di Isidoro Napoli*
MARINA DI GIOIOSA IONICA – Con gli interventi di alcuni Sindaci della Locride in risposta alla iniziativa del Sindaco di Reggio Calabria e con l’articolo di Domenica scorsa sulla Riviera di Vittorio Zito sulla Città Metropolitana è auspicabile si sia avviato un serio ed approfondito dibattito che interessi gli Amministratori Locali innanzi tutto, i Partiti Politici e la cosiddetta Società Civile. Per non farsi trovare impreparati all’avvio di questo importante evento politico-amministrativo e per evitare di subire un processo riformatore piuttosto che governarlo.
{loadposition articolointerno, rounded}
Serve a mio avviso, sapere e capire come si è giunti a questa stagione. Sarebbe quantomeno imprudente eludere la domanda. Per ogni buona cura serve conoscere la genesi di un evento.
Vale in Medicina, ma anche in Politica.
Il bisogno di ripensare alle aggregazioni Amministrative dei territori è stato da tempo percepito in tutta Europa. In particolare quello delle aggregazioni delle Aree Vaste. Le grandi Città ed il loro Hinterland. Il faro che in Europa ha guidato i Governi e le forze politiche è stato quello della specificità. Il migliore assetto istituzionale possibile, è quello che riesce a rispondere alla complessità sociale sottostante in modo che il conflitto degli interessi, che anima la Società, si svolga all’interno del quadro del governo locale più idoneo, evitando così una sorta di delegittimazione delle istituzioni rispetto alla stessa società.
I profondi mutamenti che stanno verificandosi sotto i nostri occhi richiedono la capacità di leggere queste specificità, non di annullarle, proponendo sistemi di Governo sempre più aderenti ai singoli territori. Guardando a come è stata gestita questa partita dai nostri più importanti partner Europei possiamo farci una idea dello scarto che si riscontra nella legislazione italiana.
Alcuni criteri seguiti, tanto per cominciare. Indice di popolazione intorno al milione e mezzo di Cittadini; un flusso del 15% dei Cittadini residenti nell’hinterland che ogni giorno si recano nel Capoluogo per lavoro. E si potrebbe continuare. Uno studio molto approfondito del CENSIS, aiuta ancora meglio a capire. Ma soprattutto ad ogni realtà è stato affidato un percorso specifico, che ha coinvolto caso per caso, le forze politiche e sociali del territorio. Gli esempi non mancano: Parigi ha una sua definizione, Lione e Marsiglia ne hanno un’altra del tutto diversa, somigliante molto da vicino alle Unioni dei Comuni. Dopo un periodo di sperimentazione di cinquant’anni sulle Communautés urbaines, si è deciso oggi di passare alle Métropoles istituendone tre (per il momento).Così in Spagna dove Madrid e Barcellona avranno un assetto istituzionale diverso.
In Italia, dopo un dibattito di qualche mese e soprattutto nessuna sperimentazione, stiamo per lanciarne diciotto (nove obbligatorie, già avviate + Roma + cinque possibili nelle Regioni a statuto speciale + tre nelle province con più di un milione di abitanti), aumentabili in futuro, più uno statuto di simile autonomia per due province montane. Ogni commento è superfluo.
In Italia si è volontariamente sorvolato sul coinvolgimento dei territori, si è stilata una Legge composta da un solo articolo è da 150 commi ( un aborto giuridico ). Figlia della fretta e del fare “turbo”.
Le Città Metropolitane sono tutte considerate uguali tra loro. Roma e Milano uguale a Genova e Reggio Calabria. Viene da ridere se non ci fosse da piangere al pensiero che circa ventimila persone dalla Locride ed altrettante dalla Piana di Gioia Tauro, ogni mattina si dovrebbero recare nel Capoluogo per lavoro, stando ai criteri Europei sopra elencati. A parte il Lavoro che manca, su quali percorsi, attraverso quali vie di comunicazione ed attraverso quali sistemi di trasporto potrebbe avvenire questo esodo quotidiano.
Nella fretta si sono dimenticati di un piccolo dettaglio : l’Aspromonte che divide la Città Capoluogo da quello che menti sovrumane hanno identificato come il suo hinterland.
Il Sindaco Metropolitano, che a Roma o a Milano potranno, se lo vorranno, eleggere a suffragio universale tutti i Cittadini dell’area compresa nella Città Metropolitana, a Reggio Calabria lo eleggerà una minoranza( tanti sono i Cittadini elettori che si avvalgono ancora di questo diritto ) degli Elettori di Reggio. A meno che non si creda ancora nella befana che ci dovrebbe portare, prima un indirizzo Regionale per la stesura degli Statuti, e successivamente una modifica Costituzionale che consenta anche alle Città con un numero di cittadini al di sotto della soglia minima dei 250.000, di suddividersi in municipalità, condizione quest’ultima, per consentire di introdurre nello Statuto l’elezione diretta del Sindaco Metropolitano da parte di tutti i Cittadini della Provincia.
