di Patrizia Massara Di Nallo
I pupi rappresentano le gesta dei più grandi eroi medievali (come Carlo Magno 742 d.C. – 814 d.C. ) che lottarono per la cristianità contro i Saraceni e sono nati come rappresentazione teatrale. I giganti, pur facendo riferimento allo stesso periodo storico VIII- IX secolo d.C., sono una manifestazione prettamente popolare e vogliono ricordare i festeggiamenti dopo la liberazione dalla dominazione saracena e quindi la conquistata libertà dei Calabresi e dei Messinesi.
I giullari medioevali, che viaggiavano intrattenendo le corti del tempo, assumevano il ruolo di veri e proprie cantastorie raccogliendo, come dei cronisti, le verità storiche e inaugurando con la loro fantasia un primordiale cinematografo nella tessitura di nuove trame e nella descrizione con disegni a colori su tavole. La verità storica più saccheggiata, giunta al popolo dopo anni dalla fine degli eventi reali, narrava di come Carlo Magno, il prode re dei Franchi (VIII-IX secolo d.C.) avesse cacciato gli Arabi dalla Spagna e di come, nella celeberrima sconfitta di Roncisvalle, la sua retroguardia, comandata dal prode conte Orlando (Rolando per i Francesi) fossa stata sconfitta dai Baschi, popolo indigeno spagnolo che si era alleato con gli Arabi. Lo scontro, sanguinosissimo, fu oltretutto ingigantito nelle cosiddette chansons de geste (canzoni di imprese, tipica invenzione epica francese che dette origine all’epopea carolingia), secondo cui Carlo Magno, udito il suono del corno di Orlando che lo chiamava in aiuto, tornò indietro a combattere contro i Saraceni e a vendicare il tradimento del conte Gano. A questo poema seguirono molti altri sulle imprese dei paladini, nelle quali questi ultimi si cimentavano nel difendere la Fede, loro motivazione principale, e accorrevano in aiuto dell’amata, codificando regole che ebbero seguito anche nella letteratura italiana, precisamente quelle dell’amor cortese dei cavalieri per le loro dame. Il ciclo carolingio si fonde, quindi, con le storie delle lotte contro gli infedeli e, nei secoli successivi, con le crociate per liberare la Terra Santa dai Turchi. Dall’Inghilterra perviene, invece, la storia dell’amore di Tristano e Isotta e quella del condottiero Parsifal votato alla conquista del Sacro Graàl (la coppa che secondo la tradizione fu usata da Nostro Signore durante l’ultima Cena). Gli iniziatori dell’Opera dei pupi a Catania furono: don Gaetano Crimi (1807 – 1877), che aprì il suo primo teatro nel 1835, e Giovanni Grasso (1792-1863), mentre a Palermo furono don Gaetano Greco (1813-1874) e Don Liberto Canino.
I pupi nacquero dall’abilità di artigiani e di manovratori (detti manianti) e sopratutto dal desiderio di mettere in scena le gesta del ciclo carolingio dando vita a una forma artistica unica al mondo. Infatti quest’arte divenne una vera e propria tipologia di teatro popolare e prese piede, anche con altre forme, in Veneto, Emilia, Toscana, Campania e in altre pari d’Italia. Non fu difficile creare pupi come Carlo Magno,per esempio, con corone ferree dalle quali si ergevano foglie dorate e fra le quali si intrecciava un fazzoletto rosso e dorato, a guisa di turbante annodato dietro, con pettorali in ottone fregiato, alti calzari e la Durlindana, la famosa spada di Carlo Magno, grossa e pesante.I Giganti:Marta e Grifone. Il fatto storico riporta che nel 1190 Riccardo Cuor di Leone, re d’Inghilterra, giunse a Messina da dove doveva partire la terza crociata. Essendo i Messinesi oppressi dai Saraceni, il Re d’Inghilterra fece costruire, sul colle di fronte a loro, un imponente castello dal nome Matagriffon, ovvero “ammazza il ladro”. Riuscì in questo modo a dimostrare la propria potenza cosicchè gli invasori abbandonando per sempre la città. Per festeggiare l’evento, i messinesi portarono nelle piazze la raffigurazione in cartapesta del castello di Matagriffon e, successivamente, lo sdoppiarono nei due personaggi di Mata e Grifone rappresentati in groppa a due cavalli. Negli anni, sulla base del reale fatto storico, è stata ricamata una leggenda.
