di Marco Martino*
Come ogni anno, giunge l’indelebile ricordo di questa atroce ricorrenza per noi cattolici in politica, e per tutti gli italiani.
Quel 9 maggio, da racconti ed immagini, resta un vuoto incolmabile per il nostro Paese. Lo statista Aldo Moro, dopo 55 giorni di prigionia, ra lì, steso nel bagagliaio, in via Caetani a Roma.
Lo Stato, la libertà e la democrazia ne uscivano sconfitti. Proprio Aldo Moro, che era il presidente del Partito più grande d’Italia, statista, cattolico, dove proprio in politica, in maniera ferrea e convinta incarnava il pensiero della dottrina sociale della chiesa.
Quei valori, ideali, strategie politiche, visione di benessere per il Paese, hanno provocato la fine della sua stessa vita. I suoi scritti, le idee politiche, non sono rimaste chiuse in quel maledetto bagagliaio della Renault 4, ma nelle menti e nel cuore di ognuno di noi.
Da uomo di partito, era promotore delle attività della corrente ideologica che lo legava ad altre figure storiche come Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti, ma anche battendosi senza ostacoli, per la centralità democristiana, che nell’ottica di Aldo Moro era “condannata a governare per il bene del nostro Paese e della democrazia”.
Da grande statista, gli era riuscito finanche il compromesso storico, impensabile per molti, viste le tensioni fra Usa e Urss, ma in lui e nella sua strategia prevalse la forza del dialogo, del confronto aperto, della mediazione costruttiva che prevaleva i confini ideologici, ben radicati a quel tempo, dei partiti politici italiani. L’uccisione di Aldo Moro, tentava di cancellare più che una vita umana, una storia, una morale cattolica, un’etica politica, un’identità, e se ancora oggi, molti o pochi che siano, sono ancora iscritti a movimenti politici di tradizione cattolica, lo dobbiamo principalmente al grande esempio del presidente Aldo Moro.
Coordinatore nazionale GIOVANI UDC*