di Gianluca Albanese (ph. Enzo Lacopo)
LOCRI – Abbiamo vissuto le ultime due settimane da degenti dell’ospedale di Locri. Lo abbiamo vissuto dall’interno, apprezzando il lavoro di medici e paramedici pur tra mille difficoltà. Anche per questo comprendiamo bene le ragioni delle migliaia di liberi cittadini che hanno partecipato alla manifestazione di oggi a tutela della sanità della Locride, pur non condividendone il messaggio (parzialmente fuorviante) che è stato fatto passare e la tanta propaganda fatta a suon di video confezionati ad arte e fatti girare sul web e gli striscioni stampati ad hoc, uno dei quali contenente una frase vagamente minacciosa, ovvero “iniziate a preoccuparvi”, i “gonfiabili” per strada e così via.
Abbiamo apprezzato, invece, la grande partecipazione spontanea della gente, quella delle associazioni e le voci libere di chi, con cognizione di causa, ha spiegato che era lì pur sapendo bene che non è in discussione la permanenza dell’ospedale di Locri ma che lo stesso necessita di una maggiore attenzione da parte delle istituzioni affinché possa funzionare bene.
Ciò premesso, le nostre condizioni di salute ci hanno impedito di prendere parte alla manifestazione, che comunque la nostra testata ha seguito grazie al grande lavoro dei colleghi Alvaro, Balì e Lacopo.
Quindi, abbiamo seguito la manifestazione grazie alla diretta televisiva di un’emittente roccellese.
Una scena, in particolare, ha turbato la nostra sensibilità.
Tra i tanti interventi in scaletta, infatti, c’era quello dell’assessore regionale al Welfare e al Lavoro Federica Roccisano, una ragazza di trent’anni alla quale da qualche mese è stato affidato il difficile compito di gestire una branca nevralgica dell’istituzione regionale e che sta svolgendo la sua missione con impegno e dedizione.
Ebbene, mentre la Roccisano parlava, un piccolo gruppo di ragazzi tra il pubblico ha iniziato una contestazione che rendeva difficile la prosecuzione del suo intervento. A nulla sono valsi i tentativi della moderatrice dell’incontro di riportare i contestatori alla calma e a far finire l’assessore.
Certo, la contestazione ci può stare, specie in tempi di antipolitica e di “vaffa-day”, nei quali la gente spesso sente l’esigenza di trovare un capro espiatorio e urlargli addosso una rabbia che spesso è anche legittima.
Non era questo il caso, però, perché la Roccisano non ha alcuna responsabilità riguardo lo stato della sanità locridea, e il governo regionale che rappresenta ha dovuto ingoiare il principale “boccone amaro” proprio sulla sanità, quando, proprio contro le richieste e i desiderata di Oliverio, alcuni mesi fa da palazzo Chigi confermarono il commissario regionale alla Sanità Massimo Scura.
Governo regionale cornuto e mazzìato, dunque, proprio sulla sanità.
Questo è bene ricordarlo a chi contestava.
Ma tornando a stamattina, nel momento in cui abbiamo visto il sindaco di Locri Giovanni Calabrese avvicinarsi al pulpito ci siamo inizialmente tranquillizzati. Già, perché eravamo certi che, da uomo delle istituzioni, avrebbe contribuito a svelenire il clima, a placare i contestatori e a fare finire l’intervento della Roccisano.
Invece, ecco il colpo di scena che non ti aspetti: Calabrese strappa – metaforicamente – il microfono dalle mani della Roccisano e aizza ancora di più la folla, intonando cori da stadio.
Proprio così, un gesto del genere su un palco davanti a migliaia di persone, in diretta televisiva. Che non avrebbe fatto onore a qualsiasi uomo. Figuriamoci a un uomo delle istituzioni.
La situazione imbarazzante è durata pochi, interminabili, minuti, nel corso dei quali la Roccisano ha provato fino all’ultimo a finire il proprio intervento, mentre è mancata solo l’aggressione fisica nei suoi confronti, a coronare un episodio di indicibile intolleranza, dai toni e dai modi che non esitiamo a definire fascisti.
Solo il vescovo Oliva è riuscito, qualche attimo dopo, a riportare la calma, tra l’imbarazzo generale.
Durante la propria performance, il sindaco di Locri si è anche levato la fascia tricolore, che, a nostro modo di vedere, non è un accessorio da mettere e togliere a proprio piacimento, ma il simbolo di un mandato conferitogli, nel suo caso, da tre elettori locresi su quattro due anni e mezzo fa.
Un mandato che impone responsabilità, cultura di governo e una condotta ad esso confacente.
Ecco perché ci aspettiamo che Calabrese, una volta tornato a casa, saprà indossare di nuovo la propria fascia tricolore e trovare tempo e modo di rivedere la scena ripresa dalle telecamere e rendersi, finalmente, conto dell’accaduto.
Vedere e rivedere il filmato, a nostro modo di vedere, gli porterà consiglio e lo indurrà – ne siamo certi – a chiedere scusa all’assessore Roccisano per l’accaduto.
Ha ragione il suo omologo bianchese Aldo Canturi:«Dai sindaci servono proposte concrete per l’ospedale di Locri e studi approfonditi, non basta fare i “masanielli”».
Perché, aggiungiamo noi, quando gli striscioni verranno riposti in soffitta, i gonfiabili stradali saranno sgonfiati e l’eco della protesta andrà scemando, rimarranno i problemi di tutti i giorni, per i medici – quelli bravi e onesti, non quelli che lucrano sulle difficoltà dell’ospedale per dirottare i pazienti sulle proprie strutture private – , i paramedici e soprattutto per gli ammalati.
Problemi che impongono ai rappresentanti istituzionali di contribuire a trovare soluzioni e andare al di là del semplice e veemente sfogo di un momento di rabbia.
La Storia d’Italia ce lo insegna: nel ’77 l’allora segretario generale della Cgil Luciano Lama fu cacciato dalla folla inferocita dall’università di Roma laddove stava tenendo un comizio che gli fu impedito di concludere; anni dopo fu la volta dei bulloni tirati addosso al suo omologo Bruno Trentin.
Poi vennero i “Vaffa-day” e le grandi adunate in cui oltre a dare sfogo alla rabbia diffusa, non sono stati risolti i problemi dei cittadini.
Oggi migliaia di persone hanno manifestato per il diritto alla salute nel proprio territorio. Ma non c’è tutela dei diritti se non c’è rispetto della democrazia e delle istituzioni.
Lasciamo al folklore gli slogan che rimandano a pagine nere della storia d’Italia e della Calabria, i cori da stadio e i toni da “Vaffa-day” e teniamo solo il buono della manifestazione, ovvero la presa di coscienza dei cittadini della Locride di ribellarsi all’abbandono di questo territorio, come condotta propedeutica a dare maggiore forza contrattuale a tutti i rappresentanti istituzionali che si batteranno per una sanità migliore nel nostro territorio.
“La Mandragola” un’opera senza tempo, fra bugie e inganni (Immagini e Video)
di SIMONA ANSANI - Immagini e Video di Enzo Lacopo © 2024 LOCRI - "La Mandragola" ha divertito e trasportato...
… e di vere responsabilità, quando ne parliamo?