di Adelina B.Scorda
BOVALINO – Volano in cielo, in un freddo pomeriggio di febbraio, decine di palloncini bianchi corrono insieme verso l’infinito a porgere l’ultimo saluto ad uomo che troppo in fretta ha lasciato la sua comunità. Un paese contrito, silenzioso ha occupato ogni angolo della Chiesa, molti altri sono rimasti in piazza, tanta era la folla che in massa si stretta insieme nello stesso dolore, la morte di Padre Giuseppe Castelli parroco di Bovalino, rapito alla vita da un male incurabile.
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Un male scoperto troppo tardi che in un mese dall’amaro verdetto dei medici ha consumato il suo corpo. La sua anima, però, seppur colpita da una notizia così devastante è rimasta viva, salda nella fede e legata nell’amore al luogo che per 20 anni ha servito con dedizione. “Bovalino è una terra che va accolta e amata – disse padre Castelli il giorno in cui fu ordinato parroco di Bovalino – e chi non la ama non può stare bene”, e padre Giuseppe, come ha ricordato il sindaco Mittiga, ha accolto e amato la nostra comunità. E con lo stesso amore la sua comunità, le parrocchie limitrofe, insieme, all’arcivescovo metropolita Monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, al vicario generale della diocesi di Locri-Gerace, Cornelio Femia e al clero diocesano, con le autorità locali, hanno porto l’ultimo saluto a Padre Giuseppe, un amico per molti, un fratello per tanti, ma per tutti sicuramente una guida.
Oggi nel giorno del suo funerale, su quel pulpito che in 14 anni lo ha visto, da parroco, predicare amore, e unione la sua voce pacata e serena manca a chi ascolta l’omelia dell’arcivescovo Morosini, che racconta di un amico, di un padre, di un uomo che ha accettato con fede la morte che per quanto inspiegabile, repentina e crudele, ha una ragione, la fede. E se molti erano i progetti che padre Giuseppe aveva per la sua comunità, nel progetto di Dio il parroco di Bovalino aveva compiuto la sua missione. Difficile da accettare o da comprendere, ma sta proprio qui la forza della fede, di quello Spirito che padre Giuseppe invocava alla fine di ogni sua omelia, dicendo proprio cosi: “… E che lo spirito ci accompagni”. Di questo ha bisogno adesso la famiglia religiosa e terrena di padre Castelli, ha bisogno di fede, amore e unità, facendo continuare a vivere il suo ricordo in quella che forse è la sua più bella espressione d’amore che ha lasciato in dono e in eredità a questo paese: la festa dei rioni, un tripudio di colori, giochi, musica, di allegria, collaborazione, in una parola amore.
Sono i rioni e la festa che padre Castelli ha ideato, il simbolo di quello che Lui voleva e per la sua gente. E mentre sul pulpito si avvicendano lettere di cordoglio, parole che voglio ricordare e ringraziare per un’ultima volta il padre veneto che amava la Calabria sembrano risuonare tristemente profetiche, oggi, quelle parola pronunciare da padre Giuseppe la notte di Natale, quando a messa quasi conclusa chiese di attendere ancora qualche minuto prima di concludere la celebrazione. Disse pressappoco così “in questi anni vi abbiamo donato dei piccoli segni, quello che vi doneremo stasera è l’ultimo dono, l’ultimo pezzo, che insieme agli altri conclude il cerchio, componendo un piccolo presepe da custodire nelle vostre case”. L’ultimo “dono”, un simbolo che padre Giuseppe ha voluto regalare alla sua comunità. Nessuno dei presenti quella sera avrebbe mai immaginato che quello sarebbe stato il suo ultimo Natale.
Oggi 7 febbraio la chiesa di Bovalino è stracolma i bambini tengono tra le mani palloncini bianchi che da li a poco voleranno in cielo, appena il corpo di padre Giuseppe varcherà per l’ultima volta la porta della sua Chiesa.