RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:
«Calabria Solidale, Rete di imprese che da più di un anno camminano insieme nel nome della legalità e della responsabilità sociale ed ambientale, non poteva restare indifferente di fronte alle minacce subite da Giuseppe Trimarchi, persona integerrima e di grande spessore umano e culturale. In base al suo statuto, che mette l’etica al primo posto, in base al suo DNA che vede nelle sue aziende una pratica quotidiana di contrapposizione alla cultura mafiosa, Calabria Solidale ha deciso, unanimemente, di dare mandato al suo legale di fiducia affinché faccia richiesta alla Procura competente di partecipare al processo contro gli aggressori di Trimarchi».
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È quanto dichiara Tonino Perna, docente di Sociologia Economica all’Università di Messina e membro del Comitato Scientifico di Calabria Solidale, rete di produttori calabresi che promuovono i principi di legalità, trasparenza, solidarietà, rispetto del lavoro, tutela dell’ambiente e del territorio.
Giuseppe Trimarchi, coordinatore di Calabria Solidale, lo scorso mese di agosto venne aggredito in piazza, a Canolo, paese immerso nel cuore dell’Aspromonte dove il giovane vive, durante la “Festa del Pane”.
In quell’occasione, hanno tentato di costringerlo con la forza fisica a ballare la tarantella, in segno di pubblica sottomissione. Lo hanno offeso e intimidito, invitandolo, minacciosamente a lasciare quella piazza, dopo che aveva rifiutato di entrare a far parte della “rota” di ballo.
Quanto accaduto la sera del 10 agosto a Canolo, è stato l’ennesimo atto di una strategia intimidatoria contro i non allineati. Contro chi, pubblicamente, commenta e critica le vicende politiche e sociali della comunità in cui vive. Quella sera infatti, apertamente, durante la tentata aggressione, a Trimarchi gli venne contestato minacciosamente di aver scritto parole sbagliate in merito alle elezioni comunali del maggio scorso.
Quella sera, ad essere minacciata, è stata tutta Calabria Solidale, che rifiuta un certo modello culturale. Che crede che le feste di paese debbano essere di tutte e non di chi le ha finanziate. Che è convinta che ballare la tarantella debba essere un momento di gioia collettiva, ma soprattutto di libertà. E non un simbolico e strumentale uso delle tradizioni popolari per manifestare oppressione e sopraffazione.