di Antonella Scabellone
LOCRI- Accusa e difesa si sono date battaglia questa mattina davanti al Tribunale penale di Locri (Presidente Alfredo Sicuro) dove si sta celebrando il Processo “Crimine”, che vede alla sbarra numerosi presunti boss e gregari delle principali famiglie di ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria. A salire in cattedra, questa volta, sono stati i legali dei tecnici della società consortile incaricata di portare a termine i lavori di rifacimento della statale 106, nel tratto interessato dalla variante di Marina di Gioiosa Jonica.
Per i tecnici imputati l’accusa è di truffa e frode, in concorso con altre persone, nell’ esecuzione del contratto di appalto concluso tra l’ Anas e la Gioiosa Scarl società consortile. In particolare il contestato reato riguarderebbe la realizzazione ed installazione dei pali di sostegno della variante, i c.d. pali in trelicon (pali trivellati ad elica continua) che, secondo l’accusa, sarebbero stati costruiti non a regola d’arte e con l’impiego di materiale diverso da quello pattuito. Tali circostanze sono state evidenziate dal teste del Pm, l’ingegnere Antonella Pirrotta, incaricata dall’Anas di dirigere i lavori del cantiere di Marina Gioiosa dal 2009-2012. La teste ha riferito di aver compiuto delle verifiche finalizzate a periziare la modalità di esecuzione dei pali in trelicon, la composizione degli stessi, il materiale utilizzato, in particolare la conformità del calcestruzzo rispetto al progetto iniziale, il valore di resistenza dei pilastri etc. Una relazione, quella dell’Ingegnere Pirrotta, di cui il Pm De Bernardo ha chiesto l’acquisizione al fascicolo del procedimento e che va ad unirsi a quella d’ufficio già in atti. “I valori ottenuti dalle verifiche sono risultati diversi da campione a campione-ha detto la Pirrota; il calcestruzzo prelevato non corrispondeva, nè a quello del capitolato d’appalto, nè a quello della offerta tecnica dell’impresa previsto per i pali tipo trelicon; questi ultimi non erano eseguiti secondo il progetto, nella parte superiore avrebbero dovuto avere una forza di resistenza maggiore che non avevano. Inoltre-ha aggiunto la teste- nell’impasto del calcestruzzo figurava la mica, un minerale non consentito dal contratto d’appalto e inerti come l’ argilla, tipici di un palo eseguito in più riprese ma non di quelli in trelicon”. In sostanza la Pirrotta ha riferito che i pali realizzati, che l’Anas avrebbe pagato come pali in trelicon (che hanno le stesse funzioni di quelli normali ma sono molto più costosi di questi e si costruiscono più velocemente) in realtà erano dei pali normali costruiti con tecnica mista.
Pronto e serrato il controesame dei legali degli imputati Michele Capasso, Giuseppe Capasso e Nicola Perrotta, i tre tecnici accusati di truffa, condotto dagli Avvocati Umberto Pappadia e Domenico Cesaro del foro di Napoli. Per l’imputato Cillo è intervenuto l’Avv. Origlia. La difesa dei tecnici, a smentire ogni presunta truffa, ha ammesso che l’impresa appaltatrice aveva offerto all’Anas la realizzazione di pali “tipo trelicon”, una via di mezzo tra quelli normali e quelli in trelicon, ma di non aver la stessa preteso altro pagamento se non di ciò che era stato realizzato. La prova di questo starebbe nel fatto che negli atti contabili della società consortile non risulterebbe la richiesta di pagamento all’Anas per l’operazione di pompaggio, tipica invece della lavorazione dei pali in trelicon. Incalzata dalle domande dei legali, la teste Pirrotta è stata messa più volte in difficoltà e su alcune circostanze non ha saputo rispondere. In conclusione gli avvocati hanno evidenziato che anche il tecnico dell’Anas, nella sua relazione, avrebbe ammesso che i pali tipo trelicon realizzati dalla consortile Gioiosa erano comunque collaudabili. A supportare le tesi difensive degli avvocati Pappadia e Cesano il professore Luigi Coppola, docente di ingegneria all’Università di Bergamo, che nel controdedurre alla perizia d’ufficio relativa ai materiali utilizzati nel cantiere della 106 ha contestato, in qualità di tecnico di parte, alcuni criteri di rilevamento utilizzati dai consulenti del giudice precisando che “il capitolato Anas secondo il quale gli aggregati per calcestruzzo non devono contenere “mica” è arretrato e in contrasto con la normativa europea”.
L’udienza si è conclusa con la deposizione di Aleandro Vicali del reparto speciale dei Carbinieri di Reggio Calabria che, cambiando completamente argomento, ha ricostruito i rapporti tra le famiglie dei Pelle/Gambazza di San Luca e la famiglia Latella di Reggio Calabria, ampliando poi sui rapporti tra la locale n’dranghea e la criminalità milanese.
Per ultime le dichiarazioni spontanee dell’imputato Francesco Gangemi che si è detto estraneo ad ogni accusa e ha sottolineato di non aver mai avuto rapporti di alcun tipo con Mico Oppedisano, il presunto boss di Rosarno ritenuto capo crimine della ‘ndrangheta