di Gianluca Albanese
SIDERNO – Ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, ognuno in fondo perso per i fatti suoi. Non sarà una “vita spericolata” come quella di Vasco Rossi, quella dei nostri sindaci, ma la loro mancanza di spirito, strategia e azione unitaria, appare oggi in tutta evidenza.
Oggi come non mai, infatti, i primi cittadini agiscono in ordine sparso dando vita a estemporanee iniziative congiunte, in cui, dietro una motivazione apparente ed espressa, ci potrebbero essere taciti accordi in vista di un obiettivo – quello sì, comune – di esprimere candidature condivise alle elezioni che verranno per il primo consiglio della Città Metropolitana. O magari c’è dell’altro.
Almeno, questa è la nostra modesta impressione, da osservatori abituati a una politica che non gioca mai a carte scoperte, e consci del fatto che dietro al significato apparente di alcune mosse si cela, sovente, uno recondito.
Altrimenti non si spiegherebbero alcune convergenze, assi e associazioni temporanee di amministratori; così come non si spiegherebbe il flop di iniziative prima concordate e poi disattese.
Vediamo alcuni esempi.
LA MANCATA “MARCIA SU ROMA”
Se è vero che solo gli idioti non cambiano idea, lascia comunque sorpresi il dietrofront dell’assemblea di AssoComuni che nello spazio di venti giorni prima opta per una “Tre giorni” di manifestazioni davanti a palazzo Chigi per richiamare l’attenzione del Governo nazionale su emergenze come sanità e lavoro e poi si riconvoca senza i presidenti di assemblea e comitato esecutivo e prende atto che non è ancora il momento di manifestare nella Capitale.
Secondo i maligni, dietro le perplessità espresse da alcuni primi cittadini nell’ultima assemblea, ci sarebbe la “longa manus” dei maggiorenti del Partito Democratico, che avrebbero indotto a più miti consigli i sindaci iscritti al partito di Renzi. Ma è solo un’ipotesi. Di sicuro, il flop della “marcia su Roma” peserà – e parecchio – sulla credibilità dell’assemblea dei sindaci di AssoComuni.
IL “PATTO DELLA NACATULA”
I sindaci di Siderno, Pietro Fuda, e di Locri, Giovanni Calabrese, ormai viaggiano a braccetto. E lo fanno dallo scorso 23 dicembre, quando insieme convocarono d’urgenza una conferenza stampa per preannunciare una nuova grande manifestazione sulla sanità locridea, che poi non si realizzò mai.
Da allora, le iniziative (o meglio, le condotte) comuni sono la norma, tanto che immaginiamo che i due abbiano dato vita alla versione locale del celeberrimo “patto della crostata”, siglato a casa di Gianni Letta da Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema, bollato dalla stampa dell’epoca come un inciucio per riscrivere insieme alcune leggi fondamentali.
Una sorta di “Patto della nacatula”, dunque, quello tra Fuda e Calabrese, che organizzano incontri per leggere insieme la bozza di atto aziendale dell’Asp, convocano riunioni dell’assemblea dei sindaci come se fossero loro i presidenti, e ragionano sulla stessa lunghezza d’onda, forti del fatto che rappresentano i comuni già popolosi del comprensorio.
E gli altri? Sono disposti ad accettare supinamente il dominio dei due “big”. Soprattuto quelli dell’Unione dei Comuni della Valle del Torbido, tra i pochi a parlare la stessa lingua e ad aver fatto un passo decisivo mettendo insieme sei municipalità e che ora – forse – appaiono un po’ in stand by viste le imminenti elezioni a Mammola e la trasferta australiana di Giorgio Imperitura?
IL DOCUMENTO DEI 15
L’ultima iniziativa estemporanea – almeno all’apparenza – è quella di cui abbiamo dato notizia ieri sera, ovvero il documento in cui 15 sindaci della provincia reggina criticano Giuseppe Falcomatà per non averli invitati alla firma del Patto per il Sud con Matteo Renzi.
Cosa unisce, al di là del rincrescimento per lo sgarbo istituzionale, sindaci geograficamente lontani tra loro e delle più disparata estrazione politica, come i primi cittadini di Agnana, Canolo, Ferruzzano, Palizzi, Bianco, Sinopoli, Samo, Bruzzano Zeffirio, Bova Marina, Stilo, Laganadi, Roccella, Melito, Santo Stefano e Careri?
Lo scopriremo solo vivendo.
Certamente, un documento in cui si stigmatizza la condotta del sindaco di Reggio Calabria sottoscritto solo dal 15% dei rappresentanti dei Comuni dell’attuale provincia pone il gruppo dei firmatari in una condizione minoritaria e non in grado di incidere a fondo da punto di vista diplomatico.
A meno che non ci siano altri tipi di intese sotterranee, ovviamente.