Viaggio nei luoghi della mistica di Paravati, affollati di pellegrini in questo assurdo autunno che sa più d’estate inoltrata che non altro. La supplica fresca di giornata alla Celeste Madre, intrisa della fragranza tipica dei santi che hanno lo sguardo ed in special modo il proprio cuore rivolto a Colei che può intercedere presso il Divin Figlio, soprattutto oggi che il cuore Suo, di Maria Santissima, è profondamente turbato per la sete di sangue versato e da versare che alimenta l’Uomo…
di Antonio Baldari
L’orizzonte è sereno, di quelli che ti prendono per mano e ti conducono fra le braccia del silenzio. Che è molto particolare, del tutto speciale, nel mentre le prime ombre della sera si posano lievi su Paravati, ad un chilometro da Mileto, tra le colline di un piccolo centro abitato nel Vibonese. È domenica, giorno dedicato al Signore e non c’è momento migliore per potersi lasciare andare a Lei, a Mamma Natuzza.
I passi sul selciato sono composti, quasi timidi, con l’aria che inizia ad essere frizzantina in questo climaticamente assurdo autunno, che sa più d’estate inoltrata che non altro; “Mi scusi, per andare da mamma Natuzza?” – chiediamo come dei perfetti neofiti che per la prima volta, per l’appunto, toccano queste latitudini: i fedeli ci sono, rispondono “Presente” dopo aver guadagnato il breve viottolo che porta alla tomba della mistica che poco più di quattordici anni fa è tornata alla Casa del Padre dopo avere vissuto una vita semplice e, come tutte le vite semplici, straordinarie, in particolare per gli straordinari doni che ella ricevuto e che ha decuplicato a dismisura.
Parandosi dinanzi a noi ed al nostro, meravigliato, sguardo che si immerge in quell’orizzonte pochi istanti prima serenamente ammirato, adesso con quelle vellutate tinte che ne incorniciano la serata tutta tempestata di stelle, puntini d’argento che tanto somigliano a nei d’amorevole affetto stampato lassù, fra le vie del cielo; siamo arrivati e Lei è lì, all’interno della sua casa da circa tre lustri, con dei fiori freschi posti sulla parte superiore ed accanto un imponente statua di Gesù, candida come la neve.
Il cuore batte forte, l’adrenalina sale nel mentre una lacrimuccia riga il viso di una donna rugosa, bellamente segnata dal tempo e dallo spazio che ella ha percorso ed ora è qui, evidentemente affidandosi a Lei, a mamma Natuzza, che sembra rispondere leggendo nitidamente un suo pensiero posto lì, calzante assai per i pellegrini in quegli storici momenti in quel luogo sacro ma anche e soprattutto per l’Umanità intera “O mamma, nel tuo cuore metto tutto il mondo, salvalo!”, che appare come una supplica fresca di giornata alla Vergine Madre, intrisa della fragranza tipica dei santi.
Che hanno lo sguardo ed in special modo il proprio cuore rivolto a Colei che può intercedere presso il Divin Figlio, soprattutto oggi che il cuore Suo, di Maria Santissima, è profondamente turbato per la sete di sangue versato e da versare che alimenta l’Uomo; “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte, amen”, risuona soave il Santo Rosario, la preghiera per eccellenza dei Cristiani nella chiesa “Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime”, tondeggiante nella sua disposizone, da assomigliare ad un caldo abbraccio, come se si volesse stringere tutti in un solo, materno, abbraccio. Si rimane raccolti in preghiera, due uomini passano disinvolti davanti all’altare maggiore segnandosi con il segno della croce, in cerca di una zattera di speranza da acchiappare per l’ultimo dei legnetti che la compongono; cambia la voce guida perché a guidare “il Rosario” è un’altra donna; alziamo il capo e la colomba simbolica dello Spirito Santo sembra posarsi su di noi tale è la sua grandezza naturale: andiamo verso l’uscita, le prime luci della sera si sono accomodate lungo il viale e lungo le stradine di Paravati.
Discrete, silenziose, in punta di piedi come mamma Natuzza che salutiamo pregni di saldezza nel cuore, donandole un bacio lanciato dalle trepidanti dita di una mano. Le è arrivato, e proseguiamo così il dolce rientro verso casa, ingoiati dalle aspre ma gioiose stradine del domani che verrà. Per noi e per il mondo che sarà.