di Ilario Balì
CAULONIA – Qual’è lo stato di salute della musica popolare in Calabria? Cosa hanno portato 16 anni di festival a Caulonia? A questi e ad altri interrogativi ha tentato di rispondere il sociologo e musicologo Danilo Gatto nel suo saggio “Basta tarantelle”, presentato ieri sera dall’autore a Caulonia Marina.
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Il suo ritorno nell’antica Castelvetere nelle vesti di ricercatore arriva a pochi giorni dalla decisione della Regione Calabria di respingere il finanziamento chiesto dal Comune per l’edizione 2015 del Ktf. «La tarantella è morta? Sicuramente no – spiega l’anima dell’associazione Arpa – continua a vivere nella tradizione popolare. Tuttavia oggi è un fenomeno di massa». Il libro, stampato da almeno 11 mesi, è composto da 10 capitoli. Il quarto e quinto raccontano di quanto successo a Caulonia nel periodo a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio. «Gli amministratori cauloniesi quando ci hanno cacciato hanno colto un momento di grande modernità e lungimiranza – ha proseguito non senza vena polemica Gatto – Oggi l’identità è terreno di consenso ed è necessario averne il controllo diretto. Noi avevamo altro per la testa. Credo che la musica popolare calabrese sia meno conosciuta di quanto lo fosse 30 anni fa. Il 90% dei nuovi gruppi di musica popolare fanno le cover di Mimmo Cavallaro, come in un grande copia-incolla. Il prodotto che ne viene fuori è una marmellata noiosa, in cui manca la sperimentazione e la conoscenza». La scelta della copertina del libro non è casuale, con la locandina de “La grande abbuffata”, storica pellicola firmata Marco Ferreri, che racconta la storia di 4 borghesi che decidono di suicidarsi mangiando. «Abbiamo sbagliato ad inseguire l’idea di un successo immediato e di una piazza piena – ha analizzato ancora Gatto – mettendo da parte l’aspetto della ricerca e della sperimentazione di una musica che ancora oggi ha una grandissima ricchezza. Tornare a Caulonia? Perché no, anche se le cose sono cambiate in termini di pubblico, di aspettative e prospettive. Magari dopo una pausa». Al dibattito moderato da Bruno Grenci hanno partecipato anche Attilio Tucci, attuale consigliere di minoranza impegnato negli anni novanta nel recupero delle tradizioni popolari, e l’assessore provinciale Piero Campisi, tra i primi a dare fiducia e a credere nel progetto Arpa. «Basta tarantelle? Io dico basta festival – ha tuonato Tucci – Questa kermesse non era quella che si era immaginata in passato. Oggi a Caulonia invece di una rivalutazione della musica abbiamo svenduto la musica popolare alla musica rock sotto una finta contaminazione solo per riempire piazze e vendere salsicce. La necessità dello spettacolo ha preso il sopravvento». Per Campisi «La crisi del movimento arriva quando arriva il successo. A Caulonia – ha ribadito l’ex primo cittadino – la politica è riuscita a buttare a mare quello che di più importante la storia ci aveva lasciato dal dopoguerra ad oggi in termini di sviluppo e cultura. Vendere 100 salsicce più significa sminuire Caulonia e sé stessa. Più che di contaminazione credo sia più giusto parlare di una mistificazione assoluta creata per ammansire le folle. La settimana della tarantella è diventata ormai una friggitoria collettiva». Come accaduto lo scorso anno, anche quest’anno il Tarantella Power, rassegna di musica popolare organizzata dall’Arpa, darà forfait: «E’ giusto che dopo un’abbuffata di tarantelle ci si prenda una pausa – ha epilogato Gatto – per fermarsi e riflettere».