La leggenda narra di Marta o Mata una fanciulla cristiana, e di Grifone, un crudele gigante saraceno, a capo di un esercito dedito alla pirateria. Proprio durante un’incursione a Messina, Grifone scorse Mata tra la folla e se ne innamorò, ma il rifiuto di Mata fece aumentare le sue angherie nei confronti della popolazione locale. Allora i genitori di Mata la trasferirono segretamente in un altro luogo, ma Grifone riuscì a scoprire il nascondiglio e rapì la fanciulla. La ragazza, trovando forza nella preghiera, respinse il saraceno che, finalmente, comprese che l’unico modo per conquistare Mata era rinunciare alla vita condotta fino quel momento e convertirsi al cristianesimo. Soltanto così riuscì infatti a mutare l’opinione della giovane che cominciò a guardarlo con ammirazione e affetto. Dalla loro unione nacquero numerosi figli e la tradizione siciliana indica Mata e Grifone come i progenitori degli abitanti di Messina.
Dalla leggenda alla rappresentazione popolare il passo fu breve. Mata e Grifone divennero due fantocci di cartapesta rappresentati alti e maestosi per simboleggiare la potenza degli antenati messinesi. In seguito i Giganti sono così diventati simbolo di libertà, sia in Sicilia che in Calabria, anche in molte altre città che avevano subito l’invasione saracena. Infatti oggi, in occasione di festività patronali o di altri eventi popolari, i Giganti si portano danzando per le vie di Messina, ma anche di Palmi, Seminara, Rosarno, Polistena, San Giorgio Morgeto, Anoia , Maropati, Taurianova, Melicucco, Delianuova, Cittanova, e Scilla sul versante tirrenico della provincia reggina e per le vie di Siderno, Ardore, Platì, Bovalino sul versante ionico. Un’altra è la leggenda che si tramanda in Calabria, quella “d’u Giganti e d’a Gigantessa”. Essa, molto simile al precedente racconto, narra la storia d’amore nata tra il Gigante, il Re Nero Grifone e la Gigantessa Mata. Si narra che il Re Nero, giunto per conquistare la nostra terra di Calabria, si invaghì della bella popolana Mata. I due si innamorarono, ma, quando Grifone chiese la sua mano, gli venne negata perché era musulmano. Dovette così convertirsi al cristianesimo e il suo nome da Hassan divenne Grifone, per via della sua mole.A Palmi, per esempio, i Giganti, che appartengono alla Venerabile Congrega di Maria Santissima Immacolata e del glorioso San Rocco, danzano durante le feste patronali di San Rocco e anche della Varia. La copia più antica dei Giganti è stata realizzata dall’artigiano Francesco Virgilio Cicala nel 1885. In origine, erano di legno leggero e cavo e superavano gli otto metri di altezza, mentre oggi sono di cartapesta e più bassi. Ciascuno dei Giganti è sorretto da un portatore che si posiziona nella parte inferiore del busto cavo, reggendo delle maniglie. Di questi personaggi esistono varie copie, abbigliate e decorate diversamente a seconda della festività e della congrega a cui fanno riferimento. Il ballo dei Giganti, che racconta la loro storia d’amore, si apre a suon di tamburi con una serie di giravolte mentre essi avanzano per le vie del paese e man mano si avvicinano in un abbraccio. Inoltre partecipa allo spettacolo un cavallo che, volteggiando in mezzo alla coppia, cerca di separarla.
A Seminara, invece, al posto del cavallo c’è un cammello che, non riuscendo a separare gli innamorati, avanza per le strade precedendoli. La danza dal ritmo assordante e frenetico dei tamburi termina con un lungo bacio dei due fantocci. Mata, dalle guance rosa, è molto appariscente e indossa gioielli vistosi e vestiti sgargianti, mentre Il Re Nero è dalla pelle scura con baffi o barba nera e una corona, invece i tamburinari sono vestiti da Saraceni.