di Maria Antonella Gozzi
MARINA DI GIOIOSA IONICA – “Sotto controllo. La salute ai tempi dell’e-health”: questo il titolo del libro scritto dalla giovane giornalista Cristina De Rold, presentato ieri sera nella sala del consiglio comunale di Marina di Gioiosa Jonica.
L’evento, organizzato dall’associazione di volontariato Jimuel con il patrocinio del Comune di Marina di Gioiosa Jonica, della Giunta Regionale e dell’Unione dei comuni della Valle del Torbido, in collaborazione con l’associazione “I presidi del libro”, la Confraternita San Michele Arcangelo, il Lions Club di Locri, il Rotary Club e con la partnership dello studio radiologico di Siderno, pone al centro del dibattito l’importanza dello sviluppo e della implementazione della tele-medicina.
A introdurre i lavori è Sisi’ Napoli, Presidente dell’associazione “Jimuel” e assessore all’Urbanistica al comune di Marina di Gioiosa Jonica; a lui spetta il compito ed il piacere di spiegare ai presenti l’importanza del lavoro di analisi e ricerca condotto dall’autrice del libro. E inizia puntando l’attenzione sulla riduzione del capitale umano in ogni settore del sapere, scientifico ed umanistico, snocciola dati e percentuali non confortanti sia sulla riduzione delle iscrizioni registrate negli atenei calabresi sia della forte contrazione del sistema sanitario nazionale; dati che, di certo, non promettono nulla di positivo per il Paese e per la Calabria, in particolar modo.
Sisi’ Napoli, prima che un politico, è anzitutto un medico; lo si capisce sin dalle sue primissime battute. Parla di Jimuel, della “creatura” che ha preso il via nel non lontanissimo 2006, grazie al suo intuito e alla collaborazione di numerose figure professionali che, nel corso degli anni, hanno segnato il successo e la crescita delle potenzialità, insite nel progetto iniziale dell’associazione di cui è presidente.
Ma di cosa si occupa Jimuel lo spiega Carlo Frasca’, responsabile dell’informatizzazione, in collegamento via Skype dal Canada.
Jimuel – spiega semplificando – “intercetta bisogni primari delle popolazioni disagiate, fornisce assistenza e cure adeguate, assicura terapie mediche attraverso l’uso della piattaforma informatica. Si tratta di bisogni concreti che non interessano ai compratori di dati, mentre a noi di Jimuel interessano e come”.
Il sistema è quello della condivisione di dati, di risorse tecniche e sanitarie messe al servizio del prossimo al fine di garantire una adeguata assistenza sanitaria nei paesi in cui il servizio sanitario non arriva o è carente. E, per rendere l’idea, fa l’esempio dello stetoscopio elettronico che, utilizzato attraverso il web, permette di raggiungere i pazienti bisognosi di assistenza a distanze inimmaginabili.
Insiste sulla condivisione dei dati in rete quale punto di forza dell’idea; “essa coinvolge – spiega -decine di medici collegati alla piattaforma comune che, attraverso la lettura dei dati stessi, sono in grado di fornire in tempi brevissimi consulenze mediche e diagnosi tempestive. Un lavoro di equipe efficace e veloce, impraticabile nelle logiche correnti delle tradizionali cliniche.”
E’ con il contributo del sindaco di Marina di Gioiosa Jonica, Domenico Vestito – che ringrazia Jimuel oltre che per l’operato, anche per il prestigio conferito alla Locride e a Marina di Gioiosa Jonica – che assistiamo ad una lettura in chiave politica del messaggio di fondo. Vestito non disdegna di sottolineare come Jimuel sia “una realtà che mette insieme persone che hanno sostituito alla protesta, l’azione concreta”. Ed aggiunge: “veniamo da una protesta volta a rivendicare il corretto funzionamento della Sanità che ha coinvolto la Locride negli ultimi tempi ed è per questo che auspichiamo l’abbandono delle battaglie autoreferenziali per guardare oltre ed anche verso strumenti come quelli offerto dalla tele-medicina”.
Per il Vescovo della diocesi Locri – Gerace, mons. Francesco Oliva, la tele-medicina apre prospettive di speranza concrete. Curare i bambini lontani con mezzi tecnologici, come fa Jimuel, è molto importante, perché la sanità – tuona – “è un settore sociale che non può essere sacrificato sull’altare dell’economia”.
Già, ridurre i tempi di attesa, prestare assistenza, consegnare diagnosi e terapie efficaci e tempestive per arginare gli effetti infausti delle malattie più comuni è davvero importante, ma come avviene tutto ciò? A spiegarlo Francesco Asprea, otorinolaringoiatria nonché fondatore di Jimuel che, conversando con l’autrice del libro, Cristina De Rold, formula domande utili alla comprensione dello strumento dello e -health.
Alla domanda su cosa significhi “e-healt”, Cristina De Rold, spiega che non esiste una traduzione del termine in grado di fornire un significato univoco; esso può essere tradotto come tele-medicina, ma potrebbe significare tante altre cose al tempo stesso. Ed aggiunge: “è tutto ciò che corre attraverso dei fili intangibili e che riguarda la sanità, creando delle vere e proprie infrastrutture condivise e al servizio di pazienti e sanitari”. La definisce, in conclusione, come “salute partecipata”.
