di Redazione
CAULONIA – E’ la settimana più attesa per i cauloniesi di fede cristiana. Sette giorni di riti che mescolano fede e tradizioni popolari tramandate da padre in figlio che, oggi come ieri, rievocano emozioni e suggestioni difficili da spiegare.
{loadposition articolointerno, rounded}
Si apre con la cosiddetta “Bussata” nella domenica delle Palme, quando i credenti si recano davanti all’ingresso della chiesa Matrice per essere accolti in preghiera nel luogo sacro e adorare Gesù Sacramento. Seguono le “Tre serate”, durante le quali le arciconfraternite del Rosario e dell’Immacolata hanno un ruolo fondamentale, come durante “a gira”. Qui i cortei di entrambe le confraternite, con fiaccole e intonando canti, percorrono il perimetro della chiesa per ritrovarsi poi al suo interno. Prima dell’ultimo atto dei “Pater nostri” la processione del Cristo alla colonna, monumentale statua lignea del XVII secolo, prevista la sera del mercoledì santo. Giovedì è il giorno della messa in coena domini in programma nella chiesta Matrice, seguita dalla visita ai sepolcri allestiti sugli altari delle chiese del centro storico. Il venerdì di passione è scandito dal rito della via Crucis celebrato all’interno della chiesa Matrice e dal commuovente rito della “chiamata” della Madonna Addolorata, portata in processione con il Cristo Morto accompagnato dai confratelli del Rosario. Il clou sabato con il Caracolo. In campo otto statue, quattro per arciconfraternita, rappresentanti gli ultimi attimi della vita terrena del figlio di Dio, che partono in contemporanea divise in due cortei per poi unirsi nel punto centrale del paese, via Vincenzo Niutta: il Cristo all’orto, il Cristo alla colonna, l’Ecce Homo, il Cristo con la croce in spalla, il Crocefisso, il Cristo morto, la vergine Addolorata e san Giovanni, tutte in rigoroso ordine temporale, accompagnate dai canti del miserere dei confratelli e dal suono delle raganelle in luogo della campane in segno di lutto per le vie del centro storico sino in piazza Mese, percorsa tra due ali di folla in ogni sua mattonella con un movimento sinusoidale. «E’ una processione strana e tragicomica nei giorni di Giovedì e Venerdì Santo. Adesso è in decadenza, ma un tempo vi partecipavano tutte le classi sociali e di Caracolo si parlava tutto l’anno, or preparandosi per il futuro, or commentando il passato. È un’eredità dell’occupazione spagnola. Karacol in spagnolo vuol dire chiocciola, e deriva dall’arabo Karhara = girare e può applicarsi per zig-zag, ghirigoro». Così scrive agli inizi del novecento l’arciprete Davide Prota a proposito del Caracolo nelle sue “Ricerche storiche su Caulonia”. Circa un secolo dopo non è cambiato nulla. O quasi. Fino a qualche anno fa infatti a fare da preludio al corteo venivano intonati gli “incanti”, irradiati da un megafono dal primo pomeriggio in tutto il paese. Una sorta di asta pubblica nella quale i fedeli erano soliti offrire somme di denaro per assicurarsi il trasporto in processione dei vessilli e delle statue. Il gran finale con la tradizionale Svelata la domenica di Pasqua in piazza Mese.