di Antonio Baldari
ROCCELLA JONICA – Un’ottima occasione per ritrovarsi. Per scambiarsi baci e abbracci di rito, soprattutto quando non ci si vede da parecchio tempo, e nulla più. Questo è davvero poco altro ha rappresentato il recente incontro di Roccella Jonica ed avente a tema i nuovi appalti pubblici, alla luce delle direttive europee, e la riforma del nuovo codice dei contratti: una tematica forte, importante soprattutto in questo, particolare, momento in cui l’Italia stenta a ripartire anche perché è praticamente ferma l’edilizia, il settore trainante dell’economia dello Stivale. E non solo quello.
Insomma, un decoroso quadretto all’interno del quale si sono con buon costrutto mossi la politica, la magistratura, l’ordine degli architetti ed altre figure professionali, che però hanno dato più l’impressione di avere svolto bene il compitino, anzi lanciandosi frecciate e stoccatine varie emerse dai reconditi meandri del nervosismo istituzionalmente riconosciuto in tali circostanze, vedi il procuratore Lombardo verso il senatore Esposito ed il giovane presidente del Consiglio regionale calabrese Irto e viceversa, per non parlare di Pierluigi Mantini del politecnico di Milano, nonché componente della commissione di studio presso il governo, consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, che a margine del convegno ha debordato nei tempi, oltre la mezzora consentita!, e se da un lato ha rivendicato, come il sopraccitato senatore piemontese, la bontà del governo in relazione al lavoro in corso di svolgimento per uno dei pilastri socio-politico-economico del Belpaese, dall’altro ha pure con franchezza ammesso che “si può fare ancora meglio, migliorando tale lavoro”.
E proprio a tale proposito si è ingenerato un interrogativo semplice quanto oltremodo impegnativo, che giriamo a chi di competenza: ma perché quando si tratta di tematiche così delicate quanto decisive per il corretto sviluppo del Paese i tre poteri dello Stato non agiscono insieme? Perché non ci si siede tutti attorno ad un tavolo, potere legislativo, esecutivo e giudiziario, per la formulazione di quelle che sono le vere e proprie “gambe” grazie alle quali lo Stato cammina, si muove ispirando la crescita, l’occupazione e, in ultima analisi, il bene comune?
Già perché di “bene comune”, e non lo diciamo perché intendiamo fornire un assist all’onorevole Mimmo Bova, hanno discettato tutti, ma proprio tutti, come se fossero usciti da poco dalle Orsoline salvo poi proporre i distinguo dal proprio punto di vista, politico, della magistratura e tecnico-professionale, dicendo tutto ed il contrario di tutto da farti quasi concludere: “Ma che ci sono venuto a fare qui che poi, tanto, non si conclude nulla, come al solito?”, perché poi sempre e comunque di passerelle trattasi, dove ognuno lucida a fondo la propria vetrina, semmai guardandosi in cagnesco con il collega di poltrona, e chi sta di fronte, e cioè l’opinione pubblica, a rimanere a bocca aperta. Perché non ha capito se si è fatto sul serio oppure no.
Di certo c’è che, in siffatta situazione, chi continua a fregarsi le mani è sempre ed in ogni caso la ‘ndrangheta, per non dire le organizzazioni criminali in generale, che denotando in lungo ed in largo proprio la frammentazione di chi dice, a parole, di volerle combattere, si inserisce invece a meraviglia in tutti i canali possibili ed immaginabili, tanto più che proprio lo stesso procuratore Lombardo, nell’assise roccellese, ha con disarmante chiarezza rimarcato come “noi lavoriamo anche con la banca dati, che è una cosa seria, ma non possiamo sentirci dire che quella dei Carabinieri non è collegata a quella della Polizia”.
Capito? La magistratura è in grossa difficoltà nel contrasto alle infiltrazioni mafiose nella gestione degli appalti, e dunque per il rispetto delle regole in tale ambito, perché non si può accedere ai dati. Per un solo clic che cambierebbe il corso delle indagini, e di tutto ciò che ne consegue, ma qui, in Italia, non si può. Perché? E dunque, in definitiva, visto che bisogna agire sulla prevenzione sapendo quindi, sia la politica che la magistratura e gli ordini professionali in questione, cosa fare, dove agire e con quali antidoti perché, lo si ribadisce ancora una volta, non ci si mette insieme trovando la quadra tutti insieme? In tal modo si limiterebbero gli interventi della magistratura come sempre il procuratore Lombardo ha evidenziato quasi in un accorato appello, ed il contrasto sarebbe di tutti e non soltanto delle toghe abbandonate a sé stesse.
La ‘ndrangheta sarebbe in difficoltà, o no? O la politica, la magistratura e gli ordini professionali, in tal caso magari insieme, sono incapaci di mettere in difficoltà gli uomini con la coppola? E perché mai?