Strettamente connesso al termine e – health è il concetto di empowerment del paziente. Ed in questo caso, la traduzione c’è ed è efficace; si può tradurre in “arricchimento”. Il paziente è consapevole del processo che lo riguarda, nel momento in cui riceve assistenza e cure mediche da parte dei sanitari; egli è in grado di apprendere anche attraverso esperienze condivise in rete da altri pazienti. Ma il rischio di imbattersi in siti poco attendibili esiste e va arginato attraverso un’accurata formazione del paziente che accede ai diversi motori di ricerca.
L’accesso ai motori di ricerca che forniscono informazioni sanitarie da parte del 42% degli italiani impone di spiegare altresì cosa si intenda per wi-ki e quali sono i rischi concreti connessi al collegamento con siti poco sicuri.
Cristina De Rold ci spiega che non tutti i siti che gestiscono informazioni sanitarie sono attendibili e che per prevenire eventuali problemi connessi alla condivisione dei nostri dati sensibili è necessario capire da chi vengono gestiti i siti stessi, quali sono gli interessi alla base della loro divulgazione.
Si passa agli interventi del pubblico presente e a parlare per prima è la dottoressa Filomena Zappia, Responsabile del centro epidemiologico del distretto sanitario della Locride, nonché responsabile del registro tumori della Provincia di Reggio Calabria. Parla del libro, definendolo un vero e proprio vademecum per orientarsi nel complesso mondo dello e-health e si sofferma su alcuni aspetti ritenuti importanti, dalla necessità di un ruolo attivo del paziente – il quale deve essere in grado di segnalare anche eventuali difficoltà di accesso ai sistemi informatici – alla necessità di filtri nelle notizie che appaiono in rete.
Spiega: “i dati degli archivi sanitari contengono spesso degli errori dovuti all’utilizzo di codici; un’errata lettura di essi può potenzialmente offrire delle informazioni falsate, non attendibili, per cui si rende necessario anche formare i medici e i sanitari che utilizzano la piattaforma informatica”.
Suor Paola parla della sua esperienza in Jimuel; dell’esordio, fra tanti timori legati alle distanze logistiche e alle titubanze dei genitori dei bambini filippini destinatari delle cure. Ma, ci tiene a sottolineare, “niente ha fermato la determinazione dei medici che hanno dato vita al progetto, tanto che dal 2006, sono ben cinquemila i bambini curati e salvati”.
E niente ha fermato il dott. “Barba”, pseudonimo con cui i bambini, in attesa del collegamento via Skype, chiamavano Isidoro Napoli che, nel tempo, con la collaborazione crescente di professionisti del luogo vorrebbe fare arrivare Jimuel anche in Indonesia.
Importanti realtà e collaborazioni giungono anche dalla Toscana e a sottolinearlo è l’ingegnere Giovanna Macri’, responsabile Jimuel a Pisa, la quale ci informa che le maggiori difficoltà nella riuscita di progetti simili a quello sviluppato da Jimuel, sono dovuti principalmente al dialogo con le istituzioni. Una frase colpisce chi scrive, in particolare. La. Macri’ dice:” Jimuel ha scatenato nelle Filippine qualcosa che in Italia il Servizio sanitario nemmeno si immagina”.
E’ il turno del presidente dell’associazione “i presidi del libro”, Francesco Macri’ che definisce Sisi’ Napoli un medico “umanista”, di grandissima intuizione e tenacia e lancia un appello all’istituzione regionale invitandola a guardare molto da vicino esperienze come quella di Jimuel, per trarne delle applicazioni.
E sul tema delle “app” si incentra la conversazione tra Francesco Asprea e Cristina De Rold ripresa al termine degli interventi. L’autrice del libro vi ha dedicato un intero capitolo dove ha spiegato che non tutte le app sono infallibili e, molto spesso, non sono neanche veritiere, ma solo indicative.
Ed evidenzia: ” a differenza di un sito gestito da personale sanitario e, quindi valido, nella maggior parte delle app che parlano di salute, c’è sempre un servizio offerto da aziende che potrebbero utilizzare i nostri dati in maniera distorta; quando scarichiamo una app non siamo in ospedale, non siamo protetti al 100%”.
“Anche il sistema di salvataggio dati in internet, meglio definito “cloud” non è sempre sicuro – chiosa – dal momento che ci offre si la possibilità di salvare i nostri dati e metterli al sicuro, ma al tempo stesso ci rende vulnerabili ed esposti a chi è interessato a farne un uso diverso e rischioso per noi, rischio che riguarda anche le strutture sanitarie”.
Conclude la serata Francesco Asprea richiamando l’attenzione sull’importanza dell’e-health, sulla imprescindibilita’ dell’uso dell’informatica applicata alla sanità ed aggiunge che “il medico e/o il sanitario deve essere degno della figura che occupa, sia dal punto culturale sia dal punto di vista morale”.
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