Questa è quindi, sommariamente, la genesi della Città Metropolitana di Reggio Calabria.
Alcuni commentatori, maliziosamente, sostengono che Reggio Calabria è entrata nell’elenco delle Città Metropolitane come regalo ad un potente calabrese. Ma questa è un altra storia.
Quello che ci interessa è il fatidico “che fare?”
Due, a mio modesto avviso, le questioni che gli Amministratori Locali e le forze Politiche e Sociali della Locride dovranno focalizzare in questo contesto, qualora la Corte Costituzionale dovesse rigettare i ricorsi presentati da quattro Regioni su presunti difetti di Costituzionalità della Legge Delrio.
La prima riguarda l’assetto Urbanistico del territorio Provinciale. Partendo dalla stesura dei PSC ( Piani Strutturali Comunali o Associati) che dovranno conformarsi, per come prescritto, al Piano Provinciale e che successivamente sarà gestito dal nuovo Ente.
Ci è data in questo contesto una grande opportunità di salvare il nostro territorio residuo.
Particolarmente aggredito da cinquant’anni di speculazione edilizia e di abusi di ogni genere, che lo hanno classificato ai primi posti del mondo come indice di edificazione. Il presupposto da cui partire è che se ancora sussiste una opportunità di progresso per il nostro territorio, e per il futuro delle giovani generazioni, esso è costituito dalla rigorosa salvaguardia dell’Ambiente.
Il nostro, particolarmente ricco sia sotto il profilo naturalistico che dal punto di vista artistico ed archeologico.
Programmare l’assetto Urbanistico del territorio significa sognare un futuro nel quale non si pensi più allo sviluppo di interessi particolari dove la criminalità organizzata affondi i propri artigli, ma un progresso dove a regnare siano gli interessi collettivi, in cui la vocazione turistica legata alla riscoperta di una agricoltura moderna, regalino opportunità di lavoro e di impresa svincolati dall’assistenzialismo e dalla subalternità alle cosche della ndrangheta.
Occorrerebbe rafforzare nettamente sia gli obiettivi che le competenze e le risorse economiche attribuite alle Città Metropolitane, prevedendo almeno:
– una robusta competenza di pianificazione territoriale “di struttura”;
– una delega sulla fiscalità delle trasformazioni immobiliari e sulle relative rendite, oggi frammentata e tenuta a livelli incompatibili col finanziamento finanche delle infrastrutture di base e della manutenzione urbana;
– un esplicito obiettivo di riduzione dei consumi di suolo,
– un obiettivo di semplificazione ed efficientamento della gestione delle aree produttive,
– una competenza su edilizia sociale e riuso del patrimonio edilizio inutilizzato,
– l’istituzione di un “consiglio di sviluppo” metropolitano con le parti sociali, economiche e culturali, sull’esempio francese,
– la proposizione di credibili procedure per la partecipazione dei cittadini,
– un’azione di comunicazione e di costruzione di un’identità metropolitana.
Il secondo tema strettamente collegato al primo è una nuova politica dei trasporti e della mobilità, che interrompa il perverso circuito delle grandi opere, spesso e volentieri cattedrali nel deserto, come la variante della 106. Non sono un geologo ma mi pongo alcune domande. Che influenza ha avuto il prelievo di migliaia di metri cubi di sabbia degli alvei dei nostri torrenti per la realizzazione di opere come la succitata variante della 106, o la diga sul Lordo? Oppure la costruzione del Porto di Roccella? Abbiamo bisogno di una politica dei trasporti e della mobilità di merci e persone che sia compatibile con il nostro territorio ed all’interno di un piano strategico complessivo che riguardi tutto il territorio della futura Città Metropolitana.
Infine come presentarsi a questo importante appuntamento? Con quale assetto istituzionale?
Parrà contraddittorio con quanto sostenuto finora, ma è proprio la Legge Del Rio a darci la possibile risposta.
Il riassetto degli Enti Locali. Le caratteristiche geomorfologiche della Calabria e particolarmente della nostra provincia è caratterizzato da comunità che sono nate e si sono sviluppate attorno ai corsi dei torrenti che da monte scendono vorticosamente verso la valle. Ed è proprio nel”aggregazione Amministrativa delle comunità delle Valli, le Unioni dei Comuni, sull’esempio di ciò che è già avvenuto nella Valle del Torbido, che, io credo, stia la possibile soluzione della ricerca di una efficace rappresentanza che superi la disastrosa parcellizzazione che ha sempre, nel corso degli scorsi decenni, penalizzato il nostro territorio. Sarebbero queste realtà istituzionale aventi un ruolo riconosciuto e che nello statuto della Città Metropolitana potrebbe essere sancito ufficialmente. La “Locride” non ha un ruolo istituzionalmente riconosciuto e l’esperienza ormai più che decennale dell’Assemblea dei Sindaci, non depone a suo favore.
*: Assessore all’Urbanistica ed alla Unione dei Comuni della Valle del Torbido di Marina di Gioiosa Ionica