RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:
“Vajiu llà”…ma si ritorna poi sempre qua, nella nostra Calabria che, seppure all’interno dei suoi innegabili limiti, delle tante ristrettezze mentali di certi microcosmi popolari che ti soffocano all’interno di antichi modi di essere e di agire che appaiono come cristallizzati nel tempo, la nostra terra è sangue, linfa vitale per i suoi abitanti, indispensabile cordone ombelicale il cui distacco non può non generare nostalgia e rimpianto.
{loadposition articolointerno, rounded}
E’ il 9 agosto 2015, il caldo è meno opprimente dei giorni passati, una gradevole brezza irrora la villa comunale di Siderno dove, dall’alto di un apposito palchetto, il noto attore Antonio Tallura ripropone al ricco pubblico intervenuto il suo monologo “Vajiu llà”.
Antonio Tallura è calabrese di origini e nell’animo pure se, per motivi di lavoro, è costretto a risiedere a Roma ma, mai dimentico della propria terra, ritorna spesso in Calabria alla ricerca del “suo” pubblico da intrattenere con spettacoli di vario genere, dal serio al faceto.
La stazione di “Cicia”, paese immaginario della Calabria, un treno perso che non si sarebbe voluto, però, egualmente prendere, un serrato quanto concitato monologo su fatti e personaggi, simpatiche caricature di amici e familiari gravide di affetti possessivi quanto opprimenti, il sentirsi ( grazie ad un imprevisto) momentaneamente liberato dall’invadenza di un piccolo ambiente provinciale che soffoca la vera personalità di un individuo all’interno della sua “calorosa” morsa, il rientro dopo il sollievo dello sfogo con qualche consapevolezza in più ( anche su se stesso).
Una magistrale interpretazione che si snoda, liquidamente gradevole, sotto l’ambrata carezza di questa luna di Calabria, complice ed ammiccante.
Antonio Tallura dovrà, tra breve, riprendere un treno ( forse sperando di perderlo?) ma tornerà ancora e sempre nella sua Calabria, il paese in cui ( come dice il protagonista del monologo) “tutto è possibile”, anche amarlo così tanto nonostante certi suoi evidenti limiti a cui non si può non rivolgere un sorriso bonario.
Daniela Ferraro