di Maria Alessandra Polimeno*
BIANCO – Ancora la questione dell’equilibrio di genere fa scivolare un Comune su “una buccia di banana”. Ancora una volta una legge dello Stato disattesa. Succede a Bianco, ma succede in molti altri Comuni , Provincie e Regioni.
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Su 4.087 giunte comunali nominate dopo le elezioni del 25 maggio 2014, ce ne sono 1.182 non in regola con quanto previsto dalle norme. E diventa legittima una domanda “Chi era tenuto a verificare che le norme fossero rispettate e non l’ha fatto? E soprattutto sono legittimi gli atti di una giunta che in teoria non è in regola ?”
Bisogna proprio dirlo, l’Italia non è un Paese per donne. Sono pochissimi i primi cittadini o i Presidenti di Regioni e Provincie che si pongono il problema della rappresentanza. La disapplicazione della legge Delrio, entrata in vigore nell’aprile 2014, che prevede per le giunte comunali una presenza non inferiore al 40% del genere meno rappresentato, in questo caso quello femminile, fa contare un numero consistente di ricorsi di fronte ai Tar, per sciogliere Giunte regionali, provinciali e comunali di ogni colore politico, illegittime perché composte solo da uomini o con un’unica donna, questo il caso della giunta della Provincia di Reggio Calabria su cui il TAR dovrà pronunciarsi.
Illegittimità molto diffusa sul territorio se ammontano a più di 1500 le Giunte in difetto nel riequilibrio di genere (dati Sole24).
Eppure la nostra Carta Costituzionale prevede una “parità sostanziale”, visto che l’art. 51 recita: “La Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.
Per gettarsi con slancio nella vita sociale bisogna lasciarsi alle spalle i diecimila luoghi comuni delle analisi che riguardano delle donne quando ci si approccia ai discorsi sulla parità di genere.
Vada per la curiosità di soffermarsi sulle diversità tra i sessi – Luciano De Crescenzo vi ha dedicato un bel libro – ma l’ argomento rischia di divenire “inesauribile” se non si registrano fatti consequenziali di cambiamento.
Esistono colpevoli “eccellenti”, da Pitagora a Khomeini, da Socrate a Einstein, che hanno detto, scritto e stabilito cose “squilibrate” sulle donne, ma il vero colpevole è il ritardo con il quale non si è sviluppato il processo che conduce alla concreta parità di genere.
Non possiamo più parlare, e meno male, di “secondo sesso” per le donne, pensandole confinate ai fornelli, non passa giorno che il mondo della scienza e della ricerca, ad esempio, non annoveri donne che fanno importanti scoperte, donne, anche calabresi, sulle quali si è investito per le loro grandi capacità, la disponibilità al sacrificio e a cogliere ogni opportunità anche all’estero.
Le donne sanno essere decisive per far vivere e raccontare una società migliore, hanno i requisiti della passione e della pazienza.
Sanno essere decisive a patto di non prevedere sempre e soltanto per loro lo straordinario che si deve fare in famiglia , di non selezionare per i posti di responsabilità e di dirigenza prevalentemente uomini, di garantire già con le formazione delle liste una parità di genere che sia parità di possibilità quanto al risultato.
Con un impegno in tal senso, non dovremo invocare la rivoluzione, la parità di genere diventa un principio democratico e costituzionale, suffragato dal merito e applicato nella realtà.
I tanti ricorsi al TAR per il riequilibrio vogliono essere simbolo evidente di una battaglia non ideologica, ma di sostanza, perché la presenza delle donne negli organismi dirigenti deve essere assicurata e resa effettiva laddove non avvenga spontaneamente. Anche attraverso azioni come queste potrà crescere e maturare finalmente nel nostro Paese una mentalità che sia in grado di superare la discriminazione di genere.
*: consigliere provinciale