di Gianluca Albanese
LOCRI – «Alle elezioni regionali del 2010 Commisso Giuseppe del ’47 detto “il Mastro” voleva solo mettere il cappello sul candidato dato per vincente. Io non ho mai voluto il suo consenso elettorale e lui e Mino Muià facevano solo illazioni. Al “Mastro” interessava solo che Sandro Figliomeni non fosse eletto e che prendesse meno voti di altri candidati, per via del risentimento personale che nutriva nei suoi confronti. Io, in campagna elettorale dissi a tutti i compagni di partito nei vari comuni in cui eravamo presenti, di stare attenti e di selezionare le persone che s’invitavano nelle sedi, perché io già nel 2000 fui sottoposto a custodia cautelare e poi assolto e non volevo avere rapporti con persone che avevano avuto problemi con la legge».
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Visibilmente dimagrito e con la barba incolta. Si presenta così l’ex consigliere regionale Cosimo Cherubino, in carcere da due anni e mezzo nel quadro dell’operazione “Falsa Politica“, nell’esame condotto per l’udienza odierna del processo dal Pm De Bernardo.
Consulta spesso il suo block notes zeppo di appunti raccolti durante le numerose udienze del dibattimento e snocciola numeri e dati elettorali per dimostrare al collegio presieduto dal giudice Alfredo Sicuro che lui ha sempre fatto solo politica.
«Fin dal 1998 – ha detto – quando venni eletto consigliere provinciale con lo Sdi. Presi 1616 voti».
Nel mirino della Pubblica Accusa le sue relazioni parentali o amicali con alcuni soggetti noti alle forze dell’ordine della zona. Da Figliomeni detto “Il Brigante” («E’ mio cugino – ha detto l’imputato – ma non ci siamo mai frequentati») a Salvatore Salerno («E’ mio cugino acquisito e lo conosco solo come cliente del negozio di generi alimentari che gestiva mio padre»), passando per i rapporti definiti «normali» col suocero Francesco Marzano e il cognato Osvaldo Gioberti.
Non mancano le domande del Pm sui rapporti tra Cherubino e il boss Commisso Antonio del ’56 detto “‘Ntoni i ‘bbocatu” «che era – ha detto un mio vicino di casa, ma non ho mai avuto rapporti di amicizia con lui. Anzi, nella campagna elettorale mi disse che non voleva che io facessi propaganda nella sua zona» e Agostino Salerno «Guidava la Fiat Panda con la quale preannunciavamo i comizi in campagna elettorale, era un collaboratore come tanti e non avevamo altri rapporti».
Col locrese Cosimo Cordì, Cherubino ha detto di essere stato compagno di scuola «E quella volta che lo frequentai fu in occasione di una cena tra compagni di scuola. Frequentava, poi, occasionalmente, la “baracca” nella quale si arrostivano salsicce che gestivo insieme a mio zio (titolare del bar “Tentazioni”) a Siderno in occasione della festa patronale. Vennero anche altri conoscenti che però non frequentavo, come Davide Gattuso».
Il Pm De Bernardo ha eccepito che «Lei è particolarmente sfortunato: due volte è uscito con Cosimo Cordì e due volte è stato sottoposto a controlli di Polizia. Poi una volta dice di essersi visto con Mino Muià e una volta è stato intercettato».
Cherubino ha aggiunto che «Correale Michele detto “Zorro” mi fu presentato dal dentista Renato Pancallo quando tutti e tre eravamo dirigenti della squadra di calcio del Siderno, ma non ci frequentavamo».
I SUOI RAPPORTI CON COMMISSO DOMENICO CLASSE ’75
Particolarmente affettuosa è stata la dichiarazione riguardante i suoi rapporti con l’ex consigliere comunale Commisso Domenico classe ’75, anch’egli sottoposto a custodia cautelare in carcere da due anni e mezzo nell’ambito dello stesso procedimento.
«Lo conosco dai tempi dell’università – ha detto – e lui veniva a dormire nella mia casa di Messina perché non aveva i mezzi economici per affittarne una. E’ sempre stato un ragazzo dignitoso che ha studiato e lavorato, facendo anche i mestieri più pesanti e pur venendo da una famiglia non agiata, non ha mai chiesto aiuto economico allo zio, ovvero Commisso Giuseppe classe ’47 detto “Il Mastro”».
LA CADUTA DELL’AMMINISTRAZIONE FIGLIOMENI
Le ragioni dell’accaduto, che risale al febbraio del 2010 esposte da Cherubino, divergono da quelle esposte poche ore prima in sede d’esame dall’altro imputato Antonio Commisso.
Secondo Cherubino, infatti «La decisione di Figliomeni di candidarsi col centrosinistra fu frutto del rifiuto opposto dal candidato alla presidenza della Regione Peppe Scopelliti. L’allora sindaco, infatti, voleva candidarsi al consiglio regionale col centrodestra, ma Scopelliti si oppose, anche grazie al veto posto dal parlamentare Elio Belcastro, che uscì dall’MpA per fondare la lista “Noi Sud” a supporto di Scopelliti. Belcastro disse a Scopelliti che se avesse accettato la candidatura di Figliomeni con il centrodestra, lui non avrebbe presentato la lista “Noi Sud”. A Siderno – ha proseguito Cherubino – si pose un problema politico perché la maggioranza consiliare non aveva più fiducia di un sindaco di centrodestra che voleva candidarsi alla Regione col centrosinistra».
La ricostruzione delle fasi che portarono alle dimissioni di undici consiglieri comunali, e alla caduta dell’amministrazione Figliomeni, è assai minuziosa.
