di Daniela Ferraro*
LOCRI – Era il lontano 1945 e tre locresi si riunivano in una casetta del Rione Sbarre di Locri per stendere quello che sarebbe stato “Il Giugno Locrese” col programma – ritenuto allora ardito- delle sue manifestazioni culturali, artistiche, folkloristiche e sportive. Come si legge nell’atto notarile di nascita, “ Fondatore e Presidente vitalizio è il Comm. Prof. Avv. Umberto Ferraro, segretaria e vice presidente è la Cav. Uff. Maria Mileto, membro il poeta Franco Montalto Jerocades. Ben presto il comitato si sarebbe arricchito di nuovi insigni membri scelti accuratamente tra le personalità più in vista della Locride tra cui il Prof. Gaudio Incorpora, insigne storico e letterato della zona.
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E’ lo stesso Incorpora che scrive sul libro “Trent’anni” edito due anni dopo la morte del fondatore, mio padre, “ Il Giugno locrese furoreggiava con premi e mortaretti, con musiche e bengala, consegnando coppe, attestati, medaglie, sempre sotto il cielo stellato delle caldi estati. Da Toronto e da Lecce, da Trieste e da Ottawa, dai paesi tutti della Calabria, molti attendevano ogni anno, con trepida speranza, il trionfo del Giugno Locrese”.
Il segreto del suo successo? La profonda serietà organizzativa, la partecipazione, al suo interno, dei più squisiti poeti e letterati della zona, il gusto della festa e del gioco con le sue riffe di quadri, l’elezione della miss della serata eletta tra il pubblico, la musica, i fuochi d’artificio, le danze dei partecipanti in chiusura ma, principalmente, il fatto che si trattasse di una manifestazione solo e prettamente culturale, aliena da qualsivoglia apoteosi politica e clientelistica come purtroppo si vede al giorno d’oggi.
Sono cresciuta all’interno del “Giugno locrese” che ha accompagnato la mia vita fino all’età di 17 anni ( da piccola ero addetta alla consegna della coppa del primo premio al vincitore della sezione “Giovani “ per la poesia) quando la mia famiglia è stata deprivata dalla morte della calda guida di mio padre che però le ha lasciato enormi eredità di affetti e, tra questi, la sua creazione, “Il Giugno locrese”. La manifestazione, sospesa dopo la morte del suo fondatore, sarebbe stata ripresa dalla signorina Mileto per essere poi di nuovo interrotta alla morte della stessa.
Moltissimi anni dopo , ecco l’idea del sindaco della città, mio cugino Carmine Barbaro, di assumere il difficile compito di riprendere il premio in memoria di mio padre e in omaggio alla sua famiglia. La doverosa visita a mia madre per illustrare il progetto, il consenso ottenuto come pure la mia entusiastica adesione alla collaborazione all’interno del comitato organizzativo quale erede culturale dell’opera di mio padre. Seppure in forma più ristretta rispetto ai livelli internazionali dapprima conseguiti, il Premio si è protratto ancora per qualche anno grazie anche alla collaborazione del nuovo sindaco Francesco Macrì. A un familiare sempre, naturalmente, riservata la partecipazione come pure la gioia del ricordo nella consegna, a persona benemerita, della coppa intitolata ad Umberto Ferraro ( istituita da Carmine Barbaro).
A questo punto sogno, bellezza, rispetto ed onestà svaniscono miseramente.
Il nuovo sindaco Giovanni Calabrese e il suo assessore alla cultura, Anna Sofia, decidono autonomamente senza nè previo consulto nè invito alla famiglia Ferraro di riprendere il Premio l’anno passato. Riesco a fatica a far valere il diritto almeno di presenza all’interno della giuria del Premio dove mi ritrovo come unica poetessa all’interno di componenti scelti in base a criteri del tutto personali, sono appena tollerata come “un’estranea” al Premio, tacitata anche solo nell’accenno a qualche proposta ad esso relativa, a fatica ottengo un piccolo spazio commemorativo di mio padre con la recita di una mia poesia a lui dedicata.
Anche quest’anno il Comune riprende il Premio e ancora una volta senza previo consulto ed invito di partecipazione . Cerco un giusto colloquio a riguardo col sindaco che, però, si rende irreperibile. Gli indirizzo, allora, una lettera aperta su facebook in risposta alla quale mi banna seguito dal suo assessore.
Ed è così che Il “Primo cittadino Locrese” si impossessa del Premio escludendone la famiglia ma conservandone nome, numero di edizioni e coppa in nome Umberto Ferraro la quale, però, non è dato alla figlia consegnare. Lustro personale e squallide finalità politiche prevalgono ancora una volta distruggendo ciò che già a fatica sopravviveva di un Premio serio, onesto, squisitamente culturale, onestà e rispetto soccombono miseramente. Mio padre muore una seconda volta , financo il ricordo degli antichi splendori della Locride soccombono con lui.
A me, figlia derubata dell’eredità culturale del proprio amato padre come alla mia famiglia tutta, non rimane da dire che una sola parola: VERGOGNA!
*: docente, poetessa, scrittrice