di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte web)
Internet ci ha permesso di accorciare le distanze, diminuire le barriere culturali, fare ricerche velocemente, acquistare merci, visitare una pinacoteca o un museo, effettuare operazioni bancarie o di altra tipologia, sbrigare pratiche burocratiche, essere aggiornati e ricevere immagini in tempo reale da tutto il cosiddetto “villaggio globale”ecc. Il progresso tecnologico ha senza alcun dubbio migliorato la qualità della vita, ma ha messo in evidenza disparità culturali: l’analfabetismo informatico e il cosiddetto“digital divide” cioè il“ divario digitale”. Anche nel mondo occidentale o cosiddetto sviluppato sono infatti numerosi coloro che ignorano l’uso del computer e dei linguaggi multimediali oppure non sono informati sulle applicazioni della telematica e della robotica e le loro vantaggiose applicazioni nel società di oggi. Quindi le nuove forme di comunicazione con gli strumenti ad esse deputati sono diventati ulteriori elementi di disuguaglianza sociale, culturale ed economica sia in base al livello di reddito che a quello di scolarizzazione e, in alcuni contesti sociali, presenza o meno di adeguati supporti di rete. Questo divario non riguarda solo le fasce di età più adulte che spesso sono le più curiose e desiderose di apprendere l’uso nuovi mezzi di comunicazione, ma purtroppo anche i giovani che sono privi, anche talvolta all’interno delle pubbliche strutture scolastiche, di adeguate attrezzature didattiche informatiche. Per “digital divide” s’intende anche la sempre più profonda frattura fra i Paesi sviluppati e quelli sottosviluppati, fra chi usa i media digitali e chi non li può utilizzare sempre per motivi economici. La causa è spesso il precario adeguamento di alcune Nazioni o l’esistenza di zone troppo remote, isolate o difficili da raggiungere che non rappresentano quindi un investimento appetibile per le compagnie addette alle telecomunicazioni.
Una sostanziale e ulteriore differenza quindi non solo tra i Paesi ricchi e quelli più poveri, ma anche fra le stesse categorie sociali all’interno delle Nazioni più industrializzate. Tutti, indistintamente, dovrebbero avere l’opportunità di usufruire degli innumerevoli vantaggi offerti dal digitale, anche se questi, da soli, non garantirebbero automaticamente lo sviluppo nei campi di competizione economica internazionale. D’altro canto sono sotto gli occhi di tutti i vantaggi della rete nelle relazioni internazionali e nelle più disparate situazioni di urgenza: basti pensare alle catene di soccorso in occasione delle calamità naturali e delle guerre o quelle di solidarietà per finanziare le ricerche mediche o aiutare le popolazioni più bisognose. L’ipertecnologia d’altro canto rimarrebbe arida e imploderebbe se non fosse dedita in modo trasversale al servizio dell’intera comunità internazionale. Non esiste per fortuna esclusivamente la “ragione tecnologica”, ma soprattutto la “ragione umana”. Di grande interesse per l’Italia è l’obiettivo che si è posto Open Fiber come da dichiarazione del suo AD: la riduzione del digital divide realizzando la più evoluta rete di comunicazione con l’investimento di circa 17 miliardi fino al 2032. Il voler realizzare una copertura massiccia in fibra ottica assume anche una valenza di sostenibilità sociale per permettere il ripopolamento di aree abbandonate, sviluppare in questi luoghi realtà imprenditoriali e fornire servizi adeguati agli eventuali visitatori.