«Il nostro gruppo – ha spiegato Cherubino – che nel frattempo aveva lasciato il centrosinistra per sposare il progetto dei Socialisti Riformisti per il Pdl, fu coinvolto nella scelta solo in un secondo momento. La prima decisione di far cadere l’amministrazione comunale la presero i dirigenti del Pdl di Siderno Riccardo Ritorto, Michelangelo Vitale e Antonio Macrì, che poi raggiunsero a casa l’allora vicesindaco Mimmo Barranca. Potevano contare sulle dimissioni di otto consiglieri comunali e ne servivano altri tre per fare cadere l’amministrazione. A quel punto, il coordinatore cittadino del Pdl Vitale contattò il capogruppo in consiglio comunale della nostra compagine Pietro Tropiano che mi riferì tutto. Io non avevo rapporti politici con Riccardo Ritorto perché so che lui non digeriva la mia candidatura e lo disse anche a Scopelliti, perché voleva essere lui il leader del Pdl sidernese a tutti i costi. Io decisi di aderire ai Socialisti Riformisti per il Pdl così come fecero altri compagni come Giacomo Mancini e Salvatore Magarò nel resto della Calabria e di lasciare il centrosinistra di Loiero perché quando ero consigliere regionale col centrosinistra non mi appoggiarono mai nelle grandi battaglie che volevo condurre, prima tra tutte quella tesa a fare rimanere attivo l’ospedale di Siderno».
La resistenza di Ritorto, secondo quanto riferito da Cherubino «Cadde dopo che si rese conto che leader regionali (Peppe Scopelliti, i fratelli Gentile, Alberto Sarra) e nazionali (Nino Foti e Denis Verdini) appoggiarono il progetto di un’alleanza coi Socialisti Riformisti e la mia candidatura nel Pdl nel collegio di Reggio Calabria era l’unica della Locride, anche se, col senno di poi, avrei fatto bene ad accettare il consiglio di Scopelliti che mi diceva di candidarmi con la lista “Scopelliti Presidente”, con la quale avrei avuto maggiori chance di elezione, ma io sposai il progetto dei Socialisti Riformisti che coerentemente consisteva in un’alleanza elettorale col Pdl, mentre la lista del Presidente era composta, in larga parte, da ex di Alleanza Nazionale».
LA DELUSIONE DELLE ELEZIONI REGIONALI DEL 2010
Cherubino ha sostenuto di non essere stato supportato adeguatamente dal Pdl locrideo e, in particolare, da quello sidernese, tanto da decidere di abbandonare l’attività politica dopo le elezioni del 2010.
«Fui l’unico consigliere regionale uscente – ha spiegato – a prendere meno voti della tornata elettorale precedente. Nel 2005 mi candidai con un partito piccolo come lo Sdi e presi 6.862 voti; nel 2010 con la lista forte del Pdl ne presi 6.596. La verità – ha detto – che molti pidiellini, specie quelli di estrazione Forza Italia-An, mi vedevano come un corpo estraneo e, assecondando la logica delle correnti di partito, preferirono sostenere candidati reggini, come accadde a Siderno, laddove il Pdl prese in tutto 3.064 voti di lista, dei quali solo 2.234 furono di preferenza per me. Segno che il Pdl non diede alcun valore aggiunto alla mia campagna elettorale e i voti ottenuti li presi solo con le mie forze. Lo dimostra il fatto che dei 2.453 voti che prese lo Sdi a Siderno nel 2005, i voti di preferenza per me furono 2.358».
LE ELEZIONI COMUNALI DEL 2011
Cherubino ha confermato che «Da anni si parlava della candidatura di Riccardo Ritorto a sindaco, ma lui non mi chiese nemmeno il voto. Del resto – ha proseguito – dopo le elezioni regionali del 2010 e la conseguente delusione, chiudemmo sia la segreteria politica che la sede dei Socialisti Riformisti e decidemmo di non fare nessuna lista di partito alle Comunali del 2011, lasciando a tutti i compagni il diritto di fare le proprie scelte in maniera autonoma e indipendente, tanto che qualcuno si candidò nelle liste a favore di Ritorto, altri con Panetta e altri ancora con l’altro candidato sindaco Domenico Futia». L’imputato ha aggiunto di non avere buoni rapporti con Antonio Macrì «Che aspirava a candidarsi alle elezioni regionali del 2010 e lo disse anche a Scopelliti», mentre «So che il “Mastro” aveva sempre appoggiato elettoralmente Figliomeni, almeno fino alle elezioni comunali del 2006, in occasione delle quali il nostro gruppo fece opposizione perché eletto nella coalizione avversaria, che sosteneva il candidato sindaco Mimmo Panetta. Poi – ha concluso – so che non lo sostenne più nel 2011 perché aveva risentimenti personali».
LA VISITA DEI CONIUGI MUIA’
Il Pm gli ha chiesto lumi su un incontro documentato dalle intercettazioni, che risale al 9 aprile del 2010, pochi giorni dopo le elezioni regionali, quando Cherubino incontrò Mino Muià e la moglie. «Mi telefonò sua moglie – ha riferito Cherubino – che io conobbi all’epoca in cui lavorava nell’ufficio del mio amico Enzo Leonardo. Venne a trovarmi, accompagnata dal marito, che mi limitai a salutare, per una pratica legata all’attività del patronato di Confagricoltura, che stavo per aprire sul corso Garibaldi a Siderno. Poi non lo incontrai più».
Fin qui l’esame dell’imputato, conclusosi intorno alle 18,30. Il controesame di Cherubino, e l’esame degli altri imputati, avrà luogo nell’udienza fissata per il prossimo 23 dicembre alle ore 9.