di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Wikipedia)
A Natale la tradizione culinaria calabrese, come in altre regioni d’Italia, si è dimostrata alquanto camaleontica. Un antico proverbio, raccolto dall’etnologo Raffaele Lombardi Satriani, recita Cu’ no dijuna ‘a viglia i Natali , mori allu scuru comu li cani, ma evidentemente, con il trascorrere dei decenni, il digiuno è stato sempre meno preso alla lettera. Si è verificata, infatti, una tipica trasformazione della cultura popolare che, rifacendosi al cibo quotidiano delle classi meno abbienti, si è convenientemente limitata ad escludere dalle pietanze natalizie solamente le carni. Il cambiamento popolare dell’usanza del digiuno, quindi, tende ad una cucina agognata ed elaborata, in ogni caso diversa anni-luce dal cibo quotidiano.
La vigilia di Natale, sulle tavole calabresi, vengono osservate rispettosamente le tradizioni locali che impongono generalmente semplicità nelle pietanze e menu di magro o vegetariani, basati su ortaggi, paste, pesce esclusivamente azzurro, dolci e frutta, sia fresca che secca. Cibi di rito sono il capitone e l’anguilla (mutuati dalla tradizione partenopea) e la ghiotta con stoccafisso ( da noi pescestocco o stocco) e cavolfiore ( come addirittura riporta la prima Guida ufficiale di Reggio Calabria e dintorni del 1928).
La cena di Natale si consuma obbligatoriamente in casa cercando di mantenere la ritualità delle tredici pietanze, come impone la tradizione sottolineata dall’antropologia, a cominciare dalla pasta con mollica e alici, la varietà di dolci e delle fritture. Infatti, un antico proverbio assimilato nella cultura popolare, facendo riferimento alla casa dove per Natale non si preparano le tradizionali fritture, recita: Amara chilla casa ch’un se fria (sventurata la casa che non frigge). Secondo usanza, si usano friggere le ciambelle (dette pettole o pittule e conosciute anche come cullurieddri o grispelle) preparate con un impasto a base di patate, farina e lievito. A causa della loro classica forma a corona, venivano anticamente infilate nei bastoni da pastori e viandanti, per facilitarne il trasporto. Il loro nome deriva dal greco κολλύρα (collura), che significa appunto corona. Precisamente il cullurellu (oppure culluriellu, cuddrurièddu, cuddrurìaddru, crustulu, cururicchiu) è un dolce tipico natalizio preparato nella provincia di Cosenza, di Crotone e di Vibo Valentia.
(Ciambelle di patate – foto Wikipedia)
Al contrario, nel reggino, si friggono i crispeddi (le crespelle) farcite nei modi più svariati, dolci e salate, dalla classica forma rotonda o allungata. Alcuni fanno risalire le origini della ricetta ai Francesi, altri ai Latini, o addirittura agli antichi Greci. Si preparano a partire dal giorno dell’Immacolata per tutto il tempo festivo e, soprattutto, per il pranzo della Vigilia di Natale o di Capodanno. La tradizione le vuole riempite con le alici sotto sale oppure senza ripieno cosparse di zucchero o miele, per la gioia soprattutto dei bambini, ma si sono inventate molte varianti che le vedono riempite di ricotta oppure di pomodori secchi. Sempre secondo una tradizione, oggi per lo più poco seguita, è necessario preparare l’impasto la sera prima e lasciarlo riposare tutta la notte. Il giorno seguente viene ripreso e lavorato con energia e velocità, battendo la pasta contro i lati del recipiente fino a quando non si staccherà da sola dalle pareti del caratteristico antico recipiente di creta, detto baunu ( nome di origine greca). Infine, per ogni crespella si farcisce una piccola quantità di pasta lievitata e si frigge fino a doratura. Ricetta:
ingredienti: 500 gr. di farina 00 – 400 gr. di acqua – 1 cucchiaino raso di sale – ½ cubetto di lievito di birra (12-13 gr. circa). Per la farcitura dolce: zucchero semolato q.b. – uva passa – vino cotto calabrese – miele – ricotta di pecora. Per la farcitura salata: alici sott’olio – cavolfiore bollito e salato – pomodori secchi sott’olio – stoccafisso o baccalà bollito – fiori di zucca – ’nduja.
