Alla luce di quello che egli ha compiuto in così tanti anni, con il senso di responsabilità ed il rapporto paterno avuto un po’ con tutti i giocatori che ha allenato, avrebbe senz’altro meritato proprio la panchina azzurra giacché avrebbe incarnato in pieno il ruolo di commissario tecnico o selezionatore che dir si voglia, “er sor Magara” viveva di calcio e lo conosceva benissimo, forse figlio di un calcio che oggi non c’è più e poco incline ai compromessi che, soprattutto oggi, come detto, hanno contagiato perfino la Nazionale azzurra.
di Antonio Baldari
” ‘a regazzi’, vatte a fa la doccia che co’ loro ce parlo io! “. Carlo Mazzone sta tutto in questa frase, un concentrato di premura, affetto, fermezza, autorevolezza nel momento in cui lui, allenatore della Roma, una trentina d’anni fa, sta per guadagnare gli spogliatoi a fine partita e nota un allora imberbe 18enne che stava per concedersi alle domande dei giornalisti, il mister si avvicina e pronuncia quella storica frase verso quel “regazzino”, Francesco Totti, che, di lì a qualche anno, avrebbe fatto la storia non solo della Roma ma anche della Nazionale italiana; Mazzone non c’è più, si è spento sabato scorso all’età di 86 anni, a poche ore dall’inizio del campionato di calcio 2023.2024.
Un particolare che non è passato inosservato agli addetti ai lavori, quasi un segno del destino rispetto ad un uomo vissuto nel calcio come pochi, anche perché altre due situazioni, nello specifico, ne hanno in un certo senso sottolineato il capolinea della sua vita terrena: Mazzone era il decano degli allenatori italiani dall’alto delle sue 797 panchine, spareggi inclusi, diluite nel tempo e nello spazio di ben dodici panchine, per altrettante squadre, e con diversi giocatori portati sotto i riflettori “che contano”, dal citato Totti a Pirlo, passando per Pep Guardiola – oggi allenatore dei campioni d’Europa per clubs del Manchester City – che sabato scorso, indossando una maglia che raffigurava “er sor Carletto”, ha avuto modo di definire “come un padre per me”.
E poi Roberto Baggio, che aveva un rapporto speciale con Mazzone dopo averlo fortemente voluto a Brescia, ed un indimenticabile Massimo Palanca – “il più forte sinistro d’Europa” come ebbe a definirlo il mitico Sandro Ciotti – in quelle due, splendide, stagioni al Catanzaro con quello storico 1-3, nel marzo del 1979 proprio a Roma e con una, magica, tripletta del ” ‘o Rey ” catanzarese che segnò il punto certamente più nobile con le “aquile” giallorosse; ma l’altro particolare, di non poco conto, sta nel fatto che l’allenatore capitolino è mancato nel periodo più buio per quanto riguarda la panchina più prestigiosa dello Stivale: quella della Nazionale italiana, con le dimissioni di Roberto Mancini ed il complesso subentro di Luciano Spalletti che ne hanno rimarcato i tratti assolutamente più tristi per tutto l’ambiente azzurro.
Ed invero, alla luce di quello che Mazzone ha compiuto in così tanti anni, con il senso di responsabilità ed il rapporto paterno avuto un po’ con tutti i giocatori che ha allenato, avrebbe senz’altro meritato proprio la panchina azzurra giacché avrebbe incarnato in pieno il ruolo di commissario tecnico o selezionatore che dir si voglia, non avrebbe certamente sfigurato ancorché non avesse raggiunto titoli e trofei di un certo spessore nella sua lunghissima carriera, ma “er sor Magara”, com’era pure appellato Mazzone, viveva di calcio e lo conosceva benissimo, forse figlio di un calcio che oggi non c’è più e poco incline ai compromessi che, soprattutto oggi, hanno contagiato perfino la Nazionale azzurra.
E poi, dove lo trovi oggi un allenatore che mette d’accordo tutti, ma proprio tutti!, i tifosi italiani, proprio come dovrebbe essere il mister della Nazionale, laziali compresi?