di Gianluca Albanese
LOCRI – Una bella confezione di una scatola pressoché vuota. “Anime nere” di Francesco Munzi ci ha dato questa impressione. Belli fotografia, dialoghi, montaggio e riprese. Anche le musiche. Debole, debolissima la sceneggiatura, che in comune al best seller di Gioacchino Criaco ha solo il titolo. Nel libro, infatti, si narrava il romanzo criminale di tre giovanotti che a cavallo degli anni ’70 e degli ’80 diventavano ricchi a suon di pistolettate, anche e soprattutto in barba ai “pungiuti”.
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Nel film, invece, assistiamo alla solita vagonata di luoghi comuni rovesciata addosso a noi calabresi e una raffica di arma da fuoco da parte di un ragazzo dalla testa calda al bar della famiglia rivale che dà origine alla faida e che ricorda tanto quel lancio di uova al circolo Arci di San Luca di qualche lustro fa.
Ma il fenomeno criminale denominato ‘ndrangheta è complesso, non si può studiare sul “Bignami”. Almeno se si vuole fare un film originale e ambizioso.
Troppa carne di capra, troppi brindisi in rima baciata, troppi tradimenti facili, troppe donne vestite di nero, troppa speranza consumata «Comu ferru di casa non finuta», per citare l’Esperia di Fabio Macagnino, troppo terzinato secco.
Roba da rimpiangere “Aspromonte”, il film di Franco Neri in cui la nostra montagna veniva descritta in tutti i suoi aspetti, anche e soprattutto quelli positivi, dalla natura selvaggia all’umanità dei suoi abitanti.
Ci stupiamo come il coro degli indignati dopo il servizio del Tg1 a Gioiosa Ionica di un anno fa in cui veniva raffigurata una Calabria retrograda e poco rispettosa della condizione della donna, dopo aver visto questo film sia rimasto silente, se non affascinato.
La Calabria del film “Anime nere” è una terra rimasta indietro di cinquant’anni, in cui i Carabinieri si vedono solo quando devono fare i rilievi e le perquisizioni dopo gli omicidi e alla cui visione anche le vecchie madri dei boss sputano per terra. Mi dispiace per te, caro Munzi. Ma noi non siamo così. E lo Stato non è così impotente. Avresti dovuto chiedere dell’eroico brigadiere Marino e di tutti i suoi colleghi che giornalmente onorano la divisa e si battono per sconfiggere la malapianta.
Questa pellicola piace solo a chi abita lontano da qui e ha della nostra terra l’immagine stereotipata che viene fuori da certe inchieste giornalistiche “mordi e fuggi” o da certa letteratura commerciale.
Noi che qua ci viviamo tiriamo un sospiro di sollievo perché sappiamo che la nostra terra non è così.
Questo è quello che ci siamo sentiti di buttare giù, appena usciti dal cinema. E che quando sentiamo “Anime nere”, preferiamo pensare al libro di Criaco, che abbiamo letto e riletto. E ovviamente apprezzato.
E che riteniamo – sommessamente – che i capolavori siano un’altra cosa, pur essendo coscienti di non essere esperti di cinema ma fieri di obbedire alla nostra coscienza.