GERACE – Nella cornice della sala dell’arazzo della cittadella vescovile si è conclusa la prima giornata del convegno di studi LA CALABRIA DOPO IL TERREMOTO DEL 1783. DALL’EMERGENZA ALLA RICOSTRUZIONE. Dopo i saluti di Giuseppe Mantella direttore della Cittadella, della direttrice dell’Archivio di Stato di Reggio Calabria Maria Mallemace, di Giacomo Oliva e di Salvatore Galluzzo, i lavori hanno avuto inizio con Domenico Capponi che ha fatto la cronaca del terribile terremoto che colpì la Calabria meridionale nel 1783, classificata come una delle più grandi catastrofi che colpì le province di Reggio, Vibo, Catanzaro e Crotone. Francesco Violi si è soffermato sulla tragedia che colpì Plati, nell’entroterra aspromontano, mentre Giovanni Pittari ha parlato dell’esplosione di atti di brigantaggio in concomitanza con la tragedia.
Nel pomeriggio si sono alternate le relazioni di Vincenzo Cataldo, che con documenti d’archivio ha ricostruito il piano di ricostruzione delle chiese da Brancaleone attenta lettura del monastero di SS. Giovani Theristis di Stilo dopo la catastrofe.
Dante Palmerino ha posto un focus particolare sul santuario di Polsi nel periodo del terremoto; Domenico Lupis ha tracciato il dramma che ha colpito alcune famiglie. L’ultima relazione è stata quella di Pino Macrì che, oltre a tracciare un quadro cartografico del periodo, ha dimostrato alcune operazioni di “trasferimento” di autentiche opere d’arte dalla Calabria a Napoli.
Punti di vista diversi (alla storia, alla cartografia, alla storia dell’arte fino alla geologia) ma con un sottofondo comune che ha riguardato l’ulteriore impoverimento del patrimonio della Calabria e dei calabresi più indigenti. Numerosi sono stati gli interventi dei presenti in sala tra cui molto apprezzato quello di mons. Antonino Denisi, decano della Deputazione de Storia Patria per la Calabria. Ha concluso il vescovo della diocesi di Locri-Gerace, mons. Francesco Oliva, che ha plaudito all’iniziativa.