REGGIO CALABRIA – Il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha chiesto la condanna a sei anni di reclusione per il boss Giuseppe Morabito, detto il “Tiradritto”, nell’ambito di uno stralcio del maxiprocesso “Bellu Lavuru2”.
Il rappresentante dell’accusa ha invocato la condanna a dodici anni di reclusione ciascuno per gli altri due imputati nello stralcio, che si celebra con rito abbreviato, Giuseppe Fortugno e Geremia Maviglia. Il processo è la prosecuzione della prima indagine, di qualche anno fa, che aveva incastrato buona parte della manovalanza mafiosa. La seconda indagine, invece, ha alzato il livello investigativo, andando a colpire la parte imprenditoriale e gestionale. Nel processo si sono costituite parti civili la Provincia di Reggio Calabria, i comuni di Bova Marina, Palizzi Marina e Africo. A questi Enti si è aggiunta anche la Regione Calabria, che alla prima udienza aveva marcato visita. Infine, pare civile sono anche Condotte SpA e Anas, le due aziende impegnate nei lavori di ammodernamento. Il primo troncone del processo “Bellu lavuru” nacque da un’inchiesta svolta dai Carabinieri, che andò a bloccare le ingerenze delle cosche della ionica sulla SS 106. Il blitz dei militari dell’Arma scattò nel giugno 2008, allorquando venne data esecuzione a un provvedimento di fermo firmato dal procuratore capo Giuseppe Pignatone e dai sostituti Salvatore Boemi, Franco Mollace, Domenico Galletta e Giuseppe Lombardo, unico dei quattro a essere ancora in forza alla Dda di Reggio Calabria. Nel focus degli investigatori finirono i cantieri della zona di Palizzi, con riferimento agli anni 2006-2008: secondo le indagini le cosche Morabito, Palamara, Bruzzaniti, unitamente ai Talia, Maisano e ai Vadalà, avrebbero messo le mani sulle attività lavorativa nei cantieri, occupandosi del movimento terra, del trasporto e dalla fornitura di inerti, nonché della scelta delle maestranze da impiegare. Un sistema, dunque, che sarebbe stato messo in atto in combutta tra i territori di Africo e Bova. Il nome dell’operazione prende spunto da un’intercettazione ambientale effettuata presso il carcere di Parma tra il “Tiradritto” Giuseppe Morabito, boss di Africo catturato dal Ros dei Carabinieri il 18 febbraio 2004, e il genero Giuseppe Pansera: “bellu lavuru”, questa l’affermazione che avrebbero fatto con i loro parenti, con riferimento ai lavori che avrebbero interessato la SS 106. Il secondo filone d’indagine ha alzato il tiro sui manager e i funzionari che, secondo il pm Lombardo, sarebbero stati al servizio delle cosche. Il grosso degli imputati ha comunque optato per il rito ordinario, venendo “spedito” a Locri. Nel corso dell’udienza, peraltro, Giuseppe Morabito, il “Tiradritto”, ha effettuato delle dichiarazioni spontanee dichiarazioni in cui si è professato innocente. Dopo la requisitoria del pm Lombardo sono intervenuti i primi avvocati difensori. Il procedimento è stato aggiornato al 26 marzo prossimo, allorquando dopo le altre arringhe difensive (tra cui quella dell’avvocato Maurizio Punturieri, difensore di Morabito) dovrebbe arrivare la sentenza.