di Patrizia Massara Di Nallo
Da un’intervista di Lidia Tilotta, giornalista del Tgr, a Pietro Bartolo, medico di Lampedusa, è scaturita l’idea di mettere per iscritto i ricordi di venticinque anni di lavoro del celebre dottore, oggi europarlamentare, per non far cadere nel dimenticatoio dell’indifferenza e dell’anonimato tragici avvenimenti che ancor oggi segnano socialmente ed eticamente la nostra epoca. Dalla loro collaborazione è nato un libro scritto a quattro mani in cui Lidia Tilotta, imprimendo una limpida ed armonica efficacia comunicativa ai capitoli, accompagna il complesso tessuto narrativo di Pietro Bartolo, mentre l’ordito e la trama si intrecciano su due piani analiticamente paralleli: quello della vita privata del medico e degli affetti che l’hanno accompagnato e quello della sua vita professionale dai ricordi più incisivamente devastanti.
Scendevano sul suo viso sciogliendo quel sale che il sole aveva attaccato alla sua pelle. Erano lacrime di sale, sono quelle versate dal padre malato di P.B. che sembrano confondersi in un afflato umano con le lacrime dei migranti e con le gocce del Mare Nostrum, tirannico sia con l’una che con le altre esistenze. La Lampedusa che ha connotato la sua vita e la sua famiglia di pescatori è infatti il medesimo scenario dentro il quale ora vengono catapultati i migranti. Erompe così una sorta di analogia fra la sua infanzia permeata dai capricci del mare e la sorte dei migranti appesa al rullìo del vento e alle burrasche.
I ricordi delle vicissitudini personali si intrecciano a quelli confessati dai profughi, gli uni a tratti traslati dal tempo in affettuosa poesia e gli altri legati indissolubilmente a ferocia e orrore, ma tutti riletti con la medesima compartecipazione emotiva.
Chi avrebbe potuto capire quelle persone se non lui, Pietro Bartolo, che ha rischiato da piccolo di annegare, che ha partecipato agli ingenti sacrifici della sua famiglia per proseguire gli studi lontano dalla terra natìa, che infine ha visto consumare la vita di suo padre sul mare? In “Lacrime di sale” soffuse note malinconiche racchiudono sia questi accomunati destini sia l’aspro paesaggio di Lampedusa, il suo isolamento e il suo far da sentinella a naufragi fisici e spirituali mentre l’incedere naturale della parola disvela con circospezione ricchezza di colori ed energie intorno.
Nella strutturazione sintattica lineare e vigorosa della Tilotta gli umori di P. B., scaturiti da un’intensa riflessione interiore, palesano i vuoti e le angosce del personale ed essenziale colloquio del medico con la bellezza naturale della propria terra. Una vita, sempre in prima linea nei soccorsi, che lo vede affrontare situazioni raccapriccianti o raccogliere le storie dei sopravvissuti ai campi profughi ed ai naufragi in un’incessante e disconosciuta guerra che coinvolge solo la parte povera del mondo. Anche coloro che si salvano dal mare sono in ogni caso vinti e rivelano, attraverso sguardi perduti di mute sofferenze, fragilità e violenze subite, pudori e rare ribellioni. Amina e le altre donne bruciate dal combustibile a bordo, Jasmine e la sua piccola Gift, Joi ragazza nigeriana incinta, Sara violentata, l’orfano Anuar, il giovane evirato e Hassan con il fratello paralitico sono storie sconosciute portate alla nostra attenzione in un sferzante crescendo di commoventi radiografie interiori.
I perigliosi e infidi viaggi dei migranti attraverso il deserto così come le torture in Libia, la vendita degli organi per poter partire così come gli oggetti volontariamente ingoiati per non essere rispediti indietro, sono alcune delle coordinate entro cui si snoda la narrazione a voler restituire una seppur minima parte di dignità a tutti quelli di cui P.B. è stato il confidente nel corso degli anni e al contempo ricordare coloro che hanno trovato l’epilogo terreno nei mortuari sacchi verdi.
Per Bartolo quelle anonime custodie sono diventate il suo continuo tormento per essere costretto, nel tentativo di identificarli, ad oltraggiare i corpi restituiti dal mare. Senza far mai alcuna differenza tra profughi e migranti economici si è incessantemente prodigato, con l’ indispensabile complicità e il totale supporto della moglie Rita, per ricongiungere le famiglie divise, ospitare ragazzi, cercare di farli adottare o tentare di farlo lui stesso, come nel caso di Favour, una bambina nigeriana.
Nonostante abbia potuto apprezzare e contare anche sulla collaborazione dei Lampedusani, il suo lavoro fra piaghe, disidratazione, ipotermia, scabbia e infezioni tropicali non ha mai subito battute di arresto, anche dopo un ictus che lo ha colpito. Uno dei miei crucci, però,è quello di non possedere gli strumenti per curare le ferite dell’anima.. quali parole si trovano di fronte ad un uomo che fra le onde ha lasciato andare la mano del figlio, decidendo di sacrificarlo, per avere la possibilità di salvare la moglie con l’altro piccolo in braccio? Avendo assistito impotente a una delle più grandi tragedie in mare, quella dell’ottobre 2013, dai suoi peggiori e frequenti incubi Emerge il quadro strappato dei giovani sui fondali somiglia sempre di più allo straordinario capolavoro di Picasso, Guernica, con tutto il suo carico di violenza e brutalità.
E dalla coerenza alla sua scelta di vita è scaturita la quasi indifferenza per l’Orso d’oro, premio conferito all’opera di Gianfranco Rosi Fuocoammare di cui P.B. è protagonista, tanto da affermare Era il mio red carpet quello su cui scorreva la vita vera. La prosa pacata e mai rassegnata, non edulcorando descrizioni struggenti o immagini crude, si rifugia ora nella sincerità dell’introspezione, ora nell’essenzialità degli episodi, vissuti con uno sguardo professionale ma mai distaccato.
La coinvolgente drammaticità del libro disgrega la dimensione temporale e percependo il regolare battito delle cose offre una testimonianza di universale ampiezza e respiro in una sospensione di inutili giudizi sulle vicende narrate. E inevitabilmente mentre il registro della storia si sviluppa fra inenarrabili eventi, il naufragio dei migranti diviene naufragio esistenziale dell’umanità che infine fallisce nel soffocamento e sradicamento di ogni pietas. Azioni frenetiche nella folla delle emozioni, paesaggi brulli, pensieri decisi o inquietanti, contemplazione insonne negli scorci delle attese vengono incastonati nel tempo infinito della prosa trasformando l’epopea personale e storica in ulteriore occasione, per il lettore, di meditazione sull’amore, la fratellanza e la solidarietà. Non è utopia, ma concreto e salvifico senso del vivere.