(Crespelle – Foto Wikipedia)
In alcune zone della Calabria c’è un primo piatto che a Natale è d’obbligo: gli spaghetti conditi con pane grattugiato e acciughe a pezzi, la cosiddetta pasta e muddica , mentre altre tradizioni preferiscono la pasta e broccoli, soprattutto quelli neri. Un secondo, questo in genere preferito nel reggino, prevede baccalà infarinato o passato prima in una pastella di acqua e farina e fritto. Altri secondi sono lo stoccafisso in umido con i pomodorini oppure le alici in tortiera a cui, in particolare a Bagnara Calabra, si aggiungono capperi e olive. I contorni ai piatti dovrebbero essere circoscritti ai broccoletti saltati o alle insalate verdi.
Nei giorni precedenti, anche con molto anticipo data la laboriosità di alcune ricette, si provvede a preparare i dolci ,la maggior parte dei quali contengono miele d’api o di fichi, vino e mosto cotto. E’proprio grazie ad essi ed (è il caso di dirlo) dulcis in fundo che, finalmente, si può raggiungere l’obiettivo delle tredici portate quale conosciutissima usanza. I dolci,conditi di miele e cosparsi di zucchero semolato, sono preparati in una varietà degna di nota: dai turdilli cosentini (piccoli gnocchetti fritti e passati nel miele di fichi) alle scalille, anch’esse cosentine, con l’anice fino ai ciccitielli di Crotone (sempre all’anice) ed alle chinulille (a forma di mezza luna ripiene di ricotta fresca o di mostarda d’uva). Come non menzionare i chinuliji che si preparano a Pizzo Calabro e sono dolci fritti ripieni con un impasto a base di ceci e frutta secca e la pittapìa, anche della città di Pizzo Calabro e del vibonese, che consiste in pasta frolla fatta a forma stella e ripiena di marmellata d’uva, cannella, pinoli e tanto altro. La più famosa pitta ‘mpigliata, tipica di San Giovanni in Fiore (CS) e di Catanzaro, è costituita da una sottile sfoglia ripiena di noci, mandorle, uva passa, miele, attorcigliata su sé stessa e legata con uno spago (da qui il suo nome) per mantenere la forma di una torta durante la cottura in forno oppure si opta per la pitta‘nchiusa formata da tante piccole roselline a base di frutta secca, spezie e miele. Da assaggiare assolutamente sono i celeberrimi torroni IGP di Bagnara, classici o farciti con pan di Spagna imbevuto di rum. Le susumelle, invece specialità di biscotti della zona di Reggio Calabria, sono nate come dolci natalizi anche se oggi si possono trovare durante quasi tutto l’anno. Si presentano sotto forma di panetti ovali, di circa 10 cm di lunghezza, che possono essere ricoperti di miele o cioccolato nero o bianco, anche se, talvolta, all’impasto vengono aggiunte uvetta o frutta candita Solitamente sono accompagnati da vino zibibbo o da limoncello. Soprattutto nelle province di Catanzaro e Crotone troviamo le nepitelle, dolcetti a forma di mezzaluna tipici delle festività del Natale e Pasqua, ma che oggi si possono gustare durante tutto l’anno. Il loro nome, derivante dal latino nepitedum che significa palpebra, indica la caratteristica forma e, per quanto riguarda le origini, esse sembrano intrecciarsi con la cultura araba mentre, relativamente più recente, è la menzione nel Vocabolario calabro-italiano del 1895.
Tipici del reggino sono i “petrali” dolci che necessitano di una lunga preparazione e, come avviene in tutta Italia per altri dolciumi, farciti con i prodotti tipici della stagione invernale: fichi secchi, mostarda, noci, ecc. Di seguito riportiamo la ricetta. Pasta frolla: 600 gr. di farina per dolci – 4 uova medie – 90 gr. di burro – 240 gr. di zucchero semolato – 1 limone non trattato (buccia grattugiata) – 1 cucchiaino di estratto di vaniglia (i semi di mezza bacca di vaniglia o vanillina) – 1 pizzico di sale fino – 10 gr. di lievito per dolci. Ripieno:
125 gr. di fichi secchi – 25 gr. di uva passa -25 gr. di nocciole tostate – 25 gr. di gherigli di noci – 25 gr. di mandorle pelate – 20 gr. di cacao amaro – 50 gr. di zucchero semolato – 50 ml di caffè (+3 cucchiaini di zucchero) – 70 gr. di marsala- 20 gr. di vermouth – 2 mandarini non trattati (buccia grattugiata). Per decorare: 1 uovo medio – 300 gr. di cioccolato fondente – confettini colorati. Preparazione: preparare il caffè e zuccheratelo con lo zucchero. Immergere l’uva passa per 10 minuti in acqua calda e poi scolarla. Eliminare dai fichi secchi il picciolo e dividerli a metà, metterli in una ciotola, irrorarli con il caffè caldo e lasciarli riposare Tritare la frutta secca grossolanamente, aggiungere le mandorle, i gherigli di noci, l’uva passa scolata e strizzata e le nocciole tostate. Mettere tutto in una ciotola e aggiungere il cacao, la scorza di mandarino grattugiata, lo zucchero il marsala e il vermouth) e mescolare. Coprire e far riposare in frigorifero per più di 48 ore. A parte preparare la comune pasta frolla e lasciarla riposare in frigo per circa 30 minuti. Dopo trasferire l’impasto su una spianatoia leggermente infarinata, stenderlo in una sfoglia spessa circa 4-5 mm e con una formina di 8-10 cm di diametro ritagliare dei dischi. Al centro di ogni disco mettere un cucchiaino di ripieno,richiudere il disco formando una mezzaluna e schiacciare delicatamente i bordi per farli aderire. Spennellare sulla superficie l’uovo sbattuto e fare aderire i confettini colorati. Infornare a 180°C in forno già caldo in modalità statica o a 160°C. Per glassare i petrali con il cioccolato, sciogliere il cioccolato a bagnomaria o metterlo un minuto circa al microonde. Intingere la bombata parte superiore dei petrali nel cioccolato fuso e,prima che il cioccolato indurisca, fare aderire i confettini colorati.
