di Gianluca Albanese
LOCRI – Gli affari dei fratelli Domenico, Fabio e Giuseppe Agostino sono stati al centro dell’udienza odierna del processo “Circolo Formato” a carico di presunti capi e gregari delle cosche di Gioiosa Marina e di ex amministratori comunali. I tre imputati, attualmente sottoposti a custodia cautelare in carcere, ereditarono a fine anni ’90 l’azienda del padre Elio affidando a Domenico la titolarità dell’impresa che resse bene il mercato per una decina d’anni prima dei problemi di salute che colpirono proprio Domenico Agostino, il quale abbandonò l’attività, come emerso dalle varie testimonianze rese questa mattina, tanto che venne sostituito dai fratelli che, a loro volta, formarono una nuova società, la Elimar sas. La lunga teoria di testi a discarico dei fratelli Agostino e’ stata tutta tesa a dimostrare che si trattava di imprenditori dediti al lavoro nel campo dell’edilizia e dell’escavazione con nolo di mezzi specifici, ben lontani da altri interessi, siano essi loschi o politici, anche se alcuni passaggi dell’escussione dei testimoni non hanno convinto il giudice Monteleone e il pubblico ministero Paolo Sirleo che hanno ritenuto opportuno approfondire, tra l’altro, la trattazione di un incontro che si tenne in contrada Cavalleria tra Agostino Fabio e tale Lamberti Giuseppe, parente del teste, al quale assistette anche il muratore Vincenzo Fuda, e nel quale Agostino avrebbe chiesto il voto al suo interlocutore per le Comunali 2008; una richiesta alla quale Lamberti avrebbe opposto un cortese ma fermo diniego dicendo ad Agostino “So io per chi votare”. Solo dopo un supplemento di domande da parte di giudice e Pm Fuda ha detto che Agostino Fabio aveva chiesto il voto per la lista di Rocco Femia, poi divenuto sindaco. Ma è sulla partecipazione della ditta riconducibile ai fratelli Agostino nei lavori riguardanti la nuova strada statale 106 che si è incentrata la parte principale dell’escussione dei testimoni, specie dell’architetto Graziano De Masi, all’epoca dei fatti alle dipendenze della ditta condotta da Agostino Domenico. Il professionista gioiosano ha detto di non ricordare di avere mai assistito a conversazioni riguardanti forniture di cemento o materiali da costruzione per i cantieri della nuova strada statale 106, men che meno di dialoghi con la ditta Gargiulo che curo’, tra le altre, opere di metanizzazione. Il teste De Masi ha riferito di occupare, quando era dipendente di Agostino, una stanza non vicina a quella dei titolari e di non essere mai entrato nel merito delle scelte economiche dell’azienda ma di aver fornito solo consulenze tecniche. Il pubblico ministero, però, ha ricordato i contenuti di una intercettazione ambientale in cui lo stesso De Masi disse frasi come “I lavori sulla nuova 106 sono stati assegnati a famiglie più importanti degli Agostino” oppure “Questa gara si poteva prendere anche col 25%”. De Masi ha detto di non ricordare di aver mai pronunciato frasi del genere e che “La ditta per cui prestavo la mia opera professionale non faceva lavori in subappalto nel pubblico. Non ricordo – ha concluso – di accostamenti tra la famiglia Agostino e quelle Aquino e Mazzaferro”. L’udienza e’ stata aggiornata al prossimo 28 marzo.