di Gianluca Albanese
LOCRI – «Chi fa politica non deve essere soggetto a qualsivoglia dubbio. Il 13 dicembre del 2010, data in cui ricevetti un avviso di garanzia nel quadro dell’operazione “Recupero”, consegnai nelle mani degli inquirenti la mia attività politica». Più che un esame di un imputato nel procedimento penale noto come “Falsa politica”, da parte del pubblico ministero della Dda di Reggio Calabria Antonio De Bernardo, quello di Antonio Commisso classe ’73 detto “Biona”, nell’udienza odierna del processo “Falsa Politica” è sembrato un colloquio su temi di politica locale. Quasi un’intervista resa in un talk show televisivo, durata un’ora e venti minuti senza interruzioni.
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La strategia della pubblica accusa davanti al collegio presieduto dal giudice Alfredo Sicuro è apparsa chiara fin dall’inizio: tutta tesa a dimostrare le conseguenze delle parentele “ingombranti” dell’ex assessore all’Ambiente del Comune di Siderno, nipote di boss del calibro di Commisso Antonio classe ’25 detto “‘u Quagghia”, di Commisso Francesco classe ’56 detto “‘u Sceltu” e cugino di Commisso Giuseppe classe ’47, noto come “‘u Mastru”.
Dal canto suo, l’imputato ha risposto alle domande del Pm con grande tranquillità, padronanza del ruolo ed estrema naturalezza, convinto della sua estraneità ai fatti contestatigli, tutto intento a dimostrare che la sua attività politica era il naturale sbocco degli studi compiuti e dell’attività da militante.
A inizio esame, Antonio Commisso ha ripercorso l’inizio della sua attività politica locale, coinciso col suo ritorno a Siderno dopo il suo percorso di studi a Roma, concluso con la laurea in Scienze Politiche e una breve parentesi lavorativa a Cosenza.
«Nel 2004 rientrai a Siderno – ha esordito “Biona” – e frequentai il gruppo dei giovani di Forza Italia, perché ho sempre avuto idee politiche di scuola liberale. Esplicitai la volontà di candidarmi alle elezioni comunali del 2006 sia al mio gruppo politico di appartenenza che all’allora sindaco uscente Sandro Figliomeni, che conoscevo per la carica che rivestiva e per avere qualche parente in comune, anche se non ci eravamo mai frequentati. Risultai secondo degli eletti della lista “Sviluppo e Libertà” con 168 voti di preferenza, dopo il medico Francesco Rispoli che ne prese circa 400. La nostra lista ebbe tre consiglieri eletti».
Cita il “manuale Cencelli” come metodo adottato dal sindaco risultato vincente alle elezioni del 2006 per parlare dell’attribuzione dei ruoli di assessore comunale «Che vennero assegnati – ha spiegato l’imputato – in base al consenso ricevuto e alle specifiche competenze dei consiglieri eletti. Il medico Rispoli fu confermato al ruolo di assessore alle Politiche Sociali e l’altro posto di assessore che spettava alla nostra lista fu dato a me che ero sempre stato appassionato alle tematiche ambientali e mi venne conferita la delega all’Ambiente che non era particolarmente ambita. Anzi – ha proseguito – era una patata bollente che nessuno voleva, una sorta di “assessorato senza portafoglio” perché non permetteva di gestire risorse economiche».
I RAPPORTI CON LE PARENTELE “INGOMBRANTI”
L’imputato ha confermato che Commisso Antonio classe ’25 è suo nonno «Col quale – ha detto – avevamo normali rapporti tra nonno e nipote e ci vedevamo soprattutto in occasioni conviviali e nelle feste comandate. So che fu uno storico militante socialista e che rivestì incarichi in consiglio comunale e in giunta, ma non chiesi mai aiuto elettorale a lui o approvazione delle mie scelte in politica. Tra l’altro nel 2006, quando mi candidai, mio nonno non faceva più politica da tanti anni. Non parlai a lui della mia volontà di candidarmi, come invece feci con mio padre che non disse altro che «Figghiu, tu u sai chi fai» – «figlio, tu sai quello che fai» – e sono certo che mio padre mi votò».
Successivamente, l’imputato ha aggiunto di essere venuto a conoscenza del fatto che suo nonno «sosteneva elettoralmente il medico Antonio Macrì, che all’epoca dei fatti venne eletto presidente del consiglio comunale».
Col “Mastro”, Antonio Commisso ha detto di avere rapporti parentali e di frequentarlo solo come cliente della lavanderia Ape Green che gestiva all’interno del centro commerciale “I portici”.
A precisa domanda del Pm, circa una sua presunta opportunità di confrontarsi con lui prima della decisione di candidarsi, l’imputato è sobbalzato sulla sedia: «Con Commisso Giuseppe classe ’47? E perché mai avrei dovuto confrontarmi con lui su temi politici? Non ho mai sentito la necessità di farlo».
Sullo zio (fratello della madre) Commisso Francesco classe ’56 detto “‘u Sceltu”, l’imputato ha detto di ricordarlo «Soprattutto nel periodo precedente i miei studi a Roma. Poi, dopo che tornai a Siderno non lo vidi che nelle feste comandate, perché lavorava fuori».
LA CADUTA DELL’AMMINISTRAZIONE FIGLIOMENI
Esaurito l’esame dell’album di famiglia, con l’imputato che ha negato di conoscere l’esistenza di una “società ” mafiosa da parte dei suoi parenti, ma solo dei procedimenti penali che ne colpirono alcuni, si è passato ad affrontare l’argomento relativo alla caduta dell’amministrazione della quale l’imputato era assessore all’Ambiente, a inizio febbraio 2010, dopo la decisione dell’allora sindaco Figliomeni che, vicino al Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo, decise di seguire la linea indicata dai vertici del soggetto politico, ovvero la presentazione di propri candidati nella lista di “Autonomia e Diritti” che sosteneva il governatore uscente del centrosinistra Agazio Loiero.
Antonio Commisso ha stigmatizzato la condotta degli undici consiglieri dimissionari. «Non concepivo e non concepisco tuttora – ha detto – il modo con cui fecero cadere l’amministrazione. Non lo fecero con lo strumento dignitoso della sfiducia al sindaco dopo un confronto aperto in consiglio comunale, ma con delle riunioni nei locali della Teknikart, gestita dal militante di An Maiolo e si dimisero dopo essersi riuniti nottetempo, protocollando in Comune le lettere di dimissioni la mattina successiva, mentre io e gli altri assessori eravamo alle prese con la risoluzione dei problemi dei cittadini».
Per Antonio Commisso «Il centrodestra cittadino perfezionò l’accordo per votare Cosimo Cherubino, che si candidò in consiglio regionale con il Pdl, alle Regionali, e l’anno successivo Riccardo Ritorto, il cui nome circolava già da qualche tempo, come candidato sindaco. Fecero tutto in separata sede, mentre Figliomeni preannunciò la sua decisione di candidarsi alle Regionali col centrosinistra nel corso di un vertice di maggioranza consiliare. La loro finalità era chiara: avere un candidato consigliere regionale come Figliomeni “indebolito” elettoralmente dopo aver perso la carica di sindaco».
Un argomento, quello della caduta dell’amministrazione Figliomeni, che Antonio Commisso affrontò con molte persone. Anche col “Mastro”, quando, come ha spiegato rispondendo al Pm «Andai in lavanderia a portare un abito di mia moglie. Dissi a lui quello che dissi a tutti, come emerge dalle intercettazioni e le trascrizioni degli operatori di Polizia Giudiziaria, con i quali mi devo complimentare per l’ottimo lavoro svolto. Mio cugino cercò di minimizzare, limitandosi a dire che fu un errore la scelta di Figliomeni di candidarsi con il centrosinistra alla Regione».
Sull’ex presidente del consiglio comunale Antonio Macrì, imputato nel procedimento noto come «La morsa sugli appalti pubblici», Commisso ha detto che «Sicuramente partecipò al gioco teso a far eleggere Ritorto e Cherubino, sottovalutando il fatto che la caduta di un’amministrazione rappresenta il fallimento del consiglio comunale da lui presieduto».
Su Riccardo Ritorto, l’imputato ha detto che «Con lui avevo solo rapporti amicali, ma in politica eravamo distanti anni luce. Era nello staff del sindaco Figliomeni e fu eletto consigliere provinciale dalla maggioranza nel civico consesso, tanto che rimase in carica dal 2001 al 2010».
IL DOPO ELEZIONI REGIONALI DEL 2010
Commisso ha spiegato che «Subito dopo il risultato negativo della candidatura di Figliomeni le nostre strade in politica si divisero. Io mi dimisi subito dall’Mpa e decisi insieme agli ex assessori Francesco Rispoli e Giuseppe Ascioti e all’ex consigliere comunale Giuseppe Tavernese di costituire un gruppo autonomo – chi scrive lo definì giornalisticamente “Trac”, dalle iniziali dei suoi fondatori – che voleva ricomporre il centrodestra sidernese e lavorare per una candidatura alternativa a quella di Riccardo Ritorto nel ruolo di sindaco, perché lo ritenevamo non autorevole e inadeguato a ricoprire il ruolo di sindaco di Siderno. So che le altre forze del centrodestra sidernese non vedevano di buon occhio la lista che stavamo costituendo, che a ottobre venne alla luce ufficialmente e assunse la denominazione di “Siderno Futura” e temevano che una nostra lista alle Comunali del 2011 avrebbe potuto spaccare il centrodestra a Siderno, tanto che non mancarono le pressioni per farci desistere dall’intento».
A proposito delle intercettazioni a carico di Antonio Figliomeni classe ’49 detto “‘u Topu” che aveva propositi di vendetta contro Ritorto, da lui ritenuto uno dei principali artefici della caduta dell’amministrazione condotta dal fratello Sandro, Commisso ha detto di non avere mai parlato di politica con lui, ma solo di calcio. «Le nostre discussioni – ha detto – vertevano solo sul suo amore e il mio odio per la Juventus».
Successivamente, l’imputato ha detto che «Il progetto di Siderno Futura s’interruppe dopo che io ricevetti un avviso di garanzia perché non volevo che su di me gravasse il benché minimo sospetto». Nella primavera del 2012 Commisso fu sottoposto a custodia cautelare in carcere nell’ambito del processo “Falsa Politica”, per poi essere scarcerato dopo poco più di un anno.
ANTONIO COMMISSO NEI DIALOGHI DEGLI ‘NDRANGHETISTI SIDERNESI
«Nessuno di loro mi apostrofò personalmente mai in malo modo. Dalla lettura degli incartamenti processuali, invece, scoprii che mi chiamavano, parlando tra loro, “Cane sciolto“, oppure “Pisciaturi“, ossia “Cacatina“».
Commisso ha aggiunto che dopo l’operazione “Crimine” del 13 luglio 2010 non ebbe alcun rapporto con Sandro Figliomeni.
Dopo l’esame, né le parti civili, né gli avvocati difensori Giuseppe Belcastro e Francesco Commisso hanno inteso rivolgergli domande.