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Dopo ben sedici lustri da quel dì l’Italia non solo riconosce la potenza militare americana che, di fatto, è ma ne è assuefatta accodandosi per ogni conflitto militare che le “stelle e strisce” hanno in desiderio di combattere, non ultimo quello in Ucraina; per non dire che si è totalmente assorbiti dal punto di vista politico, economico e sociale perché non si muove foglia che l’America non voglia, perfino se si tratta di ficcare il naso nelle cose di casa, vedi l’Unione europea.
di Antonio Baldari
“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.
Furono queste le parole che, ai microfoni dell’allora Eiar, alle ore 19.45 dell’8 settembre 1943, il generale Badoglio pronunciò annunciando la fine dell’alleanza con la Germania nazista, cinque giorni dopo la firma dell’armistizio, per l’appunto, sottoscritto il 3 settembre nella cittadina di Cassibile, in provincia di Siracusa avendo da una parte, italiana, il generale Castellano in vece del generale Pietro Badoglio, e dall’altra, per gli americani, il generale Walter Bedell Smith (che per tre anni, dal 1950 al 1953, diresse la Cia) in vece del generale Dwight Eisenhower: fu questo l’atto ufficiale che segnò in maniera indelebile il ruolo dell’Italia nella Seconda guerra mondiale, prevedendone alla base, quale elemento essenziale, “la resa incondizionata dell’Italia nei confronti delle forze alleate”.
Sono passati ottant’anni esatti da quella, storica, data ma cos’è cambiato da allora? Praticamente nulla, verrebbe da dire, posto che quella “resa incondizionata” continua, prosegue imperterrita, si alimenta di giorno in giorno, come una sorta di “debito di riconoscenza” nei confronti della Gran Bretagna e degli Stati Uniti d’America che chissà quando finirà; q
ualcuno potrebbe anche legittimamente obiettare che è anche una specie di “riconoscenza”, senza debito, della manifesta superiorità degli Stati Uniti d’America in rapporto alla potenza militare quale realmente è, nella cui scia è bene rimanere per non soccombere miseramente di fronte a chi tenterebbe di usare la forza nei confronti dell’Italia.
Il problema è che, ancora oggi, dopo ben sedici lustri da quel dì, l’Italia non solo riconosce la potenza militare Usa che, di fatto, è ma ne è assuefatta accodandosi per ogni conflitto militare che le “stelle e strisce” hanno in desiderio di combattere, non ultimo quello in Ucraina; per non dire che si è totalmente assorbiti dal punto di vista politico, economico e sociale perché non si muove foglia che l’America non voglia, perfino se si tratta di ficcare il naso nelle cose di casa, vedi l’Unione europea.
E dunque, la “resa incondizionata” continua e, quel che è peggio, senza Resistenza! E non solo perché non ci sono i partigiani di una volta ma perché anche quei pochi che ci sono si arrendono anch’essi alla “impari lotta”.