Il Comune di Bovalino, il Caffè Letterario “Mario La Cava” e l’Associazione Culturale “Magna Grecia Pieve Emanuele” presentano “Disegnare con la luce”, una manifestazione culturale da vivere nel borgo di Ferruzzano attraverso l’obiettivo di un giovane appassionato che ci consegna dodici scatti essenziali che parlano di noi e della nostra identità di cui è necessario riappropriarsi.
di Antonio Baldari
Una serie di scatti realizzati nel borgo di Ferruzzano, paesino che sorge su un’altura rocciosa nella provincia di Reggio Calabria: questo è “Disegnare con la luce”, un lavoro realizzato da Giuseppe Vottari, giovane e appassionato fotografo, che così consegna all’eternità, impressa nella scrittura fotografica, la vita interrotta di un borgo calabrese, che il Comune di Bovalino; il Caffè Letterario “Mario La Cava” e l’Associazione Culturale “Magna Grecia Pieve Emanuele” presentano domenica prossima, 5 maggio, a partire dalle ore ore 18, nella storica sede di corso Umberto I, 114, in un racconto dei luoghi attraverso l’obiettivo, e nel contesto più ampio, di una mostra fotografica del summenzionato Vottari.
Gli scalettati interventi saranno di Pasquale Blefari, assessore alla Cultura del Comune di Bovalino; Pasquale Casile, storico, ricercatore grecista, vicepresidente dell’Associazione Culturale “Magna Grecia Pieve Emanuele”, e infine di Domenico Stranieri, sindaco di Sant’Agata del Bianco; a condurre la kermesse la giornalista Mariateresa Ripolo, per questi borghi per lo più definiti “Abbandonati”, “fantasma”, oltreché colpiti dal lento e inesorabile spopolamento.
L’abbandono poiché collegato alla necessità di mettersi in salvo, come accaduto agli abitanti di Ferruzzano Superiore il 23 ottobre 1907, quando un terremoto ne devastò le vite e la quotidianità, cambiandone irrimediabilmente la storia; l’abbandono che è connesso alla necessità di partire perché alternativa non c’è, come accaduto troppo spesso e come spesso accade ancora, con le crepe nei muri corrosi dal tempo, i mobili rotti e usurati, l’erba incolta e le ringhiere arrugginite.
Una rivista che sigilla la memoria in una data: 1981. È il racconto per immagini di una vita semplice e autentica, che sembra essere stata interrotta improvvisamente, immagini attraverso le quali sembra quasi possibile ascoltare il suono di un silenzio irreale, quello dell’abbandono: in questi dodici scatti il racconto dell’abbandono è centrale, un tesoro prezioso di immagini catturate e riprodotte in un “hic et nunc” che fissa un luogo e un momento preciso.
Un “qui e ora” in cui il filo conduttore, che ha guidato il clic della macchina fotografica, è l’attenzione ai borghi, a quei borghi che segnano l’origine dei nostri paesi, borghi che sono stati colpevolmente o meno ma di certo a lungo trascurati e dimenticati, in ogni caso in grado di raccontare una storia e di custodire una memoria, che tocca a noi ricordare e tramandare radici profonde che parlano di noi, della nostra identità di cui è necessario riappropriarsi.