di Antonio Baldari
Primi giorni di agosto, mese tradizionalmente dedicato alle vacanze, al riposo, allo stacco degli impegni di lavoro, tassativi, da onorare anche e soprattutto perché c’è la sveglia a ricordartelo suonando puntualmente all’orario prefissato; giorni di vacanza ma non per la il mondo dell’Istruzione italiana, nel senso più ampio di provvedimenti legislativi da adottare per la Scuola che verrà.
Ed invero, sono giorni decisivi per il completamento dell’iter di approvazione del cosiddetto “decreto PA2” che, dopo aver ricevuto il disco verde alla Camera, attende l’ok del Senato per poi essere definitivamente riconosciuto sull’intero territorio dello Stato: un decreto che segnerà l’ennesimo, fondamentale, passaggio nella vita di decine di migliaia di docenti e/o insegnanti.
Un decreto oltremodo atteso dalla stragrande maggioranza degli altrimenti detti “precari storici” i quali, però, ad una lettura obliqua del testo uscito indenne dal giudizio dei deputati della Repubblica, sono i primi a rimanere fortemente delusi da tali misure che non solo non vanno nella direzione di non riconoscere i tanti anni di docenza/insegnamento ma complica loro il percorso prima di realizzare il bramato sogno del “ruolo”.
Delusi, umiliati ed offesi nella propria dignità professionale, i “precari storici”, nel momento in cui l’Europa statuisce la stabilizzazione di coloro che sono impiegati nella Pubblica Amministrazione “per trentasei mesi anche non continuativi” – tanto reca la direttiva comunitaria del 2014 che però, in Italia, viene vista, rivista, aggiustata e riaggiustata ad uso e consumo ed in nome e per conto di un fiume di denaro da versare nelle casse dello Stato, dopo averne versato in quantità industriale per conseguire il titolo massimo previsto dalle leggi dello Stato: la laurea.
A tale proposito, oggi, e dopo ben dieci anni, è stato ripristinato il titolo dell’abilitazione doverosamente da conseguire sotto forma di CFU, acronimo perfetto di Crediti Formativi Universitari: abilitazione che, si badi bene, nella tanto, elogiata, Europa non esiste ma che, dalla stessa Europa, viene autorizzata, potenza dell’essere “europei” ed “europeisti” convinti, ma tant’è!
Poi, è il turno del “concorso”, a cui si partecipa previo acquisto di libri per la preparazione allo stesso e pagamento di una tassa di iscrizione, per concorrere alla copertura di quel “posto” che spetterebbe di diritto.
Dulcis in fundo, e vera e propria “ciliegina” sulla torta, è quella che costituisce un’autentica vergogna tutta in salsa italiana: L’ANNO DI PROVA; ora, a conclusione di questo, articolato, percorso, che significato può avere UN ANNO, DI PROVA!
Si badi bene, per chi vive da dieci, quindici, vent’anni la docenza e l’insegnamento in cattedra, con gli alunni, insieme alle famiglie e a tutto il resto?
Nulla, assolutamente una contraddizione che, ad oggi, rischia di lasciare sulla strada, senza lavoro dopo anni di onorato servizio, padri e madri di famiglia, così, senza un motivo, senza un vero perché.