di Antonio Baldari
Se c’è un duello in Italia che è duro a morire questo è senz’altro quello che attiene alla Politica contro la Giustizia, una lotta che è antica quanto il mondo ma che è sempre nuova aggiornandosi in continuazione di capitoli più o meno discutibili ma che di certo portano discussione, dibattito e, semmai, confronto laddove lo si accetti facendo emergere un sia pur piccolo straccio di verità.
Che è quello si vorrebbe emergesse dalle nuove posizioni assunte dalla Politica rispetto ai test psicoattitudinali per i magistrati, a partire dal 2026, per valutarne meglio il profilo umano e professionale e, in ultima analisi, l’adattabilità al consequenziale esercizio della professione; dal canto suo, il mondo della Giustizia non si è fatta attendere più di tanto nella propria reazione.
Ed espressione della propria idea di fondo che assomiglierebbe ad una pseudo apertura, chiamiamola così, con il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri che nel merito si è così pronunciato: “I test psicoattitudinali? Se li vogliamo fare, dovrebbero essere fatti per tutti i settori apicali della pubblica amministrazione, per chi ha responsabilità di governo e per chi si occupa della gestione della cosa pubblica, ed anche narco-test ed alcol-test perché chi è sotto effetto di droga non solo può fare ragionamenti alterati ma è anche ricattabile”.
Questo il Gratteri-pensiero rispetto all’ultima “trovata” di Palazzo Chigi, con il Governo centrale romano sempre pronto a mostrarsi esemplare rispetto agli altri, dettando legge, distribuendo imperativi ed indicando la via agli altri ma mai a sé stessa, a coloro che ne fanno parte, già discutibilmente con il metodo classico della “raccolta voti” – e non parliamo delle modalità con cui essa viene messa in atto, per non dire praticata – per poi stare lì non venendo sindacati da alcuno.
Salvo poi rimettere tutto nelle mani e nella matita dei cittadini-elettori, con le modalità di cui sopra, più o meno discutibilmente praticate, per il resto guai ad avvicinarsi a loro o dubitare del loro essere integerrimi, anche perché, se lo fai, loro ci mettono un nanosecondo a compattarsi e a rimandare al mittente le accuse, tranne qualche caso “disgraziato” che non rientra evidentemente nelle loro grazie ma che, comunque, trova il modo di uscirne più pulito di prima.
Ordunque, plaudiamo alla bacchettata del giudice calabrese, originario di Gerace, per l’apertura assicurata alla compagine di Governo ed al contempo per la contro-proposta che non può che essere condivisa soprattutto da coloro i quali, anche in politica, non hanno nulla da temere e, in special modo, da nascondere. Per il bene esclusivo dei cittadini, naturalmente!