DAL CONSIGLIERE REGIONALE PIETRO CRINO’ RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA SEGUENTE NOTA STAMPA:
Non c’è dubbio che la riforma dell’Afor rappresenti un successo di questa legislatura, un passo decisivo per la trasformazione ed il miglioramento di un organismo demotivato e privo di reali prospettive.
Come hanno sottolineato anche i Sindacati a Catanzaro, l’obiettivo è stato quello di “superare due problemi di fondo: la copertura finanziaria e la definizione di un ente strumentale non economico”. Adesso bisogna “sorvegliare il futuro”, essere attenti osservatori con una moderna capacità di pianificazione. Per troppo tempo, difatti, una delle critiche mosse dagli operai forestali (a loro volta accusati di riscontri produttivi minimi) è stata quella dell’assenza o della mancata trasmissione di progetti che costringe, chi è sul posto di lavoro, ad una sorta di autoregolazione spontanea. Non bisogna, difatti, dimenticare che per molte zone interne l’Afor è stato il solo motivo che ha tenuto in loco le poche abilità artigianali rimaste. Il muratore, il fabbro, il carpentiere, il contadino e quant’altro si sono trasformati in operai forestali (spesso precari) mettendo a frutto i loro mestieri d’origine. Muri a secco di contenimento, magazzini per le attrezzature, legname vario per recintare in modo appropriato le zone demaniali, realizzazione e cura di numerose strade interpoderali, pulitura e sorveglianza dei boschi. Si potrà osservare, di converso, che c’è stato un diradarsi delle attività artigianali, ma questo è un altro discorso. Guardiamo alla realtà attuale, alla importante novità della riforma e alla ammissione che con il tempo l’Afor era giunta ad una sorta di stagnazione. Gli operai non hanno più avuto nei posti di lavoro indicazioni precise, in assenza di una politica di sviluppo che indicasse un futuro da raggiungere, compreso quello delle produzioni, per cosi dire, “industriali”. Da qui tanta rabbia e frustrazione, con conseguente disorientamento e progressivo disinteresse. Cosicché, nell’immaginario collettivo , “sollecitato” anche dai media, si è fatta strada la convinzione dell’operaio forestale inattivo e pigro. Ma la verità sta sempre nel mezzo, poiché la maggior parte dei lavoratori ha continuato a svolgere il proprio compito anche in presenza di colleghi inoperosi. Una situazione, questa, considerata troppo spesso “fisiologica” ma che adesso è affrontabile non in termini moraleggianti ma in termini di prospettiva. La forestazione (la difesa del territorio, il rimboschimento, la produttività) può, difatti, trasformarsi in occasione di sviluppo per molte zone. E con una gestione seria e mirata, che consideri effettivamente le ricchezze naturali della regione come una grande “risorsa”, può nascere anche tra gli operai la consapevolezza che ogni cosa fatta è buona e utile soprattutto per le generazioni future.
Dott. Pietro Crinò