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A ben vedere, in Calabria, la carenza endemica di medici e infermieri non può essere ricondotta ad una cattiva gestione da parte del SSN, almeno non interamente. Quel che sta accadendo è una vera è propria fuga dal “servizio pubblico” per motivi meramente economici.
Lo ha spiegato bene il presidente Occhiuto, che è anche Commissario ad Acta della Sanità regionale, difendendo la scelta di volare oltre Oceano alla ricerca di personale medico e infermieristico: concorsi deserti, compensi raddoppiati nel privato e, diciamocelo, uno spirito corporativistico che ha di fatto soppiantato la “vocazione” al servizio pubblico in nome del “dio denaro” non lasciano alternative se non quella di cercare altrove.
Che la Sanità sia il più grande affare di ogni regione italiana è semplicemente desumibile dall’impatto sulle casse regionali che arriva a70-80% del totale; che sia stata fonte di appetiti più o meno leciti è ugualmente sotto gli occhi di tutti; ma la situazione attuale ha davvero del paradossale.
Il peccato originale è senza alcun dubbio la Legge 19 giugno 1999 n. 229 che sanciva la coesistenza fra il carattere nazionale del servizio sanitario e la sua regionalizzazione qualificando il SSN come «complesso delle funzioni e delle attività assistenziali dei Servizi sanitari regionali».
Quella riforma ha aperto la strada non solo alla creazione di profonde differenziazioni nella qualità e nella quantità dei servizi offerti ma anche al proliferare dell’offerta privata, convenzionata o meno.
Cosa fare adesso? Per noi la strada è una sola: riaccentrare la spesa sanitaria a livello nazionale e, contestualmente, eliminare il numero chiuso per le facoltà che danno accesso alla professione medica e infermieristica.
F.to Il Segretario Generale FIL
Rag. Giuseppe Martorano
F.to Il Segretario regionale CNaL
dott. Sergio Enrico Maria Marino