La ciciarata o cicerchiata è un dolce natalizio tradizionale sia della Calabria sia di altre zone del Sud d’Italia, molto somigliante alla pignolata carnevalesca e formato da palline di impasto con farina e strutto, fritte e ricoperte di miele e confettini.
Le nacatole, conosciute anche come nucatole, assumono un significato profondo e commovente perché presentando una forma intrecciata che ricorda una culla (naca in calabrese), simboleggiano la culla del Bambino Gesù. Preparate con farina, lievito e burro, si friggono e si cospargono poi di zucchero a velo.
Alla fine del menu arriva anche la frutta di rinforzo che vuole richiamare, almeno nel nome, la tradizionale insalata di rinforzo del napoletano: arance, mandarini, melograni,finocchi, meloni e la frutta secca, a cominciare dai fichi fino alle nocciole, alle noci e alle mandorle. Ed, alla fine,gli imperterriti cultori della tradizione “osano” temerariamente mettere sulla tavola anche una ciotola di lupini da gustare con il vino.
(Torrone gelato- foto Pellaro.net)
In questo excursus gastronomico, certamente non può mancare il torrone gelato (turruni gilatu) altro particolarissimo dolce caratteristico del reggino, più in particolare di Reggio e Bagnara, ma anche della città e provincia di Messina. In realtà, al contrario di quanto potrebbe far presupporre il suo nome, non è un gelato, ma un torrone molto morbido, costituito da un impasto di essenze aromatizzate di diversi agrumi e zucchero fondente a vari colori, a cui vengono aggiunti canditi e mandorle; il tutto viene poi rivestito da una copertura di cioccolato. Talvolta, a seconda dell’estro dei pasticceri, è confezionato a forma di tronchetto, denominato appunto tronchetto gelato, con tanto di striature sulla superficie del cioccolato a imitazione della corteccia di un tronco d’albero. Tutte queste pietanze, più o meno familiari a seconda della zona di provenienza e della volontà di mantenere negli anni alcune tradizioni della nostra terra, comunque, tutte incarnano la ricchezza culinaria regionale e l’estro perpetuato nei secoli mentre sembra che, nella sapiente unione degli ingredienti, vengano traslati i sentimenti di collaborazione e condivisione principi indiscussi delle festività natalizie.
Inoltre, la Città Metropolitana di Reggio Calabria,proprio in questi giorni, nell’ambito delle attività di promozione della tradizione dolciaria, ha promosso la realizzazione, insieme alle Associazioni di categoria, della “Carta dei dolci tipici del territorio metropolitano di Reggio Calabria” da diffondere presso le attività di ristorazione e di ricettività del territorio. La carta sarà definita dai rappresentanti delle associazioni di categoria partner del progetto, ma si è ritenuto, tuttavia, di voler coinvolgere attivamente la cittadinanza, attraverso un contest dove ognuno potrà proporre un dolce della tradizione locale da sottoporre all’attenzione della commissione. La commissione di pasticceri esaminerà le proposte pervenute per decidere di inserire, nella Carta dei dolci, una o più proposte in linea con l’obiettivo descritto. I criteri di partecipazione al contest stabiliscono che ogni utente potrà proporre un solo dolce completo di nome, ingredienti ed eventualmente ricetta e il dolce proposto dovrà contenere ingredienti identitari del territorio metropolitano di Reggio Calabria.