di Antonio Baldari
STILO – Lo scorso 29 agosto 2015 non è stata una data qualunque. Non per la vallata dello Stilaro che ha definitivamente segnato il proprio ruolo in un processo ormai dichiaratamente irreversibile su scala mondiale: la riconciliazione e l’unità dei Cristiani e, per esteso, un dialogo sempre più sereno tra le religioni nel mondo.
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Ciò che è avvenuto nel santuario diocesano di San Giovanni Therystis, alla presenza del vescovo cattolico di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva; del pastore evangelico Pino Imperitura e del superiore del monastero ortodosso di “San Pantaleone” in Bulgaria, padre Costantin, ha infatti riproposto e definitivamente segnato la centralità di quest’area per certi versi sperduta e “bruciata”, fuori da ogni circuito istituzionale che conti, come non si perde mai l’occasione di rimarcare in special modo quando ci si sofferma a parlare di Calabria, serio complice quel dannato dna calabrese pregno di vittimismo e piagnistei. Ed invece no.
Qui, nell’entroterra dell’Alto jonio-reggino, vi sono delle risorse assolutamente essenziali da investire nel resto del globo come del resto si è potuto vivere nel più recente passato, per l’appunto, con la convergenza del Vaticano e del patriarcato ecumenico di Costantinopoli con papa Francesco e Bartolomeo I che hanno guardato e continuano a guardare a questo lembo di terra come a quella stella polare da seguire per trovare la via della pace. Per non dire dell’unico e solo Messia; c’è però ben altro che si sta sviluppando a queste latitudini, ossia un costante flusso di pellegrini che giungono da ogni parte del pianeta per raggiungere quella che, come è stata da più parti definita, è la culla del cristianesimo orientale direttamente dal monte Athos ma dove ha trovato della linfa vitale anche quello occidentale ispirandosi a Roma.
E quindi con la Cattolica ed il santuario diocesano di San Giovanni Therystis di Stilo; l’eremo di monte Stella a Pazzano ed il sacro monastero ortodosso di San Giovanni il Vecchio a Bivongi che sono metà continua di fedeli provenienti per lo più dai Paesi orientali, est europeo su tutti, oltreché dalle nazioni di fede cattolica e quindi appartenenti quasi esclusivamente all’Occidente in un caleidoscopio di popoli, lingue, culture, razze e religioni che sono da ricondursi a quella “universalità” che è caratteristica tipica di quest’area che non solo ha subìto la dominazione di molti ma anche accolto e quindi dato ospitalità ad altrettanti.
Insomma, la vallata dello Stilaro che torna a vestire i panni del vero ed autentico cattolicesimo essendo l’ombelico del mondo intero, un “salotto” a cielo aperto dove quotidianamente possono trovare albergo tutti i colori possibili ed immaginabili della Terra, disegnando degli orizzonti futuri a cui credere per assurgere nuovamente al rango di terra nobile, stavolta, non solo di origini ma anche e soprattutto di modernità, sapendo guardare oltre e conseguentemente rimuovere gli ostacoli che secoli di storia non possono impedire. Abbracciando ancora una volta la pace che fu dei primi cristiani “che dividevano i pasti con letizia e semplicità di cuore”, e che oggi sono i “fratelli” con cui stringersi di nuovo la mano. Nell’accoglienza.