di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte web)
Nel concetto mass-media il concetto di massa ha assunto una connotazione quantitativa più che qualitativa di un insieme amorfo di individui. La manipolazione della pubblicità facendo leva su accattivanti immagini e snervanti slogan ci riduce al ruolo di semplici e potenziali consumatori-compratori propinandoci spesso una realtà che spesso non ci appartiene. Quasi in un assedio psicologico la persuasione occulta inculca desideri che affiorano successivamente sembrandoci autonomi.
I trailers (un minuto al cinema e trenta secondi in televisione) vengono montati per ingannare volutamente gli spettatori presentando in maniera accattivante storie in realtà non meritevoli di attenzione. Che dire della gratuita violenza in essi contenuta che ci attacca all’improvviso turbando la visione di altri programmi?
Critici radiotelevisivi, sociologi e politici continuano a scagliarsi anche contro la pubblicità sessista, perché la mercificazione del corpo, in particolare femminile, oltre che amorale, quasi sempre non è pertinente all’argomento di cui si parla negli spot. I messaggi–mantra sono i più svariati: dall’esaltazione della bellezza e della giovinezza come businnes a quello del consumismo fina a sé stesso.
Quindi dilaga una miriade di messaggi fuorvianti soprattutto per le personalità in fieri dei bambini e degli adolescenti che vengono condizionati così anche dalle proposte dei prodotti alimentari. Ad hoc sono iniziati da svariati anni, nelle scuole più attente ai bisogni pratici delle famiglie, dei percorsi formativi per l’educazione alimentare all’interno delle case o delle mense scolastiche. Invece latitano quasi del tutto gli incentivi pubblicitari alla lettura, confinata agli spazi scolastici.
Citando Umberto Eco: Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro. Non basta evidentemente la Pubblicità Progresso per i nobili scopi sopracitati e le multinazionali non di settore non hanno alcun interesse alla crescita completa delle nuove generazioni, anzi il loro interlocutore ideale deve solo rimanere sorpreso, colpito da ciò che vede e non si deve porre domande. Viene annullato ogni dubbio o remora nel messaggio consumistico e rassicurante per cui sei tu che devi correre dietro ai modelli imposti.
Guardando gli spot pubblicitari realizzati con scarsa inventiva artistica e accompagnati da slogan poco originali e talvolta criptici non ci resta che constatare ancora una volta il prevalere della società dell’immagine su quella della parola nell’imperante logica dell’usa e getta, con infamia e sanza lode in un costume sociale di pochi che influenza molti.