di Cristina De Angelis
La settimana dal 4 al 10 marzo 2013 sarà la IX Settimana Europea della Consapevolezza dell’Endometriosi, istituita dalla EEA (European Endometriosis Alliance) nel 2005 come Awareness Week, e si ripete ogni anno in concomitanza della festa della donna per accendere i riflettori sulla malattia. La Settimana vuole soprattutto sensibilizzare su questa condizione nascosta e spesso non riconosciuta.
Gli Obiettivi della Settimana Endometriosi sono: promuovere una maggiore consapevolezza e comprensione sull’endometriosi come una vera, debilitante e invalidante malattia; evidenziare le conseguenze del vivere quotidiano con l’endometriosi sia a livello psicologico che fisico; creare una maggiore consapevolezza e comprensione di endometriosi tra la professione medica, settore dell’istruzione, i datori di lavoro, i politici e la società in generale; valorizzare l’importanza della ricerca e della sperimentazione; dare aiuto alle donne con endometriosi per creare una rete di supporto e di sostegno a livello relazionale, istituzionale e lavorativo. Si vuole soprattutto promuovere la consapevolezza di una condizione che spesso non viene riconosciuta e quindi non trattata nelle donne. Il colore che rappresenta questa settimana è il giallo. Quindi si invita a tappezzare di giallo i social network e portare una spilletta con un nastrino giallo proprio per rappresentare la lotta contro questa malattia e l’unità che ci spinge ogni giorno a credere in una vita migliore.
Una malattia femminile poco conosciuta ma molto diffusa
di Simona Ansani
Sono Anna, Veronica, Maria, Carmen, Cristiana, Simona, Francesca, Micaela, Carla, tutte donne, e ciò che le accomuna è la forza, la tenacia, la grinta, quella marcia in più nell’affrontare una patologia, forse ancora non ben conosciuta a molti: l’endometriosi. Ma le donne che ne soffrono conoscono i dolori che accompagnano le loro giornate, conoscono la sofferenza e purtroppo l’emarginazione che proviene in certi casi dal proprio io. Ci si sente inadeguate, non capite, sottovalutate nei rapporti lavorativi, ma la voglia di far tornare il sorriso sul proprio volto è davvero tanta. Una malattia definita “subdola” che si insinua nel corpo della donna lasciando segni tangibili, profondi. E proprio nella settimana internazionale dell’endometriosi, a tutte queste donne vogliamo dare un nome, per uscire dall’anonimato, per dire che l’endometriosi si può combattere. Donne che nella loro solitudine di donna prima e, di essere madri dopo, grazie ai gruppi nati su facebook, scambiano opinioni, consigli, pareri, e anche gioie. Proprio con i social network il muro dell’indifferenza all’endometriosi sembra essersi abbattuto e insieme, come una grande famiglia sono nate rapporti di amicizia e di stima. Amicizie che hanno reso più sopportabile la patologia. Ma come affrontare dal punto di vista psicologico la sensazione di inadeguatezza con il proprio corpo? Alcuni psicologi e psicoterapeutici spiegano che bisogna osservare il proprio disagio, non commentarlo, non mandarlo via. Disagio interno che può interessare non solo chi è affetto da endometriosi, ma che può essere allargato a trecentosessanta gradi ad ogni stato d’animo sofferente. Esiste una luce interna che regala la gioia, la pace, la felicità, e «ci si deve accorgere che c’è tristezza e prenderne atto, prendere visione di quello che percepisco dentro di me. Se non percepisco che in questo momento c’è la tristezza o l’ansia o l’insoddisfazione, non potrò stimolare la mia “luce interna” ed allontanarla», come afferma in un suo libro lo psicologo Raffaele Morelli. Conoscere e farsi conoscere, principalmente con l’auto accettazione, step primario e principale, non facile da raggiungere, per tornare a una normale quotidianità. Dunque parlare, uscire allo scoperto, non vergognarsi della propria patologia, non colpevolizzarsi, ma riprendere in mano la bellezza della vita, la semplicità dei colori, di ciò che ci circonda, anche quando tutto sembra assumere un senso diverso.