di Antonio Baldari
Giorno di Santo Stefano ed è quindi il “day after” della “Natività del Signore”, festa per eccellenza del periodo di vacanza che si vivrà fino al prossimo 7 gennaio, passando per il Capodanno Venti24, il primo giorno del Nuovo Anno, ricco di buoni propositi, come sempre, almeno quelli; nonostante ciò una riflessione si impone su quelli che sono stati i giorni immediatamente precedenti all’inizio di questo gioioso periodo.
E segnatamente la considerazione attinente le strampalate decisioni prese qua e là, andando su e giù per lo Stivale, in relazione all’allestimento di alberi di Natale e/o presepi che hanno creato non poco imbarazzo nell’opinione pubblica al punto da scomodare nientepocodimenoche il Governo centrale romano, che già nei giorni scorsi aveva avuto a che fare con la questione-panettoni ed uova di Pasqua della nota influencer Ferragni degli altrimenti detti “Ferragnez”.
Poco prima di Natale, invece, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, unitamente a tutta la compagine governativa, è insorta per queste “allegre” prese di posizione, chiamiamole così, in merito al rispetto dovuto alla più nobile tradizione natalizia del periodo, particolarmente quest’anno con la secolare ricorrenza degli 800 anni dal primo presepio della Notte di Natale 1223, in quel di Greccio, in provincia di Rieti, da San Francesco d’Assisi.
Indubbiamente i “CUCÙ” al posto di Gesù, o le due Madonne relegando di lato San Giuseppe e quant’altro di queste diavolerie (sic!) hanno originato profonda impressione e forte irritazione in tutti gli uomini di buona volontà, posto che sono stati la punta di un iceberg di una costante quanto inaccettabile deriva a cui si può porre rimedio soltanto in un modo, ossia rieducando coloro che sono stati “protagonisti” in negativo di tali nefandezze, mandandoli a fare altro, soprattutto se esercitanti la professione, delicatissima, di docenti.
Da qui a dire, però, che si debba imporre il presepe e, per esteso, la tradizione natalizia italiana “per decreto” e non solo del tutto inutile ma è senz’altro pari allo scempio di non farlo. Perché la tradizione, in quanto tale, è cultura che appartiene ad un popolo, quello Italiano, per l’appunto: imporla, la cultura, è pari all’essere talebano di chi realmente lo è, che sbaglia imponendo la propria cultura, e non solo quando c’è di mezzo il presepe, ahinoi…