?
Il Parco archeologico di Locri ha da sempre vantato una buona presenza di studenti tra i visitatori, grazie soprattutto a un lavoro di promozione mirata nelle scuole che dura da anni e in questi pochi giorni di riapertura la presenza degli studenti è stata già considerevole. Accanto a questo, proprio nelle scorse settimane, abbiamo stipulato una convenzione con l’Istituto d’Istruzione Superiore “Marconi” di Siderno per l’avvio di percorsi di alternanza scuola lavoro sui temi della promozione turistica e stiamo stringendo ulteriori rapporti con altri istituti per costruire attività formative in sinergia. Inoltre, nella programmazione estiva, sarà dato ampio spazio sia alle attività per i più piccoli, con laboratori e visite guidate dedicate, ma anche ad appuntamenti di valorizzazione che contemplino ad esempio tematiche e linguaggi nuovi, come quelli del digitale, della fotografia e dell’arte contemporanea, per avvicinare target di pubblici diversi.
Dalle criticità agli aspetti positivi: qual è il concetto che sta alla base del nuovo allestimento e cosa rappresenta un elemento di novità rispetto al passato?
Il nuovo spazio espositivo, più ampio del precedente, è stato concepito come una porta, reale e immaginaria, della polis greca e si snoda, pertanto, seguendo la linea delle mura che rappresentano lo spazio di demarcazione tra le diverse aree. L’allestimento è quindi concepito in senso topografico: al piano terra il visitatore si troverà al di fuori delle mura della città, e avrà la possibilità di visitare le necropoli e le aree sacre esterne o a ridosso delle mura, quali il Santuario di Zeus Saettante, il Thesmophorion, l’area sacra destinata al culto di Afrodite e delle ninfe. Al piano superiore invece, il visitatore “entrerà” all’interno della città con un percorso che documenta le aree sacre del Persephoneion e del Tempio di Marasà, il teatro e il suggestivo quartiere Centocamere, cuore pulsante della quotidianità degli antichi locresi. Al piano ammezzato, infine, a testimonianza dell’attenzione che abbiamo sempre rivolto verso i visitatori più giovani, è stato riallestito lo storico “Museo dei ragazzi” dotato di uno specifico percorso per i più piccoli.
Molti sono stati i commenti positivi e gli apprezzamenti di coloro che hanno visitato il Museo finora e questo risultato ci ripaga del lavoro lungo e complesso che è stato svolto per la sua realizzazione.
Possiamo dire che oggi la Polis e la Chora hanno pari dignità, completando il processo di integrazione avviato dopo l’apertura del museo del territorio di palazzo Nieddu?
La città deve essere letta in relazione al territorio per essere compresa in tutte le sue componenti; quindi, certamente possiamo affermare che la chora ha la stessa importanza della polis. Come dicevo prima, Locri è un unicum nel panorama calabrese grazie alla presenza di un percorso integrato e diffuso che documenta tutte le fasi salienti dell’età antica, dalla protostoria al periodo tardo antico. L’apertura del Museo del Territorio è stata quindi una grossa opportunità per far comprendere che il territorio della Locride era già ricco dal punto di vista culturale ancor prima dell’arrivo dei coloni greci. I manufatti esposti a Palazzo Nieddu documentano l’esistenza di una civiltà organizzata e frequentazioni che partono addirittura dall’età del bronzo. Ricordiamo a questo proposito la necropoli di Sant’Onofrio di Roccella che rappresenta il più importante contesto funerario del Ferro 1 (950-850 a.C.) finora noto sul versante ionico meridionale della Calabria o ancora il villaggio protostorico di Ianchina con le sue necropoli, scoperte e successivamente studiate da Paolo Orsi.
A questo proposito, come valuta il livello d’interazione tra la struttura centrale, il museo del territorio e il Casino Macrì? Interessano in egual misura ai visitatori o questi ultimi sono considerati “mete accessorie”?
Vista la molteplicità di sedi espositive è necessario riconnettere le diverse aree del Parco in un’ottica di fruizione integrata, per far percepire l’importanza, senza distinzioni, di tutte le componenti del sito, e su questo purtroppo c’è ancora molto lavoro da fare. È indubbio che il punto di maggiore interesse per i nostri visitatori è sempre stato (e lo è anche oggi) il Museo Archeologico, con l’area del Tempio di Marasà per quanto riguarda gli scavi. Meno battute sono le sedi espositive del Complesso Museale del Casino Macrì e del Museo del territorio, quest’ultimo penalizzato anche dalla distanza rispetto all’area archeologica ma soprattutto dalla drammatica carenza di personale che non ci permette di garantire un’apertura giornaliera della sede. Il percorso di fruizione ideale dovrebbe proprio partire da Palazzo Nieddu, proseguire al Museo archeologico e agli scavi della polis e concludersi, infine, nell’area del Casino Macrì. Stiamo lavorando in tal senso, ideando una serie di strategie per favorire la visita integrata di tutte le componenti, per accompagnare il visitatore in un’esperienza certamente più suggestiva e significativa, una sorta di “viaggio nel tempo”.
Crede davvero che il Museo possa diventare un incubatore di relazioni e attività tra soggetti istituzionali e associazioni?
Ne sono convinta e le mie azioni credo lo possano dimostrare. L’incontro ufficiale con il territorio, in occasione della cerimonia di apertura del Museo, ha rappresentato un fatto inedito per la Calabria. L’ho fortemente voluto e sono molto contenta degli esiti di quella giornata: il Museo ha rappresentato il luogo fisico in cui incontrarsi e presentare le proprie attività, è stato un momento per “guardarsi in faccia”, per potersi riconoscere e iniziare un dialogo che sono certa porterà a delle azioni concrete. Sono venuti fuori molteplici temi e sollecitazioni da parte di ognuno delle realtà presenti e si è creato subito un clima disteso, di forte senso di appartenenza e sono già tante le idee proposte. Credo, fin dall’anno scorso, di avere più volte ribadito che le porte del Parco sono spalancate a tutti coloro che hanno voglia di dare il proprio contributo alla crescita del territorio, naturalmente con proposte strutturate, di qualità e all’altezza dei luoghi, e sono certa che questo senso di totale apertura al territorio del Parco, che forse è mancato negli anni passati, attiverà un processo virtuoso che potrà generare non solo una crescita culturale ma anche nuovi progetti, stimolando l’imprenditorialità e la generazione di economie sostenibili.
Argomento logistica. Negli anni precedenti la segnaletica verticale necessaria a indirizzare i visitatori al museo era stata realizzata e collocata nei principali svincoli stradali a seguito dell’impegno di alcune realtà associative. È possibile che il peso di cose così basilari debba essere sostenuto dalle associazioni?
Il ruolo delle associazioni è fondamentale, come ho ampiamento detto, ma certamente la garanzia dei livelli minimi di fruizione del sito è responsabilità dell’Amministrazione. Non amo parlare del passato, vorrei piuttosto pensare al futuro e, in tema di cartellonistica, proprio in queste settimane stiamo finalizzando la procedura per la ristampa dei pannelli, sia didattici che direzionali, dell’intero Parco. Accanto a questo, che costituisce un’attività “tampone” per garantire la fruizione minima del sito, stiamo avviando un complesso intervento di progettazione dell’identità visiva dell’intero sito, per renderlo riconoscibile e identificativo dal punto di vista della comunicazione, e parallelamente ci occuperemo di riformulare, secondo i nuovi standard imposti dal Ministero della Cultura, tutti gli elementi che riguardano l’accessibilità cognitiva del sito, quindi pannelli, guide, materiale promozionale, attraverso un aggiornamento dei testi e dei linguaggi, anche alla luce delle più recenti scoperte archeologiche.
Statale 106: nei giorni scorsi il tratto antistante il Museo è stato teatro di un pauroso incidente stradale e immettersi sulla strada in uscita dal museo può rappresentare un problema vista la velocità media dei mezzi che la percorrono…
Il problema della sicurezza stradale è generalizzato per tutta la strada statale 106, e certamente diviene ancora più grave nel tratto antistante il Museo, considerato anche il flusso di visitatori al sito. Negli anni passati, come Ministero della Cultura, abbiamo più volte sollecitato gli organi competenti nella realizzazione di azioni che potessero assicurare maggiore sicurezza su quel tratto di strada. So che è già in esecuzione un intervento per la creazione di una rotatoria all’altezza del bivio di contrada Moschetta ma certamente non sarà sufficiente a garantire condizioni di massima sicurezza nell’accessibilità al sito.
Come valuta la possibilità di istituire una fermata ferroviaria all’altezza del parco archeologico?
Il tema della mobilità si ripercuote considerevolmente in termini di accessibilità e fruizione del sito. Non esistono a oggi collegamenti pubblici che possano connettere l’area archeologica ai maggiori centri urbani della zona. Questo naturalmente è un elemento di forte penalizzazione per la frequentazione del Parco e, anche in questo, caso serve mettere in campo una strategia comune con i diversi attori locali e regionali. Più volte in Calabria si è parlato di mobilità con proposte più o meno attuabili. Adesso è certamente il tempo della concretezza e mi auguro che si possa al più presto avere dei riscontri in tal senso. Basterebbe un semplice autobus per collegare la stazione di Locri al Parco e mettere i visitatori nelle condizioni di potere raggiungere il sito comodamente. La possibilità di una fermata ferroviaria prospiciente il Parco è un’idea, della quale andrà valutata la fattibilità soprattutto in termini di sicurezza; staremo a vedere dunque.
L’impressione è che si sia instaurato il giusto spirito di collaborazione con le istituzioni locali…
La collaborazione con le istituzioni locali rappresenta uno degli elementi fondanti la nuova visione promossa dal Ministero della Cultura con la riforma che ha istituito le Direzioni regionali. I Musei non sono più spazi contemplativi ma divengono luoghi in cui la comunità deve riconoscersi e, fin dai primi mesi del mio insediamento a Locri, sono fortunatamente riuscita a stringere dei rapporti di proficua collaborazione sia con l’amministrazione comunale di Locri che con quella di Portigliola, i due comuni su cui formalmente insiste l’area del Parco. Siamo un esempio concreto e virtuoso di quel “fare rete” di cui in Calabria spesso si parla ma difficilmente si realizza.
Locride Capitale Italiana della Cultura 2025: quale ruolo può giocare il museo da lei diretto per raggiungere questo importante obiettivo?
La candidatura della Locride a Capitale Italiana della Cultura 2025 è una grande opportunità per la Calabria tutta e la Direzione regionale Musei, cui afferisce la sede di Locri, ha più volte ribadito il suo supporto a questo percorso. Il Parco Archeologico Nazionale, con l’intero suo circuito, gioca un ruolo importante, essendo esso uno dei maggiori attrattori culturali e turistici della Calabria, e può inoltre fornire sostegno in termini di analisi del contesto, individuazione delle componenti culturali più significative, indirizzo nel campo della valorizzazione. Noi ci siamo e speriamo che questo percorso avviato abbia l’esito che tutti ci auguriamo.