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PALMI – Esattamente nel giorno della ricorrenza del Santissimo Crocifisso che a Palmi si festeggia oggi 3 maggio, compie 93 anni il giornalista Giuseppe Parrello. L’ottavo compleanno senza la sua adorata Rosetta volata in cielo per far compagnia agli angioletti.
Nato a Palmi il 3 maggio del 1923, professore di scuola elementare, giornalista e scrittore, Peppino Parrello svolge ancora e da oltre 65 anni l’attività di cronista per la Rai, l’Agenzia Ansa, “Il Quotidiano del Sud”. Due vite: al mattino insegnante elementare e nel pomeriggio reporter, di quelli che indossano scarpe da trekking, che conoscono la strada e gli umori della gente e le parole dure della mafia e il fuoco omicida. Non si scoraggiava davanti a nulla. Parrello è stato un ponte tra la Calabria e altre città d’Italia. Scriveva per il Corriere della Sera, il Giorno, il Tempo, il Messaggero, il Mattino, quando la Calabria diventava incomprensibile al mondo, quando spariva un imprenditore nel nulla ed era inutile cercarlo anche se si battevano le montagne palmo a palmo. La Calabria in quel tempo era solo dei calabresi, quelli che mostravano al mondo di conoscerla bene, erano gli anni dei sequestri di persona che duravano mesi, anni. Era una Calabria impenetrabile quella che raccontava Peppino Parrello. E Parrello riusciva a raccontarla. Un grido dal sud erano le sue parole scritte con un Olivetti lettera 32. Battute una per una, in fretta e furia, quando si stampava ancora con il piombo e c’era il £fuori sacco”, articoli sigillati in busta, destinati alle redazioni dei giornali che lottavano contro il tempo per avere notizie recenti sempre più velocemente. A quei tempi l’editoria venne ammessa al servizio gratuitamente pagando la sola affrancatura ordinaria. Una conquista. Era il 1940 e Peppino Parrello già scriveva. Lui, esile, sette figli e una moglie dolcissima che l’assecondava nella sua passione, da Palmi inviava le notizie e raccontava la Calabria attraverso l’agenzia Ansa e la Reuter di Londra, la Rai.
E’ stato il solo giornalista calabrese ad aver subito i rigori del carcere per avere, secondo l’accusa, rivelato, tramite l’Ansa, notizie coperte dal segreto istruttorio nella nota vicenda che riguardava magistratura, mafia e pentiti. Il dott. Giuseppe Messineo, Procuratore della Repubblica di Palmi, in attività negli anni ‘80, proprio negli anni di lotte cruenti tra clan della Piana di Gioia Tauro, disse di Parrello: “Ha dimostrato quanta efficacia educatrice abbia la funzione del cronista e quanto sia difficile l’esplicazione di tale attività specie in una terra come la Calabria dove il sospetto e la reticenza rendono difficoltosa non solo l’indagine giudiziaria, ma anche quella immediata della stampa. Peppino Parrello è un giornalista coraggioso e di trincea, sempre in avanscoperta e pieno di lealtà e correttezza intese esclusivamente al servizio della verità”. Giorgio Bocca invece, nel suo libro “Il Provinciale”, diceva: “Ci sono gli Avvocati di Mafia e ci sono i giornalisti di Mafia. Ne ho conosciuto uno a Palmi, in provincia di Reggio Calabria, di nome Giuseppe Parrello, che ha rischiato per la sua attività. Nell’archivio di Parrello -continuava Bocca- ci sono cartelle blu e gialle; quelle blu sono per le famiglie mafiose, le gialle per le faide. Conosce tutti i nomi delle grandi famiglie mafiose”. Pantaleone Sergi, giornalista di Repubblica, nel libro “La Santa violenta”, definisce Parrello il cronista più “romantico” della ‘ndrangheta che descrive gli episodi di cui gli uomini delle cosche si rendono protagonisti delle loro gesta. “Parrello -dice Pantaleone Sergi- è sicuramente uno dei più appassionati cultori dell’argomento mafia calabrese e le sue cronache gli hanno fatto guadagnare una sorta di “rispetto” anche da parte dei protagonisti mafiosi”. Nel 1986, Peppino Parrello, pubblica “Le Faide in Calabria…dove il perdono dei forti è la vendetta”, raccolta di cronaca in due volumi documentario. Per dieci anni redattore del “Corriere della Sera” chiamato da Carlo Borelli per interessarsi della cronaca nera calabrese. Negli anni ottanta è stato Direttore di “Tele Calabria-Canale 5” con sede a Gioia Tauro la cui attività cessò per la barbara uccisione del responsabile dell’emittente. E’ stato Redattore della “Tribuna del Mezzogiorno” e de “Giornale di Calabria”. Ha diretto la storica emittente Radio Antenna Sud. Nel 1992 ha scritto il libro dal titolo “Mafia e Banditismo in Calabria”. Libro che vuole ricordare il lato umano e sociale delle donne calabresi che, in qualsiasi occasione, hanno sempre avuto il coraggio di affrontare le terribili disgrazie e piangere pacatamente sui propri morti e sui propri carcerati. E’ stato uno dei vincitori del Premio “Aspromonte” con l’originale racconto “Murena”. Ha diretto il mensile socialista “La Fiaccola” ed ha curato la pubblicazione della rivista di moda calabrese “Atelier”. Tra gli attestati ricevuti, quello dell’Accademia Tiberina di Roma, del Comitato Internazionale per l’Unità e l’Universalità della Cultura e del “Free Wold International Academy”. Giuseppe Parrello con i suoi 92 anni è il decano dei giornalisti calabresi, tra i primissimi d’Italia ancora attivo, curioso, autorevole. Chiacchierare con Peppino è sempre un piacere. Incontrarlo la mattina in piazza Primo Maggio dove si reca per prendere il caffè ma soprattutto per “fare provvista” di quotidiani di ogni testata. Ci racconta delle sue avventure quando andava a trovare i latitanti sull’Aspromonte per intervistarli o di quando, in occasione di omicidi di mafia, riusciva a battere nel tempo gli altri cronisti per avere in esclusiva le foto delle vittime. Allora non esistevano i fax o la moderna informatica e Peppino Parrello era costretto a dettare le notizie telefonicamente oppure andare personalmente a Messina per portare il servizio e le foto. Articoli originali come quello del pescespada suicida per amore avvenuto alla Tonnara di Palmi e che Domenico Modugno l’ha resa celebre. Oppure, l’altra toccante che riguarda un cane rimasto fuori dal carcere per diversi giorni rifiutando il mangiare per l’arresto del suo padrone, un certo Peppino Santoro imprenditore palmese, tradotto a piedi e rinchiuso nel vecchio carcere posto al centro di Palmi. L’intervento del giornalista Peppino Parrello che divulgò la notizia sui maggiori quotidiani mondiali, permise al cane, con un permesso speciale, di poter far visita al suo padrone carcerato.
Peppino Parrello vive a Palmi nella sua casa-tempio, dove ci sono ritagli di giornali e migliaia di articolo e lettere di encomi, libri e poesie.
“Professore Peppino Parrello, Lei -si legge in una nota- che rappresenta la memoria storica del giornalismo calabrese, continui ad essere l’orgoglio di Palmi, della Calabria”.