Con l’eutanasia di Excalibur il mondo ha esorcizzato la paura dell’Ebola, rispondendo con riflessi primordiali a paure ancestrali e irrazionali. Il gesto, da molti sostenuto e da altri osteggiato, è l’icona, la lettura del mondo e la risposta alle fobie che dovrebbero essere gestite grazie alla razionalità, le conoscenze, e all’empatia di cui la specie umana si vanta di essere portatrice e, per questo, presunta specie superiore. Abbiamo esorcizzato ed ucciso la nostra paura, ma non abbiamo risolto il problema che sarà sempre più grande se questa resterà la modalità di “soluzione”.
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Questa la posizione dell’Enpa in merito all’uccisione del cane di proprietà dell’infermiera che in Spagna ha contratto il virus dell’Ebola. Una uccisione che – osserva il direttore scientifico dell’Enpa, Ilaria Ferri – evidenzia come in Europa non siano stati previsti in alcun modo i dovuti protocolli di sicurezza e di azione. Ma rappresenta anche una importante occasione persa per comprendere il funzionamento del virus. «Un dato di fatto è certo – dice Ferri -: non esistono al momento prove scientifiche che dimostrino che dai cani sia possibile la trasmissione del virus all’uomo. E noi abbiamo perso un’occasione per scoprirlo. Se il povero Excalibur, invece di diventare la vittima sacrificale di turno della fobia umana, fosse stato gestito in quarantena, nel massimo rispetto di tutti i protocolli internazionali sulla biosicurezza previsti dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità e soprattutto fosse stato seguito dal punto di vista sanitario in modo adeguato, avremmo aggiunto elementi utili per il progresso della scienza medica e, di certo, avremmo acquisito elementi utili nell’ambito delle zoonosi grazie.»
«Invece – prosegue il direttore scientifico dell’Enpa – l’approccio della mente umana più universalmente riconosciuto è quello per cui creiamo animali da laboratorio che non avrebbero mai manifestato la patologia in natura, piuttosto che gestire, per esempio un caso come questo, dando conseguentemente seguito ad una ricerca realmente affidabile.» Ma l’uccisione del cane Excalibur solleva anche un altro interrogativo, decisamente inquietante. «Forse l’abbattimento dell’animale è a nascondere il grande problema che si cela dietro a questa triste vicenda. La triste realtà che la Spagna e probabilmente molti altri Paesi europei non hanno spazi idonei per gestire la quarantena, in casi come questo, per quanto previsto dai protocolli internazionali sulla biosicurezza. E non l’hanno per i cani, come per i pazienti umani.»
Il mondo animalista, che giustamente si è ribellato per la soppressione sommaria di Excalibur, dovrebbe ribellarsi anche per l’insipienza, l’incapacità e l’impreparazione dimostrata dai nostri Paesi nella gestione dell’”allarme pandemia”; per non aver lavorato, come si sarebbe dovuto, per prevenire la diffusione dell’Ebola.
Gli animalisti hanno ragione, perché è dal consumo di bushmeat che si diffonde il virus. Un consumo illegale di carne di specie selvatiche, dalle scimmie ai primati non umani (scimpanzé, gorilla) che porta, oltre al contagio, anche la perdita della biodiversità, la rarefazione delle popolazioni animali e distrugge la foresta. «E proprio la distruzione delle foreste – precisa Ferri – è responsabile del contatto più prossimo con le specie selvatiche e quindi causa della diffusione del virus. Qualcosa che la parte “buona” del mondo scientifico capitanata da Jane Goodall e gli animalisti denunciano insieme da molto, troppo tempo, rimanendo però inascoltati.»
E intanto la natura si ribella all’uomo … «Conviene infatti ricordare che il ciclo dell’Ebola dimostra che gli ospiti principali sono alcune specie di pipistrelli fortemente implicati sia come serbatoi che come ospiti per l’ Ebolavirus – spiega il direttore scientifico dell’Enpa -. Dei cinque sottotipi di Ebolavirus individuati, quattro sono in grado di trasmettersi da uomo a uomo. E visto che le infezioni iniziali nell’uomo derivano dal contatto con un pipistrello infetto o altro animale selvatico, soprattutto dall’orrendo consumo di bushmeat (scimmie, primati non umani, etc) e da qui che bisogna partire.» Perché, come sostiene anche Thomas Frieden, direttore negli Usa del Centers for Disease Control and Prevention, non è mai stato documentato scientificamente alcun caso di trasmissione di Ebola dalle persone ai cani. Per questo, Peter Cowen, veterinario presso la North Carolina State University ed esperto di salute globale sui rischi di patologie causate da infezione animale, sul caso di Excalibur ha dichiarato: «Penso che sia molto spiacevole che stiano pensando di sottoporlo ad eutanasia. Invece, dovrebbero davvero utilizzare questa opportunità per studiarlo.»
«Dunque – conclude Ferri – da un punto di vista prettamente scientifico sarebbe stato più opportuno, non uccidere l’animale, ma isolare il caso e sottoporre il cane ad una osservazione diagnostica che avrebbe consentito anche di gestire eventuali futuri casi.» In questo senso Excalibur è la triste prova che l’uomo non è affatto un essere superiore.