LOCRI – A quasi tre mesi dall’entrata in vigore del decreto legge 1/2012, che all’articolo 62 disciplina i contratti che hanno ad oggetto la cessione di prodotti agricoli e alimentari, fissando i termini di pagamento delle fatture entro 30 giorni per le merci deperibili e 60 per le altre, a decorrere dall’ultimo giorno del mese di riferimento della fattura, parecchi imprenditori del settore esprimono un giudizio negativo sul provvedimento normativo.
A farsi interprete del disagio patito da molti addetti ai lavori è Alfonso Passafaro, associato Confida, che ai taccuini di Lente Locale dichiara che «Quello che denunciammo nei giorni dell’entrata in vigore si sta, purtroppo verificando. A fare le spese di questa norma – ha spiegato Passafaro – sono in primis i lavoratori dipendenti che, vista la crisi di liquidità delle aziende, in molti casi non possono essere pagati puntualmente, per non parlare dei casi estremi in cui, soprattutto le piccole aziende, sono costrette al licenziamento. Se poi consideriamo i lavoratori nella loro veste di consumatori, il fatto che non abbiano soldi da spendere rallenta e indebolisce ulteriormente l’economia». Ma non solo. Passafaro spiega anche che «Le stesse aziende, sono costrette ad approvvigionarsi di quantitativi minimi dai fornitori, comprando lo stretto necessario per tirare avanti, senza fare tutti quegli ordini che fino ad oggi hanno permesso di far girare l’economia e facilitato il lavoro agli stessi fornitori che spesso rischiano di vedere i propri prodotti invenduti scadere, per non parlare delle grandi aziende che stanno bloccando la produzione di molti prodotti che fin a poco fa erano di largo consumo, proprio per evitare di creare scorte di magazzino eccessive e prevenire rischi di deterioramento». Insomma, quello che disegna Passafaro, che assicura di parlare a nome di molti imprenditori del settore, è un quadro a tinte fosche che starebbe soffocando l’economia del settore. Quanto basta, insomma, per proseguire una battaglia in tutte le sedi per bloccare gli effetti della normativa o quantomeno allentarne le maglie. Già, perché la sua considerazione finale è tutta un programma: «Se l’UE e il Governo che ne recepisce le normative intervengono in maniera così stringente negli scambi commerciali tra privati, faranno altrettanto quando si tratterà di valutare il rispetto dei vincoli economici posti agli enti pubblici, in primis le Regioni?». «Noi – ha concluso – non ci stiamo e continueremo a batterci per ridare respiro a un’economia che, in un periodo di crisi come questo, sta diventando ancora più asfittica»