di Emanuela Alvaro (ph. Enzo Lacopo)
SIDERNO – Una giornata all’insegna dello sport e della collaborazione per ricordare le vittime della mafia nel decennale dell’uccisione di Gianluca Congiusta. “Le Radici della Memoria” è stato tutto questo ed anche la voglia di essere partecipi di un cambiamento per una società civile che deve fare il salto di qualità. Per ricordare e far si che “Le Radici della Memoria” diventasse qualcosa di più di una commemorazione fine a sè stessa, tante le associazioni, tra le quali una menzione particolare per Cambi@menti, sicuri di non far torto a nessuno, hanno reso tutto questo reale e ricco di emozioni, cercando nel possibile di non cadere in una facile retorica.
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Raccolti nella zona dove Gianluca è stato ucciso, tante le iniziative e le presenze anche di sindaci e politici. Zona che non sarà più come prima grazie ai tre murales realizzati da Giuseppe Crisafio.
Contrastanti emozioni quelle che hanno pervaso l’aria ascoltando la poesia che Martino Recupero ha scritto in dialetto per Gianluca, le parole di Mario Congiusta e ancor di più la lettera che, ad un anno dell’uccisione di Gianluca, scrisse la sorella Roberta. Letta da Debora Cartisano, figlia di Lollò, morto anche lui per mano di uomini senza scrupoli, la lettera ha come fermato il tempo, tutti i presenti ad ascoltare quelle parole in una sorta di “silenzio sospeso”. Forza e intensità di frasi dense di suggestioni che hanno proiettato i presenti nella quotidianità di chi si trova a vivere in questa situazione, in attesa di capire cosa realmente abbia portato a tutto questo, semplicemente in attesa di una giustizia non sempre al passo con le esigenze della società civile.
E ancora il fiume di nomi letti per ricordare le persone che hanno perso la vita per mano altrui. Nomi importanti da pronunciare, come sottolineato da Don Ciotti nel proprio intervento, per dare dignità ad una morte voluta da altri.
Don Ciotti che, nel suo intervento ha parlato, ma soprattutto augurato a se stesso e ai presenti, una nuova resistenza in una Nazione ancora non libera, se ci si continua ancora a confrontare senza sosta con la ndrangheta, la camorra, con le mafie in generale.
«Io sempre più piccolo di fronte ai grandi problemi, convinto che solo il “noi” sarà a vincere la guerra. Vi auguro delle coscienze inquiete che possano portare avanti questa resistenza fino ad ottenere il risultato sperato, la libertà di questa Nazione». Pur convinto della bontà del gesto, Don Ciotti si è detto preoccupato nel voler con affanno intitolare luoghi a persone uccise perché molto spesso l’altra faccia della medaglia è la quasi automatica indifferenza.
«I nomi che abbiamo letto, prima di ogni altra cosa, devono essere impressi nella nostra coscienza per non farli diventare memoria retorica. È necessario ridare senso alla parola verità in un Pese come il nostro dove nessuna strage l’ha ottenuta e dove, a prevalere, sono il delegare la nostra responsabilità ad altri, l’individualismo e l’omertà, atteggiamenti senza i quali la verità sarebbe facile da trovare. Noi abbiamo un’ancora, la nostra Costituzione che se venisse applicata con il coraggio della verità sarebbe il primo testo per sconfiggere tutte le mafie».