di Maria Antonella Gozzi (Fotogallery e Video Enzo Lacopo)
LOCRI – “Le unioni civili e il ruolo dell’avvocato nei contratti di convivenza”, questo il tema di cui si è discusso ieri nella sala consiliare del Comune di Locri nel corso del convegno organizzato dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati, sezione di Locri. L’evento, patrocinato dalla sezione Aiga di Reggio Calabria e di Palmi, dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Reggio Calabria e dall’Associazione Nazionale Forense Ata Reggio Calabria, ha registrato una numerosa partecipazione da parte dei giovani avvocati del Foro di Locri, riunitisi per apprendere le ultime novità legislative introdotte dal Ddl “Cirinnà”, approdato alla Commissione Giustizia della Camera, dopo l’approvazione al Senato.
I lavori sono stati introdotti dai saluti istituzionali del sindaco del Comune di Locri Giovanni Calabrese che, nel ringraziare l’Aiga per aver offerto alla città un interessante momento di confronto su un tema attualissimo, non ha trascurato di sottolineare come il provvedimento sulle unioni civili non sia stato privo di scontri tra le diverse parti politiche governative fino a etichettarlo – sue testuali parole – «frutto di un vero e proprio compromesso».
Per il presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Locri, Giovanna Mollica, la legge sulle unioni civili è di portata epocale. «Così come lo sono state – dichiara – anche la legge sul divorzio e quella sull’aborto». «Si tratta di leggi che in passato hanno profondamento diviso in due il Paese e alle quali oggi non possiamo non riconoscere un elevato grado di civiltà; la stessa – aggiunge – che va riconosciuta alla legge sulle unioni civili».
Aurelia Zicaro, vicepresidente Aiga si sofferma sull’azione portata avanti dalla fondazione “Tommaso Bucciarelli” e – spiega – «grazie all’impegno e alla lungimiranza della fondazione, è passato l’emendamento che consente anche agli avvocati di stipulare i contratti di convivenza». E, a proposito delle diverse ideologie e dei credi religiosi che fomentano pregiudizi in merito alla necessità di regolamentare e tutelare le unioni di fatto – chiarisce – «I Parlamentari devono tener conto che quello in cui viviamo e operiamo è uno Stato laico e guai se ci facessimo condizionare dalle nostre convinzioni religiose; significherebbe, per l’intera categoria degli avvocati – aggiunge – negare tutela ai diritti dei nostri assistiti».
Dello stesso avviso anche Giovanna Suriano, coordinatore area “Sud” dell’Aiga che sprona le sezioni meridionali dell’associazione a continuare nel cammino virtuoso che le contraddistingue, definendole delle vere e proprie “fucine di idee”.
In rappresentanza dell’Ordine degli avvocati di Reggio Calabria, il rappresentante del Consiglio, Giuliana Barbieri parla di “diritti alla meta” e di “conquista di civiltà”.
Dal tavolo dei relatori, a prendere per primo la parola è Alfonso Polto, avvocato del foro di Messina nonché vicepresidente della Fondazione Aiga “T. Bucciarelli” che introduce il tema de “La tutela dei diritti fondamentali e ruolo dell’Avvocatura in Italia e in Europa”.
Punta sul concetto di modernizzazione dell’attività dell’avvocatura, in tendenza con le evoluzioni sociali. «L’obiettivo – spiega – può essere raggiunto solo con un’adeguata e mirata formazione degli avvocati; per questo motivo abbiamo creato dei dipartimenti, divisi non solo per area tematica, ma anche e soprattutto per valori».
Per raggiungere l’obiettivo, Polto ritiene necessario tenere ben presente il rapporto esistente tra ordinamento giuridico interno e Cedu (Commissione Europea dei diritti dell’Uomo). Il tema, che ha generato un acceso dibattito in dottrina e in giurisprudenza, almeno fino all’intervento della giurisprudenza costituzionale nel 2007, successivamente rimessa in discussione in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, è di un’importanza estrema poiché il rango della Convenzione europea nell’ordinamento italiano deriva proprio dalla notevole portata evolutiva della Cedu con riferimento ad ogni settore del diritto interno.
Tralasciando agli operatori del diritto ogni dissertazione tecnico-giuridica relativa alle pronunce della Corte Costituzionale in merito ai rapporti tra il diritto interno e il citato organismo sovranazionale, è dovere di cronaca concentrare l’attenzione sui problemi che derivano dalla mancata armonizzazione delle pronunce giurisprudenziali ai dettami Cedu che – spiega Polto – «sono la causa della cassazione automatica di molti ricorsi incardinati per il riconoscimento di fondamentali diritti umani».
La soluzione, per il vicepresidente dell’Aiga, è quella di stipulare dei protocolli d’intesa tra l’Avvocatura e la Cedu, così come ha già fatto la magistratura, per arrivare alla omogeneizzazione delle pronunce.
Il suo intervento si chiude con il ricordo di Angelo Falzea, giurista italiano e professore emerito dell’Università degli Studi di Messina. «Uno dei primi – dichiara Polto – a battersi per il riconoscimento dei diritti civili negli anni ’80».
Il tema specifico de “Le unioni civili, i contratti di convivenza e il ruolo dell’avvocato” è stato affrontato da Ivana Pipponzi, avvocato del Foro di Potenza e coordinatore del dipartimento “Persone e tutela dei diritti umani – Fondazione T. Bucciarelli Aiga”.
Per la Pipponzi il dibattito politico e ideologico ha oscurato un aspetto importante della normativa sulle unioni civili, quello dei contratti di convivenza.
Si definiscono tali gli accordi con cui la coppia definisce le regole della propria convivenza, attraverso la regolamentazione dei rapporti patrimoniali della stessa ed alcuni limitati aspetti dei rapporti personali (ad es. la designazione dell’amministratore di sostegno). L’accordo può essere usato anche per disciplinare le conseguenze patrimoniali della cessazione della convivenza.
Possono essere stipulati da tutte le persone che, legate da vincolo affettivo, decidono di vivere insieme stabilmente (c.d. convivenza more uxorio). Più precisamente, ci si riferisce all’unione di vita stabile tra due persone legate da affetto che decidono di vivere insieme al di fuori del legame matrimoniale o perché è loro preclusa la possibilità di sposarsi (ad esempio, due conviventi dello stesso sesso) o perché è loro precisa volontà quella di non soggiacere al vincolo matrimoniale.
L’art. 19 del Ddl, nella sua prima stesura, prevedeva che tali contratti potessero essere stipulati solo per atto pubblico davanti al notaio. «Una norma dal contenuto incomprensibile – spiega la Pipponzi – che ha determinato una dura e netta posizione del Consiglio nazionale dell’Aiga, conclusosi con la formulazione e la proposta di un emendamento finalizzato a riformare l’art. 19 nella parte in cui richiedeva, quale forma privilegiata per la stipula dei contratti di convivenza, la sola forma dell’atto pubblico unitamente all’inserimento, nell’impianto normativo, della facoltà del privato di scegliere l’avvocato per la stipula dei medesimi contratti».
Morena Rapolla, avvocato del Foro di Potenza e componente del dipartimento “Persone e tutela dei diritti umani”, effettua una ricognizione sugli articoli che compongono la prima parte del Ddl “Cirinnà”, esponendoli per macroaree. La Rapolla spiega come nel maxiemendamento approvato al Senato viene introdotto l’articolo 1, composto di ben 69 commi e come, tanto nel testo originario licenziato tanto nella sua successiva stesura, il Legislatore ha mantenuto distinte la famiglia fondata sul matrimonio, e che trova il suo addentellato costituzionale nell’art. 29, e la famiglia fondata sulle unioni civili legittimata dall’art. 2 della Costituzione.
Nel corso dell’excursus normativo, la Rapolla ricorda che la prima a essere investita formalmente della questione circa possibilità di contrarre matrimonio fra persone dello stesso sesso sia stata la Corte Costituzionale nel 2010 e come la stessa, non potendo riconoscere il diritto a contrarre matrimonio “egualitario”, pena la necessità di ricorrere alla procedura rafforzata tipica delle riforme costituzionali, ha in ogni caso sancito per le coppie omosessuali il diritto di ottenere una regolamentazione delle proprie istanze affettive. «Da qui – spiega – il passaggio di testimone al Legislatore che, finalmente, se ne occupa oggi compiendo un decisivo passo in avanti».
Dopo aver tratteggiato le principali differenze tra le unioni civili e l’istituto del matrimonio, dichiara che una fetta importante delle istanze di omogenitorialità sono rimaste disattese per via dello stralcio della “stepchild adoption” e chiosa: «i Giudici non possono essere le stampelle del Legislatore; parliamo di diritti umani fondamentali».
Quando la parola passa a Paolo Falzea, Ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università degli Studi di Catanzaro e figlio del compianto Angelo, il clima è quello della collettiva esigenza di trovare spiegazioni plausibili all’inconcepibile ritardo con il quale il Legislatore ha provveduto a disciplinare le unioni di fatto.
L’approccio al tema, per Falzea, non può non essere di profilo costituzionale. Inizia tuttavia ricordando come siano ben 17 gli Stati dell’Unione Europea che già disciplinano le convivenze di fatto e come il compromesso raggiunto è stato imposto con la fiducia, non certo dopo lo scambio tipico della dialettica politica. E dichiara: «se il compromesso, come in questo caso, è una strada laica, ben venga; lo è stato anche quello raggiunto all’interno dell’Assemblea Costituente, dove le correnti erano molto diverse e gli interessi del Paese molto alti».
Anche per Falzea affidare alla giurisprudenza il compito di rispondere alle istanze dei cittadini, in luogo di una puntuale disciplina legislativa, può creare delle forti diseguaglianze. «E, afferma, l’aspirazione, fin quando non viene riconosciuta e tutelata, non è ancora un diritto».
Non manca il richiamo alla “stepchild adoption”: «anche in questo caso non è consentito al Legislatore non legiferare; così facendo si lasciano al Giudice degli spazi enormi di discrezionalità, con l’elevatissimo rischio di creare forti diseguaglianze fra i portatori delle singole istanze»
Tra gli interventi programmati quello di Antonia Fabiola Chirico e Ferdinando Parisi, avvocati del Foro di Locri e componenti del dipartimento “Diritti umani” dell’Aiga, i quali, ripercorrendo i più importanti passaggi del Ddl “Cirinnà”, hanno rivolto delle domande ai relatori presenti. E mentre la Chirico, alla luce della richiesta conformità all’ordine pubblico dei contratti di convivenza, ha espresso la necessità di puntare su una adeguata formazione dell’operatore del diritto, al fine di evitare di incorrere in gravi responsabilità, Parisi ha dichiarato: «La tutela dei diritti fondamentali esisteva già; quello che era necessario fare era tipizzare il diritto vivente per dare la possibilità ai portatori delle relative istanze, di vedere riconosciuti i loro diritti prima di passare dal Giudice».
Sulla “stepchild adoption”, su cui si è soffermato l’avvocato locrese asserendo che la sua approvazione avrebbe aperto le porte all’utero in affitto, si è poi avviato un intenso dibattito volto a spiegare come lo stralcio della normativa in questione, determini un grave danno ai minori non completamente tutelati.
Sono giunti, infine, i saluti di Serena Callipari, consigliere nazionale dell’Aiga, sezione di Locri che ha invitato l’Avvocatura ad avere un approccio più inclusivo che dia dignità a realtà diverse e ormai radicate nel tessuto sociale, mettendo da parte i tabù e lavorando per la tutela dei propri assistiti.
Di seguito Fotogallery e Video di Enzo Lacopo con alcuni momenti